ventisettesima ora

Se la maestra perfetta è un uomo

di Stefania Ulivi Il Corriere della Sera, 13.12.2011

Un maestro di strada nel Palazzo. Se c’è una cosa che ha messo d’accordo tutti a proposito del governo Monti è che la presenza di Marco Rossi Doria nell’esecutivo è un’assoluta novità. Dopo anni in cui la scuola elementare era diventata argomento di discussione asettico, tutto concentrato su aspetti simbolici (il grembiule, i voti numerici, e via discettando), a occuparsene viene chiamato qualcuno che ha sempre badato molto alla sostanza, uno che sui banchi (e, ancor di più, fuori) ci ha messo mani, cuore, testa. E pancia. Prima di dedicarsi al progetto Change (per scolarizzare quei ragazzi che abbandonano la scuola prima del tempo), prima di essere chiamato a Trento a occuparsi di ragazzi in difficoltà, Rossi Doria il mestiere di maestro l’ha fatto. Di ruolo nel 1975, sedici anni a Torre Annunziata. Una mosca bianca, un maestro maschio nelle scuole italiane. Figura praticamente scomparsa negli ultimi decenni.

Perché di maestri elementari (o “di scuola primaria” come oggi si definisce) ve ne sono davvero pochini: il 4,6% contro il 95,4% di maestre donne. In Italia. Un record mondiale. Infatti le donne maestre sono l’81,2% in Francia, l’82,9 in Germania, l’81,5% in Gran Bretagna, il 62,2% in Grecia, il 69% in Spagna, 80,8 in Svezia, il 75,5% in Finlandia, l’88,6% negli USA, il 65% in Giappone. Mentre nei paesi del terzo mondo e in quelli definiti emergenti (Cina, India, Brasile) ci sono più maestri maschi che maestre donne, come da noi fino alla fine degli anni ‘50. Ma anche lì in diminuzione. Questo ha molte conseguenze. Per esempio sui salari di chi insegna e quindi sullo status e sulla percezione sociale della scuola in un paese, il nostro dove, in generale, più che altrove, sono i maschi a guadagnare più delle donne.

Provate a fare la conta: quanti maestri maschi avete incontrato nelle scuole dei vostri figli, nipoti, figli di amici? Quanti dei vostri amici maschi insegnano in una scuola elementare? I risultati non saranno molto diversi da quelli esposti qui sopra. La fonte è autorevolissima: i dati vengono dal blog di Rossi Doria. Che in questi giorni si è riempito di messaggi dei tanti che, accanto ai complimenti, hanno presentato raccomandazioni e segnalato aspettative. E che hanno appena ricevuto la prima, scarna, risposta:

“nessun ulteriore taglio al budget della scuola (se la manovra non lo intacca, sarà già un buon segnale), riprendere la strada dell’autonomia delle scuole e ascoltarle. E poi pensare ai ragazzi, a come e se imparano e a quelli che partono con meno”.

Il quel blog, in una lunga riflessione intitolata Maestre e articolata in sei parti (scritta nel settembre 2008 ai tempi delle polemiche sul maestro unico) il neosottosegretario cita alcune icone – maschili – della pedagogia italiana. Grandi innovatori assai carismatici. Solitari e venerati. Come Mario Lodi, o il maestro di Pietralata Albino Bernardini. O, ancora il nonèmaitroppotardi maestro Alberto Manzi. Lo stesso don Milani a Barbiana. O Loris Malaguzzi, già maestro elementare, poi motore di quelle scuole per la prima infanzia che hanno fatto di Reggio Emilia un simbolo nel mondo. Anche lì, nelle scuole che per anni sono state chiamate con l’aggettivo materna, trovare un maschio oggi è un’impresa. Maestro, carismatico e venerato, era anche il protagonista di un film di successo, Essere e avere di Nicolas Philibert (vedi foto in alto), insegnante di campagna in Francia.

Come se il carisma, anche in cattedra, fosse più facilmente associabile a una figura maschile. Anche in un ambiente popolato da figure femminili formidabili: capaci, innovative, non necessariamente, però, interessate alla ribalta, che, anzi, cedono volontieri. (In fondo, la scena di Monti, professore non maestro, che riprende le fila della conferenza stampa sottolineando due volte il cedimento emotivo del ministro Fornero – “Commuoviti ma correggimi” “Non pretendo di far ridere il ministro, ma almeno di non farla piangere” – ne è una discreta e attualissima rappresentazione).

Nella mia lontana e articolata esperienza di scolara (quattro città e dunque scuole diverse nei cinque anni di elementari) dell’unico maestro maschio ho un ricordo pessimo: insegnante scarso, zero carisma. Incapace di far entrare in testa a una compagna di una IV elementare romana il modo corretto per scrivere “la radio”, la torturava pubblicamente (e inutilmente) alla lavagna lasciandola andare in tilt (l’aradio, la aradio, laradio). Una scena terribile. Bocciato. Delle tre maestre due erano delle vere fuoriclasse: carismatiche, innovative. Indimenticabili. Quella di quinta era riuscita nell’impresa solitaria di portare nella tradizionalissima scuola di Treviso lo spirito della sua ispiratrice, Maria Montessori.

Da genitore ho avuto a che fare con due maestre da dieci e lode in una scuola bolognese che sul sito scrive, a ragione, “la più bella del mondo”. Lì mio figlio di maestri maschi ne conosciuti e sperimentati un paio, notevoli. Ha una sua teoria.

“Secondo me i maestri sono bravi. Siccome sono pochi e intorno hanno tutte donne, fanno di tutto per emergere. E siccome sono meno autorevoli delle maestre, che sono più abituate a farsi ascoltare, cercano di diventare simpatici ai bambini”.

La spiegazione mi suonava familiare. Poi ho capito cosa mi ricordava. Mi sembrava la descrizione delle donne nei posti di lavoro maschili. Quote azzurre a scuola, ha già scritto qui Maria Luisa Villa. Che dice il sottosegretario? E voi?