Rivalutate 11 milioni di pensioni di Davide Colombo Il Sole 24 Ore, 8.12.2011 Se passasse il parere della Commissione Lavoro, vale a dire garantire per il prossimo biennio l'indicizzazione piena alle pensioni fino a tre volte il minimo, la «platea» dei protetti si allargherebbe di circa 4 milioni. Il dato è «grezzo» e comprende i pensionati tutelati dalla cosiddetta clausola di garanzia che oggi il decreto prevede per assicurare un ritocco parziale agli assegni che stanno appena dopo il limite delle due volte il minimo e che rischiano di vedersi sorpassati dalla rivalutazione degli assegni sotto soglia di qualche euro. Complessivamente se i pensionati del 2010 fino a due volte il minimo (936,7 euro al mese) erano circa 7 milioni (53% del totale dei 16,4 milioni di pensionati) alzando l'asticella fino a tre volte il minimo (1.403 euro) si arriverebbe a garantire l'indicizzazione all'inflazione a 10,8-11 milioni di pensionati. Il costo dell'operazione, stando alle indicazioni date da deputati come Giuliano Cazzola (Pdl), potrebbe costare da 2,5 miliardi nel prossimo biennio (nel caso di adeguamento al 100% rispetto al tasso di indicizzazione Istat) a 1,75 miliardi (nel caso di rivalutazione al 70%). In particolare, prevede il parere, «si valuti la possibilità di garantire una forma di copertura rispetto all'andamento del costo della vita anche ai trattamenti compresi fra due e tre volte il minimo, compensando le minori entrate mediante un incremento del contributo di solidarietà a carico delle pensioni più elevate (sia attraverso una revisione in aumento della quota di prelievo per quelle pari almeno a 20 volte il minimo Inps, sia attraverso un abbassamento dell'importo delle pensioni delle pensioni cui si applica il contributo) e/o mediante l'introduzione di un contributo di solidarietà sulle cosiddette «baby-pensioni», limitato all'importo superiore al minimo, e/o incrementando la percentuale di intervento sui cosiddetti capitali scudati».
Secondo Cazzola si tratta di una proposta che, come le altre messe a punto, «si muove all'interno del disegno riformatore contenuto nel decreto senza alterarne i criteri fondamentali». Il viceministro del Lavoro, Michel Martone, ha annunciato «interesse» per le proposte, purché si mantengano i saldi. Ieri, nel corso di un'audizione alle Commissioni Bilancio di Senato e Camera, il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, ha insistito molto sul rischio povertà cui sono esposti i pensionati a causa dell'impatto congiunto della manovra Monti e delle precedenti misure anti-deficit. Facendo riferimento a soglie leggermente diverse e aggiornate al 2009 (Casellario centrale pensionati), Giovannini ha fatto notare che la soglia per l'indicizzazione prevista dal decreto garantirebbe il mantenimento del meccanismo perequativo per 7,7 milioni di pensionati: «Per due terzi – ha detto – questi hanno più di 64 anni, in maggioranza sono donne e nel 36 per cento dei casi risiedono nel Mezzogiorno». Secondo i parametri europei di povertà relativa (il 60% del reddito mediano equivalente) ricadono in questa categoria il 29,8% dei percettori di una pensione inferiore ai 915,52 euro «per un totale – ha aggiunto Giovannini – di quasi 2,3 milioni di pensionati. E, di converso, il valore soglia identificato garantirebbe l'indicizzazione all'89,7% dei pensionati a rischio di povertà». Insomma, ha concluso Giovannini, l'insieme delle ultime manovre farà sì che nei prossimi anni la quota dei pensionati poveri è destinata a crescere anche con l'indicizzazione. Se poi l'estensione di questa giungesse sino agli assegni di 1.200 euro lordi mensili, «ciò consentirebbe di tutelare un ulteriore 6,5% dei pensionati a rischio di povertà (163mila)». |