Perché nelle scuole molti docenti,
alunni, genitori rifiutano i test Invalsi

 di Simonetta Salacone da ReteScuole, 29.5.2011

Non è facile per chi non frequenta le scuole capire il motivo del rifiuto, che si fa sempre più massiccio , dell’operazione messa in piedi dal Servizio di Valutazione Nazionale dell’INVALSI, da parte di docenti, genitori, studenti.
La Scuola rifiuta di farsi valutare?
I docenti e le docenti sono soggetti autoreferenziali che non vogliono dar conto alla società dei risultati delle proprie attività professionali?
Non è così.
Vi è rifiuto della valutazione così come l’INVALSI la propone , perché non sono chiare e trasparenti le finalità, perché si contesta il metodo con cui l’INVALSI intende operare, a prescindere dai contesti a da una efficace interlocuzione con i docenti e con le scuole, perché si criticano nel merito e nei contenuti le prove a cui vengono sottoposti gli alunni.

Cosa e chi si intende valutare: gli alunni? i docenti? il sistema scuola?
Si valuta per premiare i docenti i cui alunni hanno risultati migliori e sanzionare gli altri? Per intervenire e sostenere le situazioni più fragili? Per mettere in concorrenza le scuole? Per sopprimere le scuole più in difficoltà e tagliare loro i finanziamenti? Per selezionare gli alunni che, lungo il percorso di studi, hanno i risultati migliori e favorirne i percorsi universitari? …
(Tutte queste ipotesi sono più che legittime, alla luce del dettato della legge 53/2003 e del decreto l.vo 286/2004 che hanno definito il profilo dell’INVALSI e se si leggono le direttive triennali 2008/10 e la Premessa, a firma Checchi, Ichino, Vittadini al Progetto intitolato “Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole: finalità e aspetti metodologici”).

Vi è rifiuto dei testi INVALSI da parte di molti docenti perché, come professionisti dell’educazione, non si è stati chiamati, a ricercare e a condividere gli strumenti e le modalità più adeguate per effettuare un’operazione così delicata e complessa e perché non è prevista alcuna possibile interlocuzione con l’Istituto, ma solo l’esecuzione di disposizioni.

Vi è rifiuto perché si riduce la valutazione ad una misurazione di strumentalità, eseguita tramite test (quiz), molto spesso confusi e addirittura scorretti, comunque avulsi dai programmi svolti in classe, dai contesti in cui le scuole operano e dalle diverse situazioni dei singoli alunni e delle singole scuole.

Vi è rifiuto, infine, perché l’operazione di valutazione censuaria (non è una ricerca su campione!) avviene proprio negli stessi anni in cui la scuola italiana è sottoposta ai tagli più feroci della sua storia, è impoverita di docenti e risorse finanziarie, è investita da cattive riforme che riducono gli orari, azzerano le sperimentazioni, aumentano gli alunni per classe, divaricano i percorsi degli studenti più deprivati e fragili da quelli degli studenti socialmente più favoriti, è attaccata quotidianamente dal Presidente del Consiglio e dai Ministri del suo Governo e accusata di condizionare ideologicamente gli alunni proprio per le sue caratteristiche di laicità del pensiero e pluralità dei saperi.

Il sistema dei test corrisponde perfettamente ad una scuola che si vuole addestrativa, riduttiva della complessità, soffocatrice delle divergenze e delle diversità di pensiero, più “produttiva”.
Ma produttiva di che?
Gli alunni non sono “il prodotto” della scuola ed è molto difficile misurare in modo “oggettivo”il valore aggiunto che la scuola e i singoli docenti apportano nel percorso educativo di ciascuno studente, tanto più quando si pretende di farlo elusivamente tramite test.
Con le prove INVALSI gli alunni sono messi di fronte a test a risposta chiusa (c’è una e una sola risposta da dare, anche quando il contenuto delle possibili risposte è un ventaglio opinabile e ampio).
E questo è proprio tipico di una società che punta al “pensiero unico” e a convincere, non a promuovere la riflessione e il confronto culturale.
Gli studenti sono chiamati a rispondere in tempi strettissimi
Non interessa conoscere le procedura seguita per ottenere la risposta. Si può anche non aver seguito alcuna procedura e aver risposto a caso ( “ragiona in fretta, rischia pure di rispondere senza certezza: avrai sempre avuto un 25% di probabilità di dare risposta esatta! “ ).
Le prove sono strettamente individuali (non si copia! non si collabora! non si chiede aiuto all’insegnante, neanche nel caso degli alunni più piccoli!)
Se sei disabile, fuori della classe, tu e il tuo insegnante di sostegno: potresti disturbare i compagni!

Le Scuole e i docenti sanno, invece, quanto sia delicata l’operazione di valutazione che quotidianamente essi svolgono nei confronti dei propri alunni .
Sanno che essa si riferisce ai risultati complessivi delle azioni educative messe in atto e utilizza strumenti diversi a seconda degli oggetti che intende valutare (comportamenti, azioni, conoscenze, abilità, competenze..)
Sanno che accanto ai momenti di esercitazioni individuali vi devono essere quelli delle prove collettive, delle interrogazioni, delle esercitazioni nei laboratori.
Sanno che devono fornire agli alunni elementi per autovalutarsi e per essere valutati all’interno del gruppo classe o del gruppo di lavoro.
Sanno che accanto alla valutazione di tipo sommativo (trimestrale, quadrimestrale, di fine anno scolastico, di fine ciclo, di fine progetto…) vi è quella formativa, quotidiana, periodica, in itinere, che serve a dare il senso della direzione intrapresa, dei risultati conseguiti e resi certi dalle verifiche e di quelli non ancora pienamente raggiunti, a tenere sotto controllo i processi, a riprogrammare e mettere a punto i percorsi didattici.

I docenti migliori sanno che valutare periodicamente è un’ attività che si fa in team e che si collega alla ricerca di strategie e metodologie efficaci, soprattutto quando non si riescono ad ottenere risultati positivi.
Sanno anche che vi sono obiettivi che non si possono misurare, ma solo raccontare, descrivere e documentare e che, per alcuni alunni, sono più fondamentali di quelli strettamente legati alle strumentalità o alle conoscenze, perché riguardano gli aspetti della relazione, dell’empatia, della competenza collaborativa, della creatività, della capacità di risolvere problemi concreti…
(Un esempio raccontatomi proprio ieri: in un Istituto tecnico di Roma quest’anno frequenta regolarmente un alunno che negli anni precedenti era un evasore dell’obbligo, conosciuto da tutti come un piccolo spacciatore di droga . I docenti riconoscono come un enorme risultato raggiunto e un loro piccolo miracolo realizzato quello di vederlo presente e sereno ogni giorno in classe, anche se scolasticamente combina poco: come raccontare e rendicontare all’esterno questo obiettivo fondamentale raggiunto da quella scuola a cui, forse, in futuro si aggiungeranno anche risultati scolastici ? Sarebbe utile per questo ragazzo marcare, in questo momento, l’insufficienza delle prestazioni scolastiche attraverso prove non su misura per lui?)

Valutare comporta sempre, un confronto: delle prestazioni offerte dagli alunni in momenti diversi del loro percorso di apprendimento; dei risultati di alcuni con quelli dell’universo-classe o di un gruppo di pari; di obiettivi raggiunti rispetto a standard e risultati attesi (definiti chiaramente dai docenti su misura delle possibilità e dei punti di partenza di ciascuno).
I test INVALSI a quali Programmi o Indicazioni sono riferiti? A quelli pubblicati nei regolamenti del ministro Moratti? a quelli del ministro Fioroni? a quelli del ministro Gelmini? A quelli mai abrogati del 1979 per la scuola Media e del 1985 per la scuola primaria? Alle competenze indicate come obiettivo finale per la scuola dell’obbligo dall’UE?
E in che rapporto stanno i test con gli obiettivi fissati dai docenti per la classe e per i singoli alunni all’inizio dell’anno scolastico o del ciclo scolastico?

Da più parti, pareri delle OOSS, sentenze di giudici amministrativi, pronunciamento dell’Avvocatura di Stato, pareri di Associazioni professionali… si afferma che la ricerca affidata all’INVALSI, da realizzare con mezzi garantiti all’Istituto dal MIUR, non può comportare alcun obbligo aggiuntivo per i/le docenti, tenuti alla valutazione dei loro alunni secondo gli strumenti e le modalità dettate, come previsto dall’autonomia, da ogni Collegio.

Diverse, a questo proposito, sono le posizioni sulle quali i Collegi, in questi giorni, si confrontano: alcuni deliberano il libero uso, anche parziale delle prove, da parte dei Consigli di classe e di interclasse, ma solo a fini di un confronto interno; altri oppongono un rifiuto totale alla somministrazione dei test ai propri alunni e alla correzione successiva, anche in riferimento al contratto di lavoro, che non prevede obblighi di tale natura, meno che mai imposto da un Istituto esterno all’assetto del MIUR; altri ancora accettano di somministrare i test, ma chiedono ai dirigenti scolastici di non inoltrare i risultati all’INVALSI…
Molti Collegi, divisi al proprio interno fra posizioni diverse, vanificano, di fatto, la prova, diversificandone l’utilizzo e la metodologia di somministrazione.

Diverse sono anche le posizioni dei dirigenti scolastici: si va dalla richiesta di collaborazione alla emanazione di ordini di servizio (che si configurano, invero, come abusi, alla luce anche dell’attuale normativa e della stessa circolare del 20 aprile 2011 del MIUR) , all’adeguamento alle delibere dei Collegi, quando questi chiedono che non si dia inoltro all’INVALSI dei risultati, al rifiuto di attenersi alle delibere che esprimano tale posizione, considerate illegittime.

Diverso è anche il livello di mobilitazione delle famiglie e degli studenti: si va dalle assenze programmate nei giorni delle prove, alle diffide dei genitori verso docenti e dirigenti che intendano sottoporre i propri figli ai test, alle denunce alla scuola per le informazioni richieste tramite gli studenti sulle singole situazioni familiari, alla proibizione, trasmessa per iscritto al dirigente scolastico, di fornire all’INVALSI i risultati dei test che, tramite il codice identificativo, non garantiscono la privacy.

Un risultato, comunque, tutta questa operazione INVALSI l’ha ottenuto: riaprire il dibattito sulla valutazione e sugli strumenti e le modalità che le scuole adottano per verificare il raggiungimento delle strumentalità di base e delle competenze che devono essere garantite agli studenti, qualunque sia la situazione di partenza.

E’ importante che nelle scuole si riprenda a discutere nel merito di tali problemi, affinché il rifiuto dell’operazione INVALSI non appaia ideologico o difensivo di interessi di categoria.
E’ fondamentale che tutto il Paese si interroghi sugli obiettivi che la scuola statale deve perseguire in tempi di complessità culturale e sulle risorse e i supporti che le scuole devono ricevere, dove i contesti socio – economici sono tali da rendere molto difficile il raggiungimento di risultati scolastici positivi .

Per rilanciare i temi della valutazione del sistema educativo italiano è necessario garantire ai docenti più tempi per la ricerca e la messa a punto degli strumenti didattici, più aggiornamento disciplinare, metodologico, psicologico, più spazi per la collegialità e la riflessione adulta, meno alunni per classe, più autonomia professionale, più considerazione sociale, più risorse e sussidi tecnologici, meno precarietà lavorativa, più attenzione alle problematicità che, in una società complessa, pone la relazione con bambini, adolescenti, famiglie….

Allora, chi governa la Scuola dovrà capire che si valuta non per premiare e punire, ma per intervenire nelle criticità e per diffondere strategie e pratiche didattiche efficaci e i soggetti incaricati della valutazione di sistema dovranno prima di tutto avere scambi costanti e paritari con chi opera sul campo, per poter individuare cosa valutare e come e per poter migliorare insieme il sistema scolastico nel suo complesso.