lettere al direttore Chi sono i precari? Una doverosa risposta ad una campagna denigratoria Il Corriere della Sera, 8.9.2010 Al Direttore del Corriere della Sera
In merito a “l’intervento” di Attilio Oliva, direttore di TreeLLLe, da voi pubblicato in cronaca il 7 settembre dal titolo “I precari e il sistema dei prof mai valutati” (*), siamo certi vorrete dare spazio alla doverosa risposta di chi è oggetto e bersaglio del suddetto articolo. Esso si iscrive in una campagna denigratoria e di demonizzazione nei confronti dei docenti precari che ha visto protagonista lo stesso Ministro dell’Istruzione e che ha il chiaro intento di rendere più digeribile, se non auspicabile, per l’opinione pubblica, stroncare le carriere di alcune decine di migliaia di insegnanti. Peccato che spesso quell’opinione pubblica sia composta proprio dai nostri alunni e dalle loro famiglie e che convincerli pregiudizialmente che il loro prof è una capra ignorante non giova al crearsi di un proficuo rapporto educativo. Poco male, sappiamo che dal letame nascono i fior e cerchiamo di cogliere qualcosa di buono anche dall’articolo in questione. In particolare ci pare pregevole la capacità dell’autore di rinunciare ad inutili filtri ed esplicitare quanto nei discorsi della Gelmini e nelle chiacchiere da bar resta sotteso: la qualità degli insegnanti precari non è stata mai valutata. Per riassumere tutto il contenuto dell'articolo sarebbe bastata la seconda frase: “Chi sono i precari? Sono coloro che hanno effettuato supplenze con incarichi a tempo determinato, annuali o brevi, in possesso di un semplice titolo di studio, cioè senza aver superato un esame selettivo equivalente all’esame di Stato per l’esercizio di certe professioni.” Una frase che sovverte interamente la realtà, senza un briciolo di pudore. Va sottolineato che l’autore non parla di chi tra noi può accedere solo alla nomina dei presidi, perché ha cominciato ad insegnare in tempi recentissimi e non ha avuto alcuna possibilità di abilitarsi all’insegnamento, perché da due anni non esiste alcuna forma di reclutamento. Il direttore di TreeLLLe si riferisce proprio, come scrive più avanti, ai docenti “inseriti in una graduatoria permanente”, cioè agli stessi che in questi giorni si sono affollati negli Uffici Scolastici Provinciali nella speranza di ottenere una cattedra. Corre l’obbligo di precisare che questi docenti hanno TUTTI indistintamente superato un “esame selettivo equivalente all’esame di Stato”. Esame che, non a caso, si chiama “esame di Stato per l’abilitazione per l’insegnamento”. Per il dottor Oliva non è equivalente a quello “per l’esercizio di certe professioni”? Può darsi: alcuni tra noi sono architetti, ingegneri o avvocati iscritti ai rispettivi albi, quindi conoscono quegli esami e questi, ma non si permetterebbero mai di metterli a confronto, né di affermare che quelli per l’insegnamento siano meno selettivi. Ristabiliamo i termini reali della questione. Da quando, nel 1999, 12 anni fa, è stato indetto l’ultimo concorso per l’insegnamento, chi come noi ha scelto di insegnare ha dovuto: 1. Conseguire il semplice titolo di studio del quale parla l’autore, cioè una laurea in tutto simile alla Sua o a quella del Ministro; 2. Superare esami spesso molto selettivi, veri e propri concorsi, per acquisire il diritto a frequentare le Scuole per la Specializzazione all’Insegnamento, rigidamente a numero chiuso; 3. Frequentare (con obbligo e pagando per intero profumate rette) per due anni i corsi di Scienze dell’Educazione e dell’area specifica di insegnamento, tenuti da docenti universitari e esperti del settore (Dirigenti, docenti anziani, ecc…) 4. Superare i diversi esami universitari relativi ai corsi di cui sopra; 5. Svolgere un periodo di tirocinio all’interno delle scuole, affiancando un docente di ruolo e sotto la supervisione di un tutor, relazionando costantemente sulle attività svolte; 6. Presentare una tesi conclusiva del Corso di studi; 7. Sostenere la prova scritta dell’esame di Stato per l’insegnamento, quindi, se ammesso, sostenere la prova orale con commissione al completo. Abbiamo quindi dovuto superare diversi livelli di selezione che hanno previsto, peraltro, molti di quegli elementi che il dottor Oliva presenta come proposte rivoluzionarie per "cambiare" il reclutamento: non solo l’esame di stato, ma anche tutoraggio, tirocinio, numero chiuso e specializzazione universitaria. Di più: molti di noi, prendendo sul serio gli inviti della Moratti ad una “formazione permanente”, hanno poi conseguito altre abilitazioni, la specializzazione per il sostegno e mille altri percorsi di formazione, investendo, oltre alle proprie energie e anni di vita, anche diverse migliaia di euro. Siamo entrati in graduatorie provinciali (non nazionali, come si dice erroneamente nell’articolo) e da lì ci han chiamato i provveditori a svolgere incarichi ogni anno diversi. Li abbiamo ricoperti con professionalità e sapendo che prima o poi sarebbe toccato anche a noi meritare una scuola tutta “nostra”, dove poter “costruire” per oltre un anno. Nasciamo da una programmazione ministeriale, da un numero di posti non determinato da noi e che era evidentemente calcolato sulle esigenze della scuola per come era fino al 2008. Poi si è deciso di disegnare una scuola con meno ore, meno compresenze, meno sostegno, meno attività diverse dalla lezione frontale, meno laboratori… da allora molti di noi, non tutti, sono diventati una zavorra da scaricare. Non possono dirci: “arrivederci e grazie”, quindi ci scacciano a calci nel sedere e cercano di farci passare per ladri. Lo fanno stravolgendo la realtà e, che è più squallido, lo fanno sapendo di mentire. Il dottor Oliva, direttore di TreeLLLe, associazione vicina a Comunione e Liberazione, già Responsabile Scuola di Confindustria e membro della “Commissione per la deontologia professionale del personale docente” voluta dalla Moratti, “non può non sapere” che ciò che afferma è falso. Mescola le carte, attribuisce alla Scuola Statale i vizi che spesso fanno parte della cultura delle Scuola private, di quelle confessionali in particolare, laddove il reclutamento avviene per decisione insindacabile dei dirigenti e prescinde spesso dal possesso del titolo abilitante, dovendo premiare l’adesione militante dell’aspirante docente. In quei casi, sì, la qualità non è un parametro importante: quel che conta è che l’utente paghi bene e se per incrementare gli iscritti non è sufficiente la prospettiva di un diploma facile, beh, ci pensa la Gelmini a sbaragliare la concorrenza distruggendo la scuola statale.
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