Indecenza universitaria
Michele Boldrin, 13.12.2011
Caro signor ministro
Profumo,
mi rendo conto che
l’invito a riprendere di nuovo in mano la riforma dell’Università
italiana Le possa apparire bislacco. Non glielo farò, quindi, anche
se mi piacerebbe. Le chiedo invece di compiere due atti che mi
paiono perfettamente compatibili con i vincoli politici e temporali
sotto cui Lei opera. Sono atti semplici che potrebbero però inviare
un segnale forte al sistema universitario italiano e specialmente,
al suo interno, ai giovani ricercatori che cercano di emergere per i
propri meriti. Le saranno giunte all’orecchio le notizie di stampa
che circolano da giorni riguardo un concorso svolto
all’Università del Piemonte Orientale e finito in modo men che
trasparente. Si tratta della “Procedura di valutazione comparativa
per un posto di ricercatore nel settore scientifico-disciplinare
SECS-P / 01 (Economia Politica) presso la Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale ‘ Amedeo
Avogadro’, con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 97
del 7 dicembre 2010”.
Le riassumo i fatti essenziali rinviandola per i dettagli alla
petizione che un gruppo di giovani ricercatori
italiani ha rivolto al Rettore dell’Università. Il primo gesto che
La invito a prendere in considerazione è quello di apporre la Sua
firma a tale petizione. Risulta che la commissione giudicatrice
abbia chiuso i propri lavori proclamando vincitrice una fra i
tredici candidati. Da un esame attento dei tredici curricula risulta
difficile intendere la scelta compiuta, per complessa e soggettiva
che la procedura di valutazione possa essere. Infatti,
l’applicazione di ogni ragionevole criterio obiettivo di valutazione
conduce a escludere dal novero dei possibili vincitori proprio la
candidata giudicata idonea dalla Commissione.
Cito dalla petizione che Le sto chiedendo di firmare: “La
vincitrice rivela una produzione scientifica significativamente
inferiore a quella di tutti gli altri 12 candidati partecipanti alla
procedura di valutazione comparativa. In particolare, non presenta
alcuna pubblicazione su rivista, né internazionale né italiana, a
differenza di tutti gli altri [...] secondo le graduatorie
risultanti dall’applicazione dei quattro indici bibliometrici il cui
uso è comunemente riconosciuto nella disciplina di afferenza [...]
la vincitrice risulta invariabilmente ultima”.
Questi son fatti. Gli atti non sono stati ancora approvati dal
Rettore, quindi la decisione non è definitiva e potrebbe ancora
essere cambiata se il Rettore di quella università trovasse
l’incentivo per dare un’occhiata alla documentazione. È per questo
che ho firmato ed è per questo che La invito a firmare. Caro signor
ministro, Lei conosce meglio di me quante decisioni
concorsuali scandalose siano andate rovinando l’università
italiana da svariati decenni a questa parte.
Molte di queste decisioni, pur palesemente contrarie ai principi
meritocratici, sono ambigue abbastanza da rendere impossibile un
intervento censorio esterno che non rischi di finire nel labirinto
delle valutazioni soggettive. Vi sono però dei casi, come quello che
Le sto sottoponendo, in cui l’elemento oggettivo predomina e lascia
ben poco spazio al dubbio. Per questo Le chiedo di compiere un gesto
che sarebbe l’equivalente di tracciare una linea di demarcazione
sulla sabbia: oltre a un certo livello di decenza
non si può andare.
Fatta questa proposta me ne permetto una seconda, meno semplice ma
ugualmente fattibile. Sono convinto, caro signor ministro, che senza
una completa autonomia delle singole istituzioni
universitarie, autonomia che permetta loro di competere
meritocraticamente, non porremmo mai fine allo scempio concorsuale.
In attesa che l’autonomia venga finalmente adottata, credo sia però
possibile limitare i danni generalizzando lo strumento della
pubblicità: ossia esponendo alla pubblica attenzione i casi più
eclatanti di violazione della meritocrazia.
A questo fine le chiedo di contemplare la creazione, per grandi aree
di ricerca e insegnamento, di commissioni di probiviri
internazionali il cui unico compito sia quello di produrre
valutazioni pubbliche, seppur non legalmente vincolanti, dei
risultati dei concorsi. Son certo che, per la maggioranza dei casi,
i probiviri non avranno nulla da eccepire. Ma per quell’X % in cui i
risultati oscillano fra l’assolutamente scandaloso e l’altamente
discutibile, la pubblica valutazione potrebbe forse aiutare a
scongiurare il peggio. Il numero di prestigiosi accademici italiani
che lavorano stabilmente all’estero è oramai molto abbondante in
ogni maggiore disciplina, il che permetterebbe di tenersi alla larga
da eventuali conflitti d’interesse.
Son due piccoli
gesti, signor ministro, ma, in attesa d’una riforma vera che forse
non arriverà mai, son due gesti che potrebbero aiutare i
giovani meritevoli a rimanere nell’università italiana.
Cari saluti,
Michele Boldrin
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/15/indecenza-universitaria/177562/