Al confronto, la vertenza Mirafiori fa sorridere.
Sono centinaia di migliaia i precari colpiti.
Collegato lavoro 2010, la dignità
contro il colpo di spugna
Il 22 gennaio scadono i termini per impugnare
i licenziamenti ingiusti e i contratti scaduti
da
vincenzobrancatisano.it, 20.1.2011
20 GENNAIO 2011 – Lavoratori sfruttati alla riscossa, super lavoro
in arrivo per i nostri giudici, sanzioni pesantissime a carico dei
dirigenti che continuassero ad assumere a termine lavoratori che
hanno invece diritto ad essere invece stabilizzati. Al confronto
Mirafiori fa sorridere. Stanno per arrivare in Tribunale migliaia
di fascicoli di lavoratori precari, pubblici e privati, che si
ritengono vittime di abuso di contratti a termine e di altre forme
atipiche di contratto di lavoro, quali co.co.co. e co.co.pro. e non
solo. Assieme a loro ricorreranno al giudice tanti lavoratori che
hanno subìto un licenziamento ritenuto ingiusto.
E’ questo l’effetto della tagliola ammazza diritti confezionata in
silenzio dal legislatore con la legge 183, meglio conosciuta come
“Collegato lavoro 2010”, il cui art. 32 (leggi sotto) dotato di
efficacia retroattiva, produrrà a mezzanotte del 22 gennaio prossimo
un colossale colpo di spugna che mira a sciogliere come neve al sole
diritti importanti dei lavoratori precari e di quelli licenziati
ingiustamente. Ma il tentativo sarà arginato, almento da quei
lavoratori che entro sabato avranno impugnato il licenziamento o la
scadenza dei contratti precedenti con una lettera raccomandata
spedita al datore di lavoro. Avranno poi 270 giorni per far causa:
se non lo faranno perderanno i diritti per sempre, mentre fino ad
ora l’azione per la nullità del termine illecito apposto in un
contratto era imprescrittibile. Molti tuttavia non sono informati ed
è curioso che i sindacati accusino il governo di non avere
pubblicizzato il decreto. Hanno avuto per mesi riflettori e la scena
mediatica e hanno saputo parlare solo di Mirafiori.
Ma tant’è. Il settore più coinvolto è la scuola pubblica, dove un
esercito impressionante di insegnanti, bidelli, tecnici e
amministrativi, viene assunto con contratti a termine da anni e
anche decenni da uno Stato che lucra in questo modo sulla
possibilità di non pagarli d’estate e sul mancato riconoscimento
della carriera e degli scatti di stipendio legati all’anzianità, con
un comportamento ritenuto illegittimo e discriminatorio
da ripetute sentenze nazionali e comunitarie emesse – tra
l’indifferenza di molti sindacati – in favore dei precari che hanno
già fatto causa. La stabilizzazione per via giudiziaria del rapporto
di lavoro nel settore pubblico è sempre stata considerata una via
azzardata dai sindacati anche perchè esiste una sentenza contraria
della Consulta (Cfr. Vincenzo Brancatisano, “Una vita da supplente”,
Nuovi Mondi, 2010) che ritiene in linea con la Costituzione la
discriminazione legislativa tra lavoratori pubblici e privati in
ordine alla trasformazione del contratto in rapporto a tempo
indeterminato possibile solo per questi ultimi.
Peraltro, il decreto legislativo 368 del 2001 con il quale fu
recepita la Direttiva Ue 99/70 sulla prevenzione degli abusi dei
contratti a termine, prevede a compensazione della reiterazione dei
contratti nel pubblico un risarcimento dei danni in favore dei
lavoratori, pressochè sconosciuto agli interessati anche perché i
sindacati non hanno mai pubblicizzato questa seconda possibilità.
Chi ha fatto causa ha però vinto e ottenuto fino a 45.000 a testa.
Il risarcimento si è però rivelato poco dissuasivo per il datore di
lavoro.
E come se non bastasse il Collegato lavoro 2010 ha ridotto l’entità
del risarcimento portandolo a una cifra rientrante tra 2,5 e 12
mensilità, cifra che si dimezza ulteriormente qualora (come nel caso
del personale della scuola) i lavoratori siano tutelati (sic) da
contratti collettivi firmati dai maggiori sindacati (vedi sotto il
commento alla norma). Nel frattempo sono arrivate tre novità
decisive:
1) l’ultima legge finanziaria Prodi che ha previsto un piano di
stabilizzazioni (a domanda) nel settore pubblico per chi abbia
maturato 36 mesi anche non continuativi di lavoro a termine e ha
previsto, a favore del lavoratore che ha prestato lavoro per un
periodo superiore a sei mesi, un diritto di priorità nelle
assunzioni a tempo indeterminato;
2) una recente sentenza con cui il Tribunale di Siena ha
stabilizzato una docente precaria dopo soli tre anni di incarichi
preferendo ispirarsi alla legislazione alla citata Direttiva e ai
pronunciamenti della Corte di giustizia di Lussemburgo che
sanciscono il principio di non discriminazione tra lavoratori a
termine e di ruolo e che stigmatizzano l’abuso dei contratti precari
anche nel settore pubblico.
Infine, la stessa Corte di giustizia ha emanato una sbalorditiva
sebbene sconosciuta
ordinanza (1.10.2010 nel procedimento C-3/10) con cui,
sciogliendo alcuni dubbi residui di un Tribunale calabrese
(Rossano), ha ribadito che i lavoratori pubblici devono essere
stabilizzati se hanno maturato 36 mesi a partire dal 2001, l’anno in
cui l’Italia ha recepito la Direttiva citata 99/70.
Scrive la Corte che il governo italiano ha addirittura ammesso per
iscritto che l’art. 5 del decreto 368/2001, modificato nel 2007, “al
fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo
determinato nel settore pubblico, ha aggiunto una durata massima
oltre la quale il contratto di lavoro è ritenuto concluso a tempo
indeterminato” e ha introdotto a favore del lavoratore che ha
prestato lavoro per un periodo superiore ad appena sei mesi, un
diritto di priorità nelle assunzioni a tempo indeterminato. Un’altra
norma del 2008 prevedrebbe, “oltre al diritto del lavoratore
interessato al risarcimento del danno subìto a causa della
violazione di norme imperative e all’obbligo del datore di lavoro
responsabile di restituire all’amministrazione le somme versate a
tale titolo quando la violazione sia dolosa o derivi da colpa grave,
l’impossibilità del rinnovo dell’incarico dirigenziale del
responsabile, nonché la presa in considerazione di detta violazione
in sede di valutazione del suo operato”.
A seguito delle numerosissime richieste di aiuto Vi invitiamo a
leggere la fonte del diritto
Legge 183 (Collegato Lavoro)
(Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a
tempo determinato)
1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 6 della legge 15
luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti:
«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro
sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma
scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta,
dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche
extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore
anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto
ad impugnare il licenziamento stesso.
L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo
termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella
cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla
comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di
conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilita' di
produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso.
Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o
non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il
ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro
sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».
Chiaro??? Si applica anche alla scadenza dei contratti oltre che ai
licenziamenti? La risposta è sì. Leggiamo la lettera d) del comma 3
riportato qui di seguito
2. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio
1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si
applicano anche a tutti i casi di invalidita' del licenziamento.
3. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966,
n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si
applicano inoltre:
a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni
relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla
legittimita' del termine apposto al contratto;
b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa, anche nella modalita' a progetto, di cui
all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile;
c) al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile,
con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione
di trasferimento;
d) all'azione di nullita' del termine apposto al contratto di
lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6
settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine
decorrente dalla scadenza del medesimo.
QUESTO VUO DIRE che: a) intanto si confermano le nostre tesi circa
il fatto che il termine apposto ai contratti a termine (appunto) era
NULLO qualora ripetuti anche oltre i 36 mesi previsti dalla legge
precedente e duqnue bene ha fatto in questi anni chi ha fatto causa
per la stabilizzazione, nonostante il parere contrario dei sindacati
CISL in primis.; b) l'azione di nullità che prima era
imprescrittibile, cioè si poteva esercitare anche dopo decenni e
prima della morte dell'interessato..., ora con il Collegato lavoro
vergognoso essa si prescrive se non si fa causa entro 270 giorni
dalla impugnazione recapitata al datore di lavoro. Se l'impugnazione
non è fatta entro 60 giorni dal licenziamento (o di scadenza del
contratto a termine) si decade del tutto dal diritto di far causa.
4. Le disposizioni
di cui
all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato
dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche:
a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli
articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente
legge, con decorrenza dalla scadenza del termine;
b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione
di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6
settembre 2001, n. 368, e gia' conclusi alla data di entrata in
vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di
entrata in vigore della presente legge;
c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi
dell'articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla
data del trasferimento;
d) in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista
dall'articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro
in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.
E VENIAMO AL RISARCIMENTO dei danni per illecita reiterazione dei
contatti a termine. Il fatto che i contratti siano illeciti è
dimostrato dalla circostanza che il governo ha sentito il bisogno di
bloccare le azioni giudiziarie alemno per i più distratti e anche
dal fatto che il governo medesimo con questa legge 183 abbia ridotto
da 2,5 mensilità a 12 mensilità come massimo ottenibile, mentre fino
a oggi il massimo era il massimo dimostrabile, cioè anche decine di
migliaia di euro in termini di danno emergente (stipendi estivi non
pagati, interessi passivi su prestiti, e fidi con le banche che non
ci sarebbero stati se si fossero percepiti gli stipendi più alti ecc
ecc.) e di lucro cessante (mancato aumento stipendiale che ci
sarebbe invece stato se si fosse stati di ruolo; eventuali ore
eccedenti pagati secondo lo stipendio di prima nomina, varie
indennità calcolate su quello stipendio più basso, ecc). Infatti il
successivo comma 5 dell'art. 32 del Collegato lavoro stabilisce....
5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il
giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore
stabilendo un'indennita' onnicomprensiva nella misura compresa tra
un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilita' dell'ultima
retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati
nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
MA
ECCO UNA BELLA CHICCA:
6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali,
territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni
sindacalicomparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale,
che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di
lavoratori gia' occupati con contratto a termine nell'ambito di
specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennita' fissata
dal comma 5 e' ridotto alla meta'.
NON CREDO ci sia bisogno di aggiungere commenti. Poi dicono che i
sindacati remano contro i precari.... Nooooo
Di
seguito la retroattività del provvedimento:
7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per
tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata
in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi
giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della
indennita' di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un
termine per l'eventuale integrazione della domanda e delle relative
eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell'articolo 421
del codice di procedura civile.
Art. 32.
...
(Decadenze e disposizioni in
materia di contratto di lavoro a tempo determinato)
1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 6 della legge 15
luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti:
«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro
sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma
scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta,
dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche
extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore
anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto
ad impugnare il licenziamento stesso.
L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo
termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella
cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla
comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di
conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilita' di
produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso.
Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o
non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il
ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro
sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».
Chiaro??? Si
applica anche alla scadenza dei cotratti oltre che ai licenziamenti?
La risposta è sì. Leggiamo la lettera d) del comma 3 riportato qui
di seguito
2.
Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n.
604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano
anche a tutti i casi di invalidita' del licenziamento.
3. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966,
n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si
applicano inoltre:
a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni
relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla
legittimita' del termine apposto al contratto;
b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa, anche nella modalita' a progetto, di cui
all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile;
c) al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile,
con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione
di trasferimento;
d) all'azione di nullita' del termine apposto al contratto di
lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6
settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine
decorrente dalla scadenza del medesimo.
QUESTO VUO DIRE
che: a) intanto si confermano le nostre tesi circa il fatto che il
termine apposto ai contratti a termine (appunto) era NULLO qualora
ripetuti anche oltre i 36 mesi previsti dalla legge precedente e
duqnue bene ha fatto in questi anni chi ha fatto causa per la
stabilizzazione, nonostante il parere contrario dei sindacati CISL
in primis.; b) l'azione di nullità che prima era imprescrittibile,
cioè si poteva esercitare anche dopo decenni e prima della morte
dell'interessato..., ora con il Collegato lavoro vergognoso essa si
prescrive se non si fa causa entro 270 giorni dalla impugnazione
recapitata al datore di lavoro. Se l'impugnazione non è fatta entro
60 giorni dal licenziamento (o di scadenza del contratto a termine)
si decade del tutto dal diritto di far causa.
4.
Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n.
604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano
anche:
a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli
articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente
legge, con decorrenza dalla scadenza del termine;
b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione
di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6
settembre 2001, n. 368, e gia' conclusi alla data di entrata in
vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di
entrata in vigore della presente legge;
c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi
dell'articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla
data del trasferimento;
d) in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista
dall'articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro
in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.
E VENIAMO AL
RISARCIMENTO dei danni per illecita reiterazione dei contatti a
termine. Il fatto che i contratti siano illeciti è dimostrato dalla
circostanza che il governo ha sentito il bisogno di bloccare le
azioni giudiziarie alemno per i più distratti e anche dal fatto che
il governo medesimo con questa legge 183 abbia ridotto da 2,5
mensilità a 12 mensilità come massimo ottenibile, mentre fino a oggi
il massimo era il massimo dimostrabile, cioè anche decine di
migliaia di euro in termini di danno emergente (stipendi estivi non
pagati, interessi passivi su prestiti, e fidi con le banche che non
ci sarebbero stati se si fossero percepiti gli stipendi più alti ecc
ecc.) e di lucro cessante (mancato aumento stipendiale che ci
sarebbe invece stato se si fosse stati di ruolo; eventuali ore
eccedenti pagati secondo lo stipendio di prima nomina, varie
indennità calcolate su quello stipendio più basso, ecc). Infatti il
successivo comma 5 dell'art. 32 del Collegato lavoro stabilisce
quanto segue:
5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il
giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore
stabilendo un'indennita' onnicomprensiva nella misura compresa tra
un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilita' dell'ultima
retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati
nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
MA ECCO UNA BELLA
CHICCA:
6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali,
territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, che
prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori
gia' occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche
graduatorie, il limite massimo dell'indennita' fissata dal comma 5
e' ridotto alla meta'.
NON CREDO ci sia
bisogno di aggiungere commenti.
Di seguito la
retroattività del provvedimento:
7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per
tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata
in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi
giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della
indennita' di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un
termine per l'eventuale integrazione della domanda e delle relative
eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell'articolo 421
del codice di procedura civile.