LETTERE AL DIRETTORE

Scuola media, rompere il muro
tra docenti, studenti, genitori

Alberto Macchia La Stampa, 1.12.2011

Caro Direttore, le scrivo, come docente di scuola media, in merito all’articolo pubblicato ieri dal Suo giornale, secondo il quale la scuola media sarebbe la peggiore in Italia: probabilmente ciò è vero, però non vengono menzionate, tra le cause di tale situazione, le condizioni degli studenti che la frequentano. Ebbene, gli studenti che dopo 5 anni di scuola primaria si presentano alla prima media sono del tutto «non scolarizzati» come si dice in termini tecnici: cioè del tutto incapaci di rimanere, per pochi minuti, seduti dietro un banco ad ascoltare la lezione (non dico concentrati per capire, perché sarebbe pretendere troppo!); però capacissimi di trovare qualsiasi pretesto per distrarsi, disturbare i compagni e il docente che cerca di fare il suo meglio, e ovviamente per uscire dall’aula in cerca di svago nei bagni o altrove. Se la scuola primaria italiana è, come si dice, una delle migliori del mondo, come mai gli studenti dopo 5 anni non sanno ancora come comportarsi?
Stendiamo poi un velo pietoso sulla preparazione culturale di tali studenti, che arrivano in prima media, a volte, senza conoscere le operazioni aritmetiche o le regole grammaticali basilari. Inoltre va preso in considerazione il rapporto tra le famiglie e la scuola: genitori disposti a raccontare le storie più incredibili pur di giustificare i propri figli dinanzi a qualsiasi addebito disciplinare; sempre arroganti nei confronti dei docenti, che probabilmente considerano una sorta di baby sitter a basso costo; e così via ci sarebbe da scrivere un libro...

Vorrei far notare che l’età degli studenti adolescenti è particolarmente critica: se non si effettua un lavoro adeguato di educazione da parte sia delle famiglie sia della scuola primaria, difficilmente si potrà rimediare quando gli ormoni cominciano ad agire; certo nella scuola superiore la situazione migliora leggermente, seppur non di molto, perché poi (sempre più tardi) subentra anche un minimo grado di maturità. Infine mi pare che anche gli autori della ricerca pecchino d’indulgenza verso gli studenti quando notano che molti di essi si «annoiano» a scuola: da che mondo è mondo la scuola è un dovere, e in una certa misura una costrizione (come il lavoro, al quale dovrebbe essere propedeutica), e non un parco giochi nel quale si va per divertirsi!

ALBERTO MACCHIA

Le lettere che riceviamo sulla scuola raccontano spesso di un’incomprensione crescente tra famiglie e insegnanti, che si rimpallano le responsabilità di fallimenti e difficoltà scolastiche. In mezzo, a farne le spese, gli studenti.

Il professore che ci scrive ha certamente ragione quando sottolinea come oggi troppi genitori abbiano rinunciato a responsabilizzare i figli mettendo in atto una difesa d’ufficio di fronte ad ogni critica: così non fanno altro che crescere cittadini deboli e non capaci poi di affrontare le difficoltà e le sfide della vita.

Gli insegnanti dall’altra parte dovrebbero rendersi però conto che coinvolgere i ragazzi dovrebbe essere una priorità, che non ci può essere un gap così profondo tra la scuola e il mondo tecnologico in cui gli studenti vivono. Aggiornare le didattiche e provare a rompere il «muro» che si viene a creare è doveroso, così come dovrebbe essere doverosa un’alleanza tra genitori e professori, l’unica capace di farci progredire.