Idea: rovesciamo la scuola

Mescolare le materie. Distrarsi tra un momento di studio e l'altro. Trasformare i compiti in classe in gare divertenti. Un gruppo di psicologi propone un nuovo modello per ottenere risultati migliori tra i ragazzi

di Agnese Codignola L'Espresso, 4.1.2011

Fino a quando non hai finito non puoi accendere il computer". "Termina storia prima di cominciare matematica". "Resta in camera tua a studiare sennò ti distrai". Lessico quotidiano tra genitori e figli impegnati con la scuola. Ordini, o consigli, appropriati? Utili? Niente affatto. Anzi, dannosi. Lo dimostrano anni di ricerche tanto convincenti quanto inascoltate che evidenziano quanto sia perfettamente identificabile il sistema più efficace per apprendere: è uno solo e non risente di interpretazioni personali. Gli studiosi riassumono in poche regole preliminari: intervallare brevi sessioni di materie diverse, alzarsi spesso e cambiare stanza insieme all'oggetto dello studio, non credere alla favola dei metodi di apprendimento personalizzati né a quella dei maestri guru, e non maledire le odiate verifiche, purtroppo sono spesso eventi spot, ma dovrebbero essere parte integrante del metodo di studio, perché aiutano in modo fenomenale a fissare i concetti. Non solo: i genitori dovrebbero essere sempre parte attiva, sia pure discreta, nel processo di apprendimento.

Sono stupefacenti i risultati complessivi ottenuti da piscologi e pedagogisti che da anni si dannano a fornire numeri e dati per cercare di far cambiare abitudini assai dure a morire a insegnanti, genitori e figli. E, a vedere gli ultimi dati dell'Ocse, sembra proprio che dovremmo stare ad ascoltare. Secondo l'Organizzazione, infatti, gli scolari italiani tra i 7 e i 14 anni sono inchiodati sui banchi di scuola circa 8.200 ore, contro una media dei Paesi Ocse di 6.777, ma con poco o scarso rendimento, al punto che la nostra scuola ogni anno perde posizioni e che meno del 70 per cento delle persone tra i 25 e i 34 anni e appena più del 30 per cento di quelli tra i 55 e i 64 anni completa il ciclo di superiore. Peggio di noi, tra i 31 paesi, solo Spagna, Brasile, Portogallo, Turchia e Messico. Di certo c'entrano gli investimenti: ora sono circa il 4,5 del Pil, contro una media del 6,2 per cento, ma non è tutto. Vediamo, allora, quanto dice la scienza dell'apprendimento, voce per voce.

Aboliamo l'aula

Il cervello umano ha costantemente bisogno di stimoli, e per questo è più redditizio, ai fini dell'apprendimento, cambiare spesso ambiente rispetto a chiudersi in una sola stanza fino a quando non si ha terminato. A questo proposito, c'è un esperimento classico. Gli autori hanno chiesto a un gruppo di ragazzi di memorizzare 40 vocaboli in scenari differenti: in una stanza chiusa, senza finestre, oppure in una che aveva una vista su un giardino. E proprio questi hanno ottenuto risultati di gran lunga migliori anche rispetto a coloro che avevano potuto studiare le 40 parole due volte, ma lo avevano fatto sempre nella stanza chiusa.

Moltissime varianti dell'esperimento hanno confermato quei dati, e fatto emergere con sempre maggiore chiarezza che cambiare stanza, prospettiva, luce aiuta a ricordare perché permette al soggetto di associare per esempio la rivoluzione francese al colore giallo di una parete, e le costellazioni a quello verde del prato del giardino.

Mix di discipline

Uno dei luoghi comuni più duri a morire è quello che vuole che si termini una materia prima di iniziarne un'altra. Tutto sbagliato: è molto meglio alternare brevi sessioni di materie diverse. Kelly Taylor e Dough Rohrer, dell'Università della South Florida, lo hanno dimostrato su bambini di quarta elementare cui è stato sottoposto un problema per calcolare le dimensioni di un prisma con una formula matematica.

Alcuni hanno avuto da risolvere problemi simili, per memorizzare la formula, mentre altri hanno avuto problemi misti, che comprendevano la formula ma potevano essere anche diversi. Il giorno seguente gli psicologi hanno sottoposto tutti i bambini allo stesso problema, e dimostrato che il 77 per cento degli studenti del secondo gruppo aveva capito e imparato la formula, contro il 38 per cento degli altri. Secondo Rohrer ciò accade perché affrontare più problemi contemporaneamente stimola il cervello a memorizzare meglio. Nella stessa direzione va un lavoro pubblicato lo scorso mese su "Psychology and Aging" nel quale un gruppo di studenti è stato invitato a riconoscere 12 quadri di un artista sconosciuto dopo aver visto un assortimento che li comprendeva oppure una serie di opere dello stesso pittore seguita da opere di altri pittori sempre in serie. Anche in questo caso, il cambiamento è risultato vincente rispetto alla monotonia.