IL COMMENTO

Lo Stato tra quei banchi

 Michele Serra la Repubblica 19.9.2010

MIRACOLO a Roma. Il ministro Gelmini ha chiesto alla direzione scolastica di Adro di far rimuovere i simboli "padani" dalla locale scuola pubblica (ci vorrà tempo, perché ci vorranno gli scalpelli...). Meglio tardi che mai: ci sono voluti dieci giorni perché una lesione così smaccata della convivenza repubblicana ricevesse un "alt" doveroso, ma non scontato in questo clima politico e con questo assetto di potere.

Dieci giorni nel corso dei quali, per fortuna, l'opposizione a quella prepotenza si è auto-organizzata in cento rivoli, affollando i blog di protesta, scrivendo ai giornali, organizzando un presidio (ieri), facendo pressione sui partiti di opposizione, facendo breccia in quei settori del centrodestra che ancora conoscono le regole comuni, in esse si riconoscono, ad esse vogliono attenersi: prima tra tutte, la neutralità almeno "fisica" di un edificio scolastico, per la prima volta nella storia democratica trasformato nel tempio di una fazione.

Ma il merito principale di questo dietro-front (e probabilmente l'input che ha riacceso il motore della razionalità al ministero dell'Istruzione, dopo un black-out di parecchi giorni) è di quei genitori di Adro, circa un quarto del totale, che hanno protestato, e in qualche caso ritirato i figli da scuola. Non sono intellettuali di sinistra, non sono politicanti, non sono agitatori di piazza, non sono "stranieri": sono cittadini lombardi, non importa di quali opinioni politiche, che hanno considerato inaccettabile mandare i figli a studiare in una scuola di fatto privatizzata dalla giunta leghista.

Non dev'essere facile, a Adro, mettersi di traverso. L'abitudine di identificare la Lega con il "popolo", con i suoi interessi e la sua volontà, non facilita il dialogo con chi, pur essendo "popolo" con pieno diritto, non si sente rappresentato dal Sole delle Alpi, dalla "padanità", dal pendolo continuo tra promesse di federalismo e minacce di secessione (i due termini, tra l'altro, a furia di essere le due facce dello stesso randello, rischiano di diventare indistinguibili).

Chissà se il sindaco di Adro, di fronte al putiferio scatenato dalla sua scuola minutamente istoriata di simboli "padani" e intitolata a Gianfranco Miglio (ideologo dell'etnos), avrà qualche dubbio sul proprio operato. Chissà se il "no" di una parte minoritaria ma non piccola della sua cittadinanza gli parrà un atto di odioso boicottaggio contro il radioso futuro leghista, o il ragionevole richiamo alla realtà da parte di chi vuole fargli sapere che esiste anche un Nord non leghista. Sarebbe importante saperlo, che cosa pensa in cuor suo il sindaco Lancini, e che cosa pensano i suoi tantissimi elettori che hanno avuto la capacità di autofinanziarsi per arredare quella scuola, ma non la generosità di pensarla, quella scuola, per tutti quanti, non solo per i bambini "padani". Sarebbe importante saperlo per capire fino a che punto la mentalità leghista profonda, così invaghita di fole etniche, così devota alla chiusura del "noi" contro "gli altri", è tentata dal totalitarismo (e certo avere concepito quella scuola è tipicamente totalitario); oppure se è ancora permeabile alla ragione, ancora riconducibile alle regole e alle leggi della Repubblica italiana.