Attività aggiuntive: molte sono Pasquale Almirante, AetnaNet 30.10.2010 Sono moltissime ormai le scuole che deliberano a stragrande maggioranza di bloccare tutte le attività aggiuntive all'insegnamento e in modo particolare i viaggi di istruzione, mettendo però talvolta in agitazione permalosa le famiglie che non si rendono conto della lotta che i docenti devono affrontare per avere garantito ciò che lentamente loro viene tolto e con un imperio legale mai visto prima. Decisioni, quelle dei collegi dei docenti, prese con rammarico perché c'è l'evidente consapevolezza del valore formativo delle visite di istruzione, ma nulla può nascondere la profonda indignazione che si prova di fronte ai provvedimenti assunti negli ultimi mesi nei confronti della scuola pubblica. Provvedimenti che avranno, sostengono i professori, come immediata conseguenza il peggioramento della qualità dell'offerta formativa, e che, in prospettiva, acuiranno i divari sociali, riducendo ulteriormente le possibilità, per i giovani, di una vita dignitosa nel nostro Paese. Il taglio di risorse inoltre rende molto difficile, o di fatto impossibile, intervenire a favore dell’integrazione degli studenti diversamente abili o degli stranieri, insieme al miglioramento dei risultati di apprendimento, del sostegno e della promozione sociale. Oltre a ciò, sono da aggiungere le misure che colpiscono direttamente gli insegnanti, causando loro conseguenze molto gravi dal punto di vista economico e professionale: la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, il blocco per 3 anni della contrattazione nazionale col conseguente congelamento dei giusti aumenti legati all'inflazione, il blocco della progressione di carriera, mentre non bisogna dimenticare l'ultima trovata ministeriale che ha tolto la pur risibile diaria giornaliera per accompagnare i ragazzi in viaggio di istruzione all'estero. Forse ce ne è abbastanza per fare capire la gravità delle misure prese dal Governo e del disagio che si avverte a scuola; e forse pure per coinvolgere le famiglie nella protesta anche perché non c'è ente pubblico né privato che non riconosca, oltre alle spese di viaggio, di vitto e di alloggio, anche una diaria aggiuntiva che però, per la delicatezza del compito, è sempre pochissima per un docente, visto che deve vigilare su 16/20 ragazzini pronti a tutto quando sono fuori dal controllo dei genitori. Ma il blocco delle attività aggiuntive all'insegnamento è andato anche oltre in molte scuole superiori, rifiutando di deliberare le nuove adozione dei libri di testo o di prestare supplenze oltre le 18 ore settimanali o di accettare attività di recupero e perfino di accollarsi ore eccedenti che in questo modo non vengono tolte ai precari che hanno comunque consentito, e consentono ancora, il buon funzionamento della istruzione. Dal punto di vista dei professori non solo è una iniziativa opportuna ma anche coraggiosa e forte per non passare da masochisti, considerati i comportamenti complessivamente penalizzanti solo la scuola e i suoi operatori contro i quali c'è stata una sorta di escalation delegittimante, partita prima come fannullonismo, ignoranza, neghittosità e conclusasi con l'umiliazione di vedersi non riconosciuti nemmeno i diritti essenziali, fra cui il più odioso è la negazione degli scatti sessennali di anzianità che rimangono però per tutti gli altri del pubblico impiego: forse che i “maestri” sono categoria a parte e possono ben vivere solo di sapere e di cultura, come di recente ha sostenuto il ministro Tremonti? Il fatto poi che alcuni genitori non abbiano solidarizzato con questa protesta rientra perfettamente nella logica con cui la scuola finora è andata avanti, considerato che la gran parte dei docenti si spende senza pretendere riscontri né morali (la stima) né materiali (i compensi dovuti). Ma non solo. Le famiglie da qualche decennio a questa parte hanno demandato alla scuola perfino il compito di educare la loro prole e spesso si mettono addirittura in conflitto con essa quando i figli vengono bocciati o puniti. Molti genitori stanno scambiando le aule per una sorta di grande fratello, una mega tv davanti alla quale posteggiare i figli lasciando ai professori l'incombenza sia della loro istruzione, sia della loro educazione e perfino quella di portarli in gita al posto loro. Quando dunque una categoria così terribilmente umiliata, la più bistrattata d'Europa e contro cui si è stata montata una campagna di discredito capziosa, cerca di fare valere un minimo di garanzie legali e contrattuali, ecco strisciare nuove accuse, dimenticando che se i ragazzini hanno il diritto alle attività aggiuntive, i professori hanno quello del riconoscimento del loro lavoro e se questo è strumentalmente disatteso e umiliato non si capisce perché non debbano reagire, coinvolgendo i fruitori della loro opera e della loro arte, che sono appunto gli scolari e le loro famiglie. Scelte fatte a malincuore certamente, ma quale altro strumento hanno loro in mano? Ricordiamo in ultimo che pure il blocco degli scrutini è stato cassato dal comitato di garanzia come forma di protesta e sempre per consentire alle famiglie di farsi le ferie in pace, togliendo così un'altra arma assai pesante in mano ai docenti. E allora, quale altro proiettile resta loro nel fucile per mettere nel mirino il loro disagio? |