Portogallo. Quando la valutazione
diventa un’ossessione
che stravolge la didattica

Piero Morpurgo, FGU – Gilda Vicenza 18.10.2010

L’ossessione della valutazione, ben delineata da Giorgio Israel che dimostra -storicamente e scientificamente[1]- come la “cultura non si misura” e che il mito delle valutazioni oggettive annichila ogni soggetto, la si può ben percepire nel sistema scolastico portoghese.

In verità il Portogallo ha anche mete ambiziose per il futuro dell’istruzione: il Programa Educação 2015 che si spinge fino al 2021[2] con la Rede de Bibliotecas Escolares (RBE) o Plano Nacional de Leitura (PNL) e o Plano Tecnológico da Educação (PTE) ci fa intravedere degli orizzonti che in Italia stanno scomparendo visto che la Biblioteca Nazionale di Firenze salvata dal fango dell’alluvione del 1964 sta per scomparire nel fango dell’indifferenza[3]. Al contrario il Portogallo -dal 2006- ha varato un piano finanziario di sostegno a tutte le biblioteche e in particolare per quelle scolastiche[4].

Il Programa Educação ha punti significativi e meritevoli: l’obbligo scolastico a 18 anni; la rete del prestito librario, l’aumento delle ore di insegnamento.

Tuttavia il decreto legge 75/2010 voluto dal ministero portoghese fa trasparire scenari inquietanti: tutta la scuola verrà sottoposta a valutazione e questa influirà sulle retribuzioni degli insegnanti. Con un processo a cascata, i docenti più anziani valuteranno i più giovani con un sistema talmente rigido per cui la valutazione di “Insuficiente implica a impossibilidade de o docente se candidatar, a qualquer título, à  docência no próprio ano ou no ano escolar seguinte” (art. 31). Due anni di esclusione dall’insegnamento attraverso una modalità estremamente discrezionale!

Inoltre la progressione di carriera e di stipendio dal terzo al settimo “scalone” dipende da un’organizzazione della valutazione che prevede: l’essere stati valutati ‘buoni’ almeno 2 volte, l’aver frequentato corsi di formazione obbligatori, essere stati sottoposti ad osservazione del comportamento in aula (art. 37).

Tutta questa procedura, che potrebbe avere anche qualche aspetto positivo, verrebbe utilizzato per: “Diferenciar e premiar os melhores profissionais no âmbito do sistema de progressão da carreira docente; Promover o trabalho de cooperação entre  os docentes, tendo em vista a melhoria do seu desempenho; Promover um processo de acompanhamento e supervisão da prática docente;Promover a responsabilização do docente quanto ao exercício da sua actividade profissiona” (art. 40).

Differenziare e premiare è un principio che rende inquieti soprattutto quando non si dice chi sarà questo ‘jury’ incaricato dell’operazione (art. 43) e non si prevede la variabile del cambiamento delle classi e anche perché non si considera che i docenti non sono delle macchine non soggette a ‘deterioramento’ o al ragionevole mutare dell’animo umano. Lascia ulteriormente perplessi i settori oggetto della valutazione e in particolare l’ultimo punto: “a) Preparação e organização das actividades lectivas (lezioni); b) Realização das actividades lectivas; c) Relação pedagógica com os alunos; d) Processo de avaliação das aprendizagens dos alunos” (art. 45) giacché la capacità di apprendimento degli studenti è soggetta a moltissime variabili (estrazione sociale, percorso scolastico precedente, immigrazione, etc.) sicché un insegnante assegnato a classi turbolente non avrà mai la possibilità di passare di grado (anche qui ci vorrebbe l’indice di svantaggio cui accennava Lucia Chiara Vitale in PD di ottobre a p. 6).

Un metodo di valutazione burocratico, squilibrato, autoritario influisce negativamente sull’attività didattica. Per questi motivi i sindacati della scuola portoghese hanno chiesto il ritiro di una mostruosa catena burocratica in base alla quale alcuni docenti vengono inviati a osservare il lavoro dei colleghi e po gli ‘ispettori’i, a loro volta, sono sottoposti ad esame da un superiore.

Dal canto loro gli insegnanti denunciano che: "Somos obrigados a produzir documentos de centenas de páginas até ao final do ano lectivo, somos autenticamente perseguidos por um sistema de avaliação que visa 'roubar' cerca de 30 a 40 por cento do salário a 75 por cento dos professores"[5]. Ecco: con la scusa della valutazione aumentano le incombenze e si rischia la decurtazione del salario fino al 40%. Inaccettabile!

Il proceso di valutazione ha comportato che, da alcuni anni, le scuole del Portogallo siano state sottoposte a incessanti accertamenti volti a stilare classifiche delle scuole. Queste inchieste si svolgono mediante questionari nazionali[6], simili a quelli INVALSI, e dalle risposte degli studenti si elabora il grado di ‘ranking’ così vien chiamato il livello di una scuola. A questo proposito Paul Guinoté, professore di storia dell’educazione, osserva che il sistema appare disequilibrato in quanto occorrerebbe un’agenzia esterna per la valutazione, un ente estraneo al Ministerio de la Educaçao e un sistema di esami trasparente e non condizionabile dalla politica[7] (conclusioni simili sono quelle di Silvano Tagliagambe)[8]. Nel frattempo i quotidiani portoghesi si riempiono di dati e tabelle relative ai ‘ranking’: un terzo degli istituti risulta insufficiente[9]; pagine e pagine del Jornal Publico sono piene di tabelle relative ai punteggi di 608 scuole da cui emerge che i migliori istituti sono quelli privati[10].

Timori rafforzati dalla dichiarazione a O Jornal Economico del ministro Isabel Alçada per cui il personale della scuola andrà incontro a severe sanzioni se non svolgerà il lavoro nella “melhor forma” senza specificare come tutto ciò avverrà[11]. Intanto il mondo delle imprese preme perché le scuole abbiano "lideranças fortes" ovvero dirigenti con pieni poteri al fine di “ottenere risultati che si vedano”[12].

La metodologia che si sta delineando preoccupa moltissimo la Federação Nacional dos Sindicatos da Educação[13] che ha elaborato un questionario[14] per capire quale sia l’aggravio di lavoro per i docenti diventati elaboratori di ’ranking’ e sottoposti a una valutazione burocratica.

Il panorama, preoccupante e contraddittorio, è reso più fosco dall’ultima determinazione  del ministro dell’istruzione: imporre per legge il successo formativo e la riduzione dei “chumbos” (piombi) ovvero dei bocciati idea che l’Expresso giudica fortemente in contrasto con gli altri punti del programma di governo[15]. E stride ancor di più la delibera di un’amministrazione socialista che -per far fronte alla crisi- ha tagliato del 5% lo stipendio dei dipendenti pubblici che guadagnano 1.500 euro al mese[16].

Tutto ciò per la Federação Nacional dos Sindicatos da Educação genera “insegurança e desconfiança”; pertanto “é imperioso exigir o fim das políticas de empobrecimento dos trabalhadores portugueses”. La FNE è indignata e -il 7 ottobre scorso-  ha chiesto al governo portoghese di:

- garantir um serviço público de educação de qualidade;

- eliminare l’impatto delle manovre economiche su stipendi e pensioni;

-combattere gli sprechi dell’amministrazione statale;

-negociar políticas fiscais justas;

-stabilire una politica di dialogo con i sindacati[17].

L’insistente riproposizione della “necessità della valutazione” svincolata da una seria analisi delle condizioni della Scuola rammenta la novella di Eça de Queiroz (lo Zola del Portogallo) intitolata Civiliçao ove i protagonisti non riescono a interrompere la voce del nuovo fonografo, apparecchio che ripete ossessivamente: “Nessuno riuscirà ad ammirare i progressi di questo secolo” senza spiegare il messaggio. Analogamente nel mondo della Scuola sta diventando martellante l’idea per cui “la valutazione è necessaria”, ma non si chiarisce quale sia il significato e tantomeno quali siano gli scopi culturali e didattici poiché spesso questo processo ragionevole nasconde obiettivi politici e finanziari inaccettabili.

 

                                                                                              Piero Morpurgo

                                                                            FGU – Gilda Vicenza