Scioperi nella Pa, di Alessandro Giuliani La Tecnica della Scuola, 22.10.2010 La rilevazione è stata realizzata dal ministero della Funzione pubblica e consegnata dal ministro Brunetta alle due Camere con la tabella della Relazione sulla stato della Pa. Il numero appare davvero esagerato: basti pensare che l’Università, dove il malcontento per tagli e riforme non è da meno, ne ha organizzate solo quattro. Ma probabilmente il nodo risiede nelle rigide e poco lungimiranti strategie dei sindacati del comparto istruzione. Il 2009 ha rappresentato per la scuola un anno record. Almeno per quel che riguarda gli scioperi: si sono infatti materializzate tante, tantissime, astensioni dal lavoro. Quasi sempre proclamate dai sindacati per contestare i forti tagli al comparto attuati dal Governo e l’approvazione di riforme che in troppi casi hanno rappresentato lo strumento per applicare le economie ricorrendo ad operazioni come il ridimensionamento degli organici, la compressione di sempre più studenti, il dimensionamento delle sedi e via dicendo. Ora, considerando anche l’obbligo di indire uno sciopero non prima di una settimana dall’ultimo svolto, possiamo dire che lo scorso anno si sono susseguiti quasi al ritmo di due al mese. Il dato, veramente esagerato, è contenuto tabella della Relazione sulla stato della pubblica amministrazione consegnata in questi giorni dal ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, alle Camere. Nella tabella che riporta il numero di proclamazioni, a livello nazionale, inviate al Dipartimento della funzione pubblica, si legge che complessivamente gli scioperi che hanno riguardato il pubblico impiego nel 2009 sono stati 31. Ma tra questi il settore maggiormente colpito è stato proprio quello della scuola, che ne ha registrati ben 20. Certo, nel computo entrano anche gli stop non necessariamente generali, ma anche parziali (per alcune ore della giornata lavorativa). Però il numero è talmente più alto rispetto a quello fatto registrare a tutti gli altri settori della Pa (ad esempio l’Università, anche’essa alle prese con tagli e riforme ne ha organizzati solo quattro), da far pensare che nell’organizzazione sindacale del comparto scuola vi sia qualcosa da rivedere. Non basta, infatti, ricordare che tra docenti e Ata l’istruzione raccoglie qualcosa come un milione di dipendenti su tre e mezzo totali del pubblico. Le quali hanno necessariamente più sigle sindacali a rappresentarli. È probabile, piuttosto, che dietro alla mobilitazione ‘spezzettata’ della scuola vi siano almeno due fattori: prima di tutto l’alto numero di sigle sindacali poco rappresentative, le quali proprio sugli scioperi hanno un potere tutt’altro che marginale. Basti pensare a quel che sta accadendo in questi giorni, con la Flc-Cgil, che potrebbe essere costretta a posticipare l’astensione di un ora dal servizio proclamata per il 25 ottobre proprio a causa dell’alto numero di scioperi già proclamati per lo stesso periodo. Ma anche l’eccessiva litigiosità dei rappresentanti sindacali, che se in altri ambito riescono spesso a trovare un punto d’incontro in quello scolastico appaiono restii al dialogo ed al compromesso. Delle prerogative, quest’ultime, che dovrebbero invece essere proprio alla base della mission sindacale.
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