La beffa dei docenti con specializzazione I nuovi prof e la doccia fredda Flavia Amabile La Stampa, 20.10.2010 Dopo lo speciale con il bilancio di due anni di attività del governo nel campo scolastico mi è giunta una lettera che pubblico integralmente: Mia moglie, laureata con 110 e lode in Scienze naturali e dottoressa di ricerca, rientra tra le migliaia di giovani laureati, per lo più meridionali, che hanno frequentato le scuole di specializzazione per l’insegnamento. Anche per mia moglie, come per tanti altri suoi colleghi, intensi sono stati i sacrifici sia per l’ingresso sia per la frequentazione delle SSIS: rinunzia a differenti prospettive e sbocchi professionali, costose tasse universitarie pagate, spese per la baby sitter ecc.. Credevamo però che i sacrifici fossero finalizzati ad un èsito positivo: poiché l’accesso alle scuole di specializzazione era a numero chiuso, tendenzialmente calibrato rispetto al presumibile numero annuale dei pensionamenti, eravamo convinti che, una volta terminati con successo i due anni del corso ed ottenuto il titolo abilitante, vi sarebbero state ragionevoli probabilità di ottenere una supplenza prima ed una cattedra poi. E’ arrivata invece la doccia fredda. Infatti, a causa dell’ingiusta decisione contenuta nel decreto legge n. 112\2008, purtroppo approvato dal Parlamento e convertito nella legge n. 133\2008, di tagliare un numero enorme di cattedre (circa 87.000 in tre anni!), le prospettive di inserimento professionale per mia moglie e per tanti altri giovani laureati che desideravano e desiderano immettersi nel mondo dell’insegnamento si sono drasticamente ridotte. Con tale decisione lo Stato ha violato il patto implicitamente ma univocamente assunto con coloro che avevano superato i test d’ingresso per le SSIS e ne hanno con successo seguìto i corsi; patto assunto anche durante il Governo Berlusconi 2001-2006 visto che quand’era Ministro Letizia Moratti le SSIS hanno continuato regolarmente a funzionare e ad immettere nelle graduatorie futuri docenti. Il tutto senza poi trascurare che il taglio delle cattedre non danneggia soltanto le legittime aspirazioni professionali di migliaia di cittadini laureati ma arreca un notevole danno anche alla qualità del nostro sistema di istruzione statale. Ridurre il numero dei docenti ha infatti determinato la diminuzione del numero delle ore di lezione offerte agli alunni, la dilatazione delle infauste pluriclassi specie nelle zone interne e di montagna e, soprattutto, l’aumento del numero medio degli alunni per classe. In poche parole verrà peggiorato il livello di formazione degli allievi. E tanto dico per esperienza personale di studente: ho frequentato il liceo classico e posso dire con certezza che la qualità dell’attenzione dedicataci dagli insegnanti era notevolmente diversa tra il IV ginnasio, quando eravamo in ventisette, ed il III liceo, quando eravamo in sedici. Insomma, se proprio si voleva intervenire sul numero delle cattedre scolastiche (ma, come avrà capito, a mio avviso sarebbe comunque stata una decisione errata) il buon senso, l’equilibrio ed una minima sensibilità sociale avrebbero imposto interventi più graduali e dilazionati nel tempo, un po’ come si è fatto per le varie riforme in materia pensionistica che si sono susseguite nell’ultimo quindicennio in questo paese. Al contrario, l’intervento legislativo adottato ha murato l’uscita del tunnel a chi lo stava percorrendo da anni e ci si trovava in mezzo, senza realistiche possibilità di altre uscite, con l’unica colpa di aver confidato nella serietà di quello stesso Stato che – anche sotto il Ministro Moratti per cinque lunghi anni - aveva fissato anno per anno un numero contingentato e non casuale di accessi. Ecco, mi chiedo perché, nel prospettare un bilancio sulle attività del Governo in materia di istruzione, tali questioni siano state omesse o, al più, riferite incidentalmente. Ed ancora: perché generalmente le pretese di alcune categorie sociali verso i pubblici poteri sono ritenute legittime (ad es. la pretesa dei ceti imprenditoriali ad una p.a. efficiente nel rilasciare autorizzazioni e permessi) mentre altre vengono, direttamente o larvatamente, ritenute frutto di privilegi e parassitismi? Perché in questo nostro paese le istanze e le esigenze dei ceti più istruiti vengono così spesso calpestate?
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