Hard Times: in Inghilterra e in Italia
tempi difficili per la Scuola.

Piero Morpurgo, www.gildavi.it 2.3.2011

In Inghilterra il New Education Bill[1] sta sollevando accese polemiche. La proposta di un nuovo assetto legislativo della scuola inglese accentua la privatizzazione, smantella gli organismi di controllo e di partecipazione dei docenti, assegna poteri esorbitanti al Segretario di Stato e agli enti locali. Il tutto è mascherato da documenti che, partendo da premesse giuste, giungono a conclusioni preoccupanti.

L’introduzione alla ‘riforma’[2] si schiera contro un sistema educativo che discrimina “i disabili, le etnie, le classi sociali, i sessi”; pertanto “ogni bambino merita una buona istruzione e ogni bambino dovrebbe raggiungere alti livelli”. Si deplora che tutto ciò non accada in quanto “la mancanza di mezzi segna il destino e la povertà condiziona ancora il successo del fanciullo sia nella scuola sia nel mondo del lavoro”; i dati in del Cabinet Office dimostrano che gli insegnanti più impreparati sono assunti proprio nelle scuole dove c’è una forte presenza di studenti che ha diritto al buono pasto gratuito perché indigente e questa relazione -rileva giustamente il governo britannico- dimostra l’ingiustizia del sistema educativo inglese. Sin qui gli elementi di analisi che mettono in luce principi condivisibili. Le soluzioni si fondano su prospettive talora molto inquietanti; una di queste è l’idea che la competizione tra scuole migliori la qualità dell’insegnamento, la prospettiva si fonda su uno studio dell’Università di Stanford[3]l: gli insegnanti migliorerebbero la loro professionalità entrando in gara per assicurarsi le iscrizioni degli studenti! E si riportano statistiche non suffragate da alcun esempio concreto (un tema, un elaborato); siamo alla pedagogia dei dati priva di alcuna rispondenza.

Il progetto inglese è suffragato da ovvietà “nel 1990 una serie di studi approfonditi condotti dai centri di ricerca USA ha dimostrato che i ragazzi che hanno un insegnante ben preparato compiono tre volte più progressi degli allievi con un docente inefficace”! L’obiettivo sarebbe l’avere insegnanti di qualità e questo si otterrebbe dando alle scuole ampi poteri ai dirigenti che così potranno costruire gli istituti secondo il proprio ‘ethos personale’. Per far questo il governo inglese prende ad esempio le scuole dell’Alberta (Canada), ma i materiali offerti[4] e i risultati pubblicati non paiono fornire il quadro di una scuola di qualità[5]; c’è solo una riduzione delle materie e l’applicazione di corsi via web perché in aula ci si distrae troppo e a casa no!

Gli inglesi evocano l’esempio di Singapore[6]. Il caso è ben esemplificato dall’Education and Carreer Guidance: gli obiettivi della Scuola non sono più insegnare a leggere, a studiare e a ragionare; si tratta ora di formare un lavoratore entusiasta e flessibile, ma evidentemente privo di solide basi culturali. Una prospettiva che fa rabbrividire.

Non a caso a Singapore i percorsi didattici sono prevalentemente incentrati sulla trasmissione delle capacità di autocontrollo in quanto fondamento del successo[7]. Sin qui le tristi ‘prospettive didattiche’. Gli orizzonti diventano più tenebrosi quando si analizzano gli aspetti organizzativi.

Il Segretario di Stato avrà il potere di allontanare definitivamente dalla professione gli insegnanti colpevoli di ‘serious misconduct’, le scuole con scarso rendimento potranno essere chiuse d’autorità. Il modello da diffondere sarà quello delle Free Schools: istituzioni ‘libere’, condizionate dal gradimento di famiglie, cittadini e di associazioni esterne alle istituzioni scolastiche, che avranno ampia autonomia e potranno vendere servizi aggiuntivi. È la destrutturazione completa dell’idea di Scuola. Ai docenti verrà interdetta ogni possibilità di controllo della professione con l’abolizione del GTC[8] (il Consiglio Generale degli Insegnanti) istituito nel 1998: “per migliorare gli standard dell’insegnamento nonché per incrementare la professionalità dei docenti e controllare le responsabilità disciplinari” [9].

In “cambio” il Bill assegnerà ai docenti il diritto di perquisire gli allievi senza il loro consenso e darà ai dirigenti il potere di espellere senza appello gli studenti.

Gail Mortimer, presidente del GTC, è stato chiaro: “Queste proposte comportano rischi sia per il pubblico sia per la professione. Se i genitori ci dicono che la professionalità degli insegnanti è di fondamentale importanza per la realizzazione del futuro dei giovani allora bisogna domandarsi se tutti questi provvedimenti vadano nella direzione del prestigio dell’insegnamento”[10]. Tutte le organizzazioni sindacali condannano il progetto che è definito un coacervo di proposte (a rag-bag proposals) che non risponde ai maggiori problemi della Scuola: la mancanza di un numero adeguato d’insegnanti e gli eccessi dei carichi di lavoro. David Hart, per la National Association of Head Teachers, spiega: "più autonomia per le scuole è uno slogan privo di sostanza”; Peter Smith, dell’Association of Teachers and Lecturers, commenta: "la deregulation e la libertà d’innovazione nascondono un effetto concreto che è quello di dare al Segretario di Stato immensi poteri sulle scuole non soggetti al controllo del Parlamento”[11]. “The Guardian” commenta caustico: “la riforma tradotta nella vita quotidiana comporterà una riduzione delle possibilità di scelta delle famiglie e un ‘menu’ educativo poco chiaro e poco trasparente”[12].

Oggi -in Inghilterra come in Italia- si insegue un mito antico e insensato quello di organizzare solo un insegnamento ‘utile’ in cui sogni ed emozioni fatti di letture e scritture siano esclusi e ci si dimentica della satira di Charles Dickens che in Hard Times -già nel 1854- irrideva a tali convinzioni: “Ora quello che voglio sono Fatti. A questi ragazzi e ragazze insegnate soltanto Fatti. Solo i Fatti servono nella vita. Non piantate altro e sradicate tutto il resto. Solo con i Fatti si plasma la mente di un animale dotato di ragione; nient’altro gli tornerà mai utile. Con questo principio educo i miei figli e con questo principio educo questi ragazzi. Attenetevi ai Fatti, signore! La scena si svolgeva in un’aula spoglia, anonima, monotona, lugubre…”[13].

                                                               Piero Morpurgo

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