LICEO PARIN1

Quel "bullismo famigliare"
che manda in crisi prof e alunni

Luigi Santambrogio, il Sussidiario 25.3.2011

C’è una scuola a Milano dove i genitori spadroneggiano senza limiti: decidono e comandano, si intromettono nell’attività didattica e mettono sotto processo preside e docenti. In base al principio (unico e indiscutibile) che gli studenti hanno sempre ragione, in quanto clienti di un diplomificio (la scuola) che avrebbe come mission la promozione forzata e senza troppi dubbi dei ragazzi. Genitori, insomma, che hanno rinunciato ai loro doveri educativi a vantaggio di uno spirito arrogante e aggressivo sullo stile del sindacalismo più estremo e selvaggio. Quello dei Cobas, per intenderci, rivisto e corretto in versione padri-figli: il genitore agit prop dei diritti del pargolo ingiustamente angariato e tormentato da insegnanti presunti aguzzini.

Succede al liceo Parini: stanchi di venire contestati dai genitori, due professori hanno chiesto il trasferimento in altre scuole e altri tre si dicono pronti a domandarlo a causa degli insulti che ricevono abitualmente durante i colloqui con i genitori. Intimidazioni e minacce, denunciano i docenti, che si rinnovano a ogni brutto voto, richiami, note o altri provvedimenti disciplinari.

La notizia ha certo dell’incredibile e, tuttavia, documenta fino a che livello di quotidiano degrado è sceso il rapporto genitori-docenti in alcune scuole milanesi. La mamma che reclama dal preside il licenziamento del prof che ha appioppato un tondo 3 alla figlia beccata impreparata, è ben più di un episodio di inedito bullismo familiare, più grave e preoccupante delle solite divergenze didattico solito scuola-famiglia: è un enorme e inaccettabile conflitto di interessi. Educativi, innanzitutto, che divergono come binari impazziti e che, invece, dovrebbero correre in armonia e su stesse misure.

Dietro il vecchio vizio di padri e madri di voler insegnare ai prof il loro mestiere, si nasconde infatti l’incapacità a intendersi su cosa è l’educazione dei giovani e, di conseguenza, a condividere percorsi e progetti formativi scelti e rischiati insieme. Di chi la colpa? Mica tutta dei genitori, ovvio: famiglie e insegnanti hanno di che riflettere sui reciproci errori ma ancora di più dovranno interrogarsi se davvero desiderano e vogliono seriamente perseguire lo scopo comune: il bene del ragazzo, la piena maturazione della sua identità, nella valorizzazione dei meriti, nel giudizio sui difetti, nel rispetto incondizionato della sua libertà. In questo lavoro, la difesa di privilegi di casta (docenti) o di sangue (genitori) è soltanto un pericoloso diversivo.

Il caso del liceo Parini di Milano con quegli insegnanti in fuga inseguiti dai sindacalisti di famiglia, sordi e ciechi davanti agli errori dei figli, è davvero grave e dovrebbe far riflettere tutti: famiglie, gruppi sociali, associazioni di categoria, movimenti civili e istituzioni. Compresi i partiti e la politica che all’emergenza educativa non dovrebbero sentirsi estranei, fino a dedicare almeno un capitolo dei loro programmi elettorali.