IL CASO

"A nove anni non si può
andare a scuola da soli"

Trieste, il giudice: i genitori devono garantire l'incolumità del bimbo

Beniamino Pagliaro La Stampa, 22.10.2010

TRIESTE
Il tribunale dei minorenni di Palermo ha annullato il provvedimento di adottabilità emesso nei confronti una tredicenne. I genitori rischiavano di perdere la figlia «per inosservanza della frequenza scolastica». La decisione è stata cassata perché si è scoperto che la ragazzina non poteva andare a scuola perché affetta dalla nascita da una grave patologia. Un bambino di nove anni non può fare da solo il tragitto da scuola a casa, nemmeno se il «viaggio» è di duecento metri. Lo ha stabilito ieri il Tribunale di Trieste. La vicenda nasce a Buja, paesino a Nord di Udine. Da più di un anno, gli alunni delle scuole elementari dell’istituto comprensivo locale non possono lasciare la scuola da soli. Nemmeno il piccolo protagonista della vicenda, che abita appunto a duecento metri da scuola.

Ma la madre non si è rassegnata. Dopo il primo blocco imposto dalla dirigente dell’Istituto, Elisabetta Zanella, a novembre 2009 la donna ha ricevuto una notifica della Procura di Tolmezzo (Udine): i carabinieri avevano notato che i genitori non andavano a prendere il piccolo, l’avevano portato a casa, e segnalato il caso alla Procura. In meno di un mese la vicenda si era risolta con una veloce archiviazione.

Ma la questione si è riproposta ogni giorno. Prima la dirigente della scuola ha chiesto una permesso firmato per lasciare andare gli alunni. Poi, per tutelare dal punto di vista legale l’istituto e i docenti, ha imposto il divieto d’uscita per il bimbo che frequenta la quinta elementare. Non solo: nell’era delle paure, per documentare la pericolosità di quei duecento metri, la dirigente ha richiesto una perizia alla Polizia locale. Risultato: nel tragitto non sono esclusi «elementi di pericolosità».

«Molti si sarebbero fermati - ha raccontato ieri la madre, che ha preferito mantenere l’anonimato - ma io volevo andare fino in fondo». E allora il caso è arrivato sulla scrivania del giudice Giovanni Sansone, alla sezione civile del Tribunale di Trieste. Prima il togato ha cercato di favorire il dialogo. Poi, ieri, si è pronunciato sul ricorso della madre contro il divieto d’uscita, rigettando il diritto a decidere sull’educazione dei figli reclamato dalla donna.

La scuola non può sottrarsi ai suoi doveri - è stata in sostanza la motivazione del giudice - fra i quali rientrano anche quelli della tutela e dell’integrità degli alunni nel percorso scuola-casa. Oltre alla beffa, per la famiglia del piccolo scolaro, c’è pure il danno, perché ieri il giudice ha anche condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

«L’incolumità della vita del bambino prevale anche sul principio di educazione all’autonomia dello stesso minore», ha commentato ieri Daniela Beltrame, direttore scolastico del Friuli Venezia Giulia, ricordando «l’orientamento della Cassazione contrario ad accordi taciti o anche scritti tra scuole e famiglie su questo tema».

La madre ricorrerà in appello: «Mi viene il dubbio che sia tutta un’esagerazione sulla sicurezza. Cerco di insegnare a mio figlio che si deve guardare attorno - ha spiegato -, tra un mese e mezzo avrà dieci anni, a noi sembra giusto così». La donna, che con il marito gestisce un'azienda in Friuli, ha sottolineato di «fare questa battaglia anche per i tanti paesini dell’Italia in cui ci sono problemi del genere».