L'INCHIESTA

La mala educazione sessuale
 A scuola resta ancora un tabù

Dopo le critiche di Benedetto XVI, viaggio nelle scuole. Dove si scopre che, in fatto di eros, i giovani si affidano più al web che ai professori. E si ritrovano sempre più soli, spaesati e senza strumenti

Maria Novella De Luca la Repubblica 12.1.2011

LA LEGGE non c'è, i corsi nemmeno, e i ragazzi si arrangiano, come possono, dove possono. C'è sempre qualcuno un po' più grande che spiega "come si fa", ma soprattutto c'è la Rete, unica, grande ma spesso improvvisata fonte di informazione. In particolare se parliamo di sesso, di sessualità, di educazione sessuale, che in Italia non c'è, non si fa, la legge che ne prevedeva l'insegnamento è ferma dal 1975 in Parlamento, le scuole fino ad ora finanziavano corsi e lezioni con i propri fondi, ma adesso con i nuovi tagli basta, fermi tutti, ci possono pensare i prof di Religione o quelli di Scienze, magari i genitori...

Il risultato è invece un grande silenzio, i giovanissimi vivono e sperimentano l'amore senza rete, l'età del primo rapporto, dicono le statistiche, è di 14 anni, ma è difficile proteggersi e preservarsi se si è poco più che bambini.

Eppure con parole nette e senza appello due giorni fa Benedetto XVI ha affermato che "l'educazione sessuale è contro la fede", bocciando quegli stati che di sesso e di contraccezione parlano a scuola, come avviene in realtà in quasi tutta l'Europa, Italia esclusa. E la risposta alle parole del Pontefice è stata la riapertura nel nostro Paese di un dibattito che non si è mai spento, di una legge attesa da 35 anni, ma anche di roventi polemiche che continuano ad accompagnare ogni installazione di distributori di condom nei licei, ogni corso di sessualità un po' più esplicito.

Invece, secondo una recente indagine della Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostetricia, il 64% degli studenti delle scuole superiori vorrebbe un corso di educazione sessuale a scuola, e il 44% sarebbe felice di poter parlare di questi temi a casa. Pur di sapere, conoscere, capire. "Siamo di fronte ad un pericoloso salto all'indietro - ammette Anna Sampaolo, coordinatrice dei corsi di educazione sessuale per l'Aied - perché sempre più scuole ci chiedono i nostri corsi, ma sempre meno istituti possono finanziarli. Parlare di sessualità ai bambini e agli adolescenti è sempre stato difficile in Italia, nonostante l'enorme interesse che poi questi incontri suscitano, e l'impossibilità di varare una legge che ne promulgasse l'insegnamento a scuola ne è la prova più evidente. Ma fino a qualche anno fa molti presidi riuscivano a mettere in piedi seminari e lezioni, oggi non più. Invece la cosa più bella è che in questi incontri si discute di affettività, di relazioni tra maschi e femmine, di rispetto per il proprio corpo, di sesso certo, ma come risultante di tutto questo... Forse chi ci attacca e pensa che noi parliamo soltanto di aborto - prosegue Anna Sampaolo - dovrebbe venire ad ascoltare, a vedere. La verità è che i ragazzi sono disperatamente alla ricerca di qualcuno con cui confrontarsi, ma anche pieni di false informazioni e credenze, che si passano tra di loro o, peggio, acquisiscono su Internet". Così se la verginità resta un tema-problema centrale sia per i maschi sia per le femmine, ben poche ragazze sanno dove sia (e cosa sia) l'imene, leggende dure a morire come i lavaggi con l'aceto e la coca cola contro le gravidanze indesiderate compaiono nei forum per teen-ager, e il profilattico resta ancora per gran parte dei maschi (anche adulti) una fastidiosa barriera al piacere totale.

Non si sa se sia vero o meno, come afferma il Papa, che i corsi di educazione sessuale allontanino dalla fede. Di certo quando nelle scuole vengono organizzati sono un successo. Così come è accaduto al liceo scientifico "Giovanni Keplero" di Roma, dove circa un anno fa, tra feroci polemiche riprese anche dalla Bbc, è stato installato un distributore di profilattici a "prezzo politico".

"Contro di me si è scatenato il diluvio - dice oggi il preside del "Keplero" Antonio Panaccione - mi hanno accusato di tutto, anche di traviare i giovani. Invece quel distributore, che è ancora lì, nessuno l'ha danneggiato e i ragazzi comprano regolarmente i preservativi a 2 euro a scatola, era soltanto una parte di un programma assai più vasto sulla protezione delle malattie sessualmente trasmissibili, che si è concluso proprio ieri. Un progetto finanziato dalla provincia di Roma, con gli esperti della Lila, la lega italiana contro l'Aids, che hanno formato un gruppo di studenti, i quali a loro volta hanno fatto lezione ai loro coetanei. Un'esperienza straordinaria di peer education, seria, scientifica, del resto tra i giovani il contagio da Aids è di nuovo una realtà, così come le gravidanze delle adolescenti. Gli stessi genitori - aggiunge Panaccione - all'inizio ostili, preoccupati, poi si sono resi conto dell'importanza di parlare di rapporti sicuri, e di quanto fossero maturi i loro figli. Davvero non capisco questo attacco del Papa, a quanti secoli indietro ci vogliono portare? I giovani vogliono parlare, sapere, imparare a proteggersi, che senso ha invece la legge del silenzio?".

Nessuno forse, a giudicare dalle conseguenze dell'amore senza rete praticato dagli adolescenti, e da vent'anni di disinteresse sui "contagi sessuali" seguito alle battenti campagne degli anni Ottanta contro l'Aids. Il risultato è che malattie che si pensavano scomparse, come la clamidia, la sifilide, la gonorrea, per non parlare dei sieropositivi under 20, sono tornate a presentarsi. Ma se di tutto questo non si parla a scuola, se i consultori sono in via di smantellamento, se i genitori girano gli occhi dall'altra parte, a chi si devono rivolgere i ragazzi? Giorgio Vittori, primario di Ginecologia e Ostetricia all'ospedale San Carlo di Nancy di Roma, ex presidente della Sigo, non ha dubbi: "Sono la scuola e la famiglia che devono fare informazione, gli adolescenti sono una categoria a rischio, oggi le criticità sono due, un incontro troppo precoce con il sesso, che può portare a gravidanze indesiderate, al contagio di malattie anche gravi, e poi lo spostamento troppo in avanti della programmazione di un figlio. Il tema non è profilattico sì, o profilattico no. Il punto è educare i giovani a proteggersi, e fin dalla scuola avere un reale messaggio sulla vita riproduttiva".

Eppure tutto questo non basta. Anzi c'è molto altro. Perché l'adolescenza è un'età sfuggente, ombrosa, bellissima ma imprevedibile. Infatti, dice Chiara Mezzalama, psicoterapeuta dell'infanzia, "in quest'età si gioca con il rischio, con la morte, con la voglia di sentirsi grandi, e c'è quindi una voglia di azzardo impossibile da controllare". Altra cosa però è l'ignoranza. Il non avere né luoghi né risorse. "I ragazzi non sanno dove andare, e nelle scuole stesse non è facile fare educazione sessuale, anche per la diffidenza delle famiglie, che non voglio parlare di questi temi ma non si fidano degli estranei. Così ai giovanissimi - aggiunge Chiara Mezzalama - non resta che la Rete. E il rischio qui è grande. Perché questa generazione è ormai abituata ai rapporti virtuali, disincarnati, senza fisicità, e quando invece i ragazzi si trovano nell'incontro sono del tutto impreparati agli ostacoli della realtà, al passaggio del corpo. Se poi consideriamo che l'accesso alla pubertà avviene sempre prima, è evidente come questa precocità altro non sia che una grande fragilità. L'educazione sessuale invece - conclude Mezzalama - può aiutare a rimettere insieme il corpo e le emozioni, portare alla conoscenza di sé. Ma ci vorrebbero luoghi, scuole, consultori, invece manca tutto...". .