IL COMMENTO

Queste mille storie dalle scuole
che disegnano una società ingiusta

alle classi sono arrivati a Repubblica.it i racconti di una vera emergenza, tra programmi paradossali, sorprendenti richieste ai docenti, profonde differenze tra aree del Paese. Chi vuole un'Italia bloccata?

Giuseppe Smortola Repubblica 29.9.2010

La scuola è una galassia di micro-storie, con situazioni e condizioni che cambiano da un'aula all'altra: c'è l'insegnante motivato e quello frustrato, la classe modello e quella con il bullo, il quartiere-bene e quello disagiato. Ma mai come quest'anno - grazie ai mille racconti arrivati a Repubblica.it 1- abbiamo la percezione di un'emergenza. Un'emergenza grave che non va sui telegiornali, che non scuote le coscienze, che tocca poco i partiti. Passata l'ansia per lo zainetto pesante, comprato l'ultimo gadget, deleghiamo il futuro dei nostri figli e del nostro paese a un'istituzione in crisi grave: abbandonata, senza soldi, con una incredibile schizofrenia nei programmi. Si può togliere la geografia al Nautico, la storia dell'arte al classico? Si può.

C'è una classe, a Torre Annunziata, con 54 alunni. Ce ne sono altre che hanno cambiato l'intero corpo docente. Non è tutta colpa della Gelmini, troppo semplice. Pensate alla differenza fra le scuole del Nord e quelle del Sud, ad esempio. Quella sì storica. Ma le belle realtà del Nord reggono grazie agli insegnanti del Sud, quelli che Bossi vorrebbe rimandare indietro. Possiamo dare a questo governo la colpa della mancata diffusione dell'inglese? Possiamo solo lamentarci delle promesse non mantenute. La scuola è un passaggio di due sillabe nel discorso di Berlusconi: "Abbiamo raggiunto risultati positivi". Prego, farsi un giro sul territorio.

Abbiamo via via pensato che la scuola non fosse importante, fino a distruggere il modello delle elementari, quello sì portato ad esempio in tutta Europa. Un taglio dei costi al buio, i precari buttati via, un sistema che si basa incredibilmente sul volontariato: presidi e direttori che cercano di tappare i buchi, docenti che insegnano materie di altri, supplenti che aspettano alla stazione una chiamata last minute.

Gli effetti sono titoli di cronaca e di costume. Una cattiva scuola produce cattivi ragazzi, disadattamento, abbandono. Magari l'adolescenza dava gli stessi sconquassi trent'anni fa, ma forse quella di oggi ha bisogno di una maggiore protezione e attenzione.

Le scuole private sold out, le scuole alternative 2 che cercano di sopperire alle carenze della scuola pubblica. I genitori che si organizzano 3. I racconti incredibili: maestri che finito il turno vengono trattenuti in servizio - gratis naturalmente - perchè il\la supplente che doveva arrivare a Roma da Aversa, Napoli, Caserta ecc. non fa in tempo. I titolari stanno anche 8 ore con i bambini. Mentre i sindacati hanno firmato un accordo in base al quale i supplenti possono coprire anche un raggio di 200 chilometri. E quando il supplente arriva, se arriva, è talmente stravolto - come scrive Ludovica Muntoni - che tutto ha in mente tranne che intrattenere un rapporto educativo con i bambini. Fra l'altro se un supplente spunta a mezzogiorno, fa un'ora di servizio e gli viene pagata tutta la giornata. Intanto le titolari in servizio hanno dovuto fare scuola anche con 40 bambini. Amenità di ogni genere.

Sotto l'ombrello scuola quindi ci sono i posti che mancano alla materna, o scuola dell'infanzia, come tanti illuminati avrebbero voluto chiamarla. Le elementari con i maestri a intermittenza, le medie che accorpano l'orario, i licei smembrati, l'università. E soprattutto. il dialogo fra sordi sulla meritocrazia e sulla formazione.

Se si tagliano solo i costi, il massimo in cui posso sperare è che ci sia una maestra di ruolo. E se ho due soldi da parte, scelgo per mio figlio l'Università privata che sembra Harvard o quella pubblica bloccata dalle proteste dei ricercatori? Scelgo il privato che spesso ha corsie preferenziali nel mondo del lavoro, o il pubblico spesso in mano ai baroni e alle parentele?

E' questo il maggior pericolo che stiamo correndo: una società bloccata, senza ascensore sociale. Una società profondamente ingiusta.