Latino alle elementari? da Tuttoscuola, 19.10.2010 Riscuote pochi consensi la proposta dell’assessore alle Politiche scolastiche di Roma, Laura Marsilio, di introdurre su base volontaria alcune nozioni di latino già dalla scuola primaria al fine di favorire “un primo insegnamento di una cultura che si deve recuperare”. Un’idea non nuova, ritenuta dagli esperti poco praticabile soprattutto se riferita al livello degli alunni di scuola elementare, già impegnati nell’apprendimento dell’inglese, oltre che dell’italiano. Nettamente contrario si dichiara Francesco Scrima, segretario della Cisl Scuola (e maestro elementare), che parla di “proposte estemporanee, più provocatorie e stravaganti che calibrate sulle esigenze degli allievi e della nostra società”, provenienti da “pedagogisti improvvisati”. Meno negativa la valutazione del Moige (Movimento italiano genitori), il cui responsabile scuola, Bruno Iadaresta, suggerisce di “dedicare parte delle ore che attualmente vengono finalizzate all'apprendimento dell'italiano allo studio delle sue radici”, a condizione però che poi il latino diventi “materia di insegnamento anche alle medie”. Ma il vero problema, prosegue Iadaresta, è quello di stabilire quali sono le priorità formative della nostra scuola, la promozione di abilità e competenze (saper fare) oppure di capacità logiche e problematiche (saper riflettere): “nel primo caso il latino non è funzionale (a che mi serve una lingua morta?); nel secondo caso il latino è fondamentale (come faccio a capire chi sono se non so da dove vengo?)”. Non si può non osservare che, messo in questi termini, il latino servirebbe a tutti, e che qualora fosse invece riservato solo ad alcuni, si trasformerebbe in un elemento discriminante già fin dalla scuola primaria. A parte che nel resto del mondo (compresi i Paesi con lingue neolatine) il latino non si studia, tantomeno nella scuola primaria. Si deve pensare che gli alunni di quei Paesi non siano di conseguenza capaci di 'riflettere'? |