Commenti e idee di Andrea Ichino Il Sole 24 Ore, 19.3.2011 Il dibattito sulla scuola pubblica è tornato alla ribalta tra dichiarazioni mediatiche e manifestazioni di piazza. Ma è un dibattito che in realtà richiederebbe riflessioni più meditate e meglio informate. Sono due i motivi più rilevanti per affidare allo Stato, invece che a privati, l'istruzione dei giovani cittadini. In primo luogo, una scuola pubblica con programmi di studio omogenei si presta meglio a garantire che tutti i giovani raggiungano un livello minimo di istruzione e di valori condivisi per poter collaborare tra loro efficacemente, una volta diventati adulti. In secondo luogo, lo Stato può ridurre il costo dell'andare a scuola per i meno abbienti, scaricandone una buona parte sulla fiscalità generale. La collettività ha interesse a farsi carico di questo costo non solo per motivi di equità, ma anche perché l'eventuale decisione di non istruirsi a sufficienza, presa da chi non se lo può permettere, ridurrebbe il capitale umano del paese con effetti deleteri per tutti. Entrambe queste ragioni hanno però contropartite su cui è bene riflettere. Per esempio, chi deve decidere che cosa e come si insegna nelle scuole statali che i cittadini devono frequentare? Che ci piaccia o no, in un sistema democratico l'istruzione pubblica (così come la televisione pubblica), alla lunga non può che riflettere il colore della maggioranza che governa il paese. Molti italiani hanno una visione idilliaca dello Stato come entità super partes, ma l'esperienza ci dice che lo Stato, e quindi il suo sistema educativo, è espressione della maggioranza. Lo ha detto Berlusconi in riferimento alla scuola che non gli piaceva, e lo dirò io quando l'attuale maggioranza avrà avuto tempo sufficiente per cambiare le cose. Giratela come volete, ma in un sistema pubblico la minoranza che vuole la scuola gialla prima o poi finisce col dover accettare il volere della maggioranza che la vuole blu. Immagino l'obiezione: lo Stato dovrebbe fare scuole arcobaleno! Ma anche l'arcobaleno è una scelta cromatica che a qualcuno non piace. E poi, purtroppo, sembra raro il caso di maggioranze che, al di là delle dichiarazioni programmatiche, amino davvero la molteplicità dei colori. Proprio questo dovrebbe far riflettere tutti quelli che invece una tale scuola multicolore vorrebbero. Il bene dell'istruzione minima per tutti e della coesione sociale non è assoluto: deve avere un limite nell'impossibilità di imporre alla minoranza un'istruzione diversa da quella che essa vorrebbe. Non sarebbe allora preferibile un sistema in cui lo Stato si limitasse a indicare i binari entro i quali scuole veramente libere e autonome potessero decidere come organizzarsi e che cosa insegnare? Come in una sorta di Carta costituzionale educativa, credo che un consenso ampio potrebbe emergere su quali debbano essere. |