INVALSI: La Direttiva e la Prove nazionali

La Direttiva INVALSI: qualche speranza

Beatrice Mezzina Educazione & Scuola 7.11.2010

La Direttiva per l’INVALSI n. 67 del 30.07.2010, firmata dal Ministro, registrata alla Corte dei Conti il 20.09.2010 e pubblicata, prevede, tra i compiti dell’Istituto, che anche nelle scuole superiori si avvii la somministrazione di prove per l’Italiano e la Matematica nella II e V classe e si proceda con un piano di fattibilità pluriennale al fine di prevedere prove nazionali anche per altre discipline.

Tralasciamo la questione dell’effettiva consistenza dei fondi che consentano di svolgere bene tali attività e l’interrogativo sulla possibilità che nei fatti possano essere testate tutte le scuole o un campione.

Mi sembra opportuno invece citare alcuni passi della direttiva che offrono spazi di speranza e condivisione.

Due parole chiave: al p. 2 della Direttiva si parla di un processo per la produzione di prove da utilizzare negli Esami di Stato; di un progetto di fattibilità …per la predisposizione di prove centrate sulle competenze di base.

Mi pare di cogliere in queste parole, e comunque nel complesso della direttiva, una impostazione di corretta analisi delle questioni e una buona volontà di ricerca:

si ritiene importante, insomma, che per l’elaborazione delle prove sia necessario un percorso di lavoro - speriamo non al chiuso di una commissione ma con un processo condiviso che veda l’apporto degli insegnanti – che si debba giungere gradualmente alla utilizzazione di prove per gli Esami di Stato e alla elaborazione di prove che saggino le competenze di base.

Parole sagge cui spero corrispondano azioni altrettanto sagge.

Ho già espresso i miei convincimenti sull’utilizzo delle prove nazionali e sul processo che dovrebbe accompagnare le rilevazioni. Ne riporto un tratto in quanto la Direttiva mi sembra possa andare nel senso sperato.

Il difetto di tutte le prove di rilevazione nella scuola sta proprio in un percorso distorto. Se è vero che le prove di valutazione dovrebbero interagire con la didattica che consenta di svolgere le prove stesse, se vogliamo che le prove stesse siano attendibili e valide, ci si accordi inizialmente su cosa e come insegnare, si coinvolgano gruppi di insegnanti nel percorso, si diffonda capillarmente la ricerca, si lavori sulle attività didattiche che allenano allo svolgimento delle prove, poi si testino le prove che devono offrire non solo il feedback sulle capacità degli studenti ma anche sulla affidabilità delle prove stesse a valutare ciò che ci si era proposti di valutare.

Un lavoro più lungo, senz’altro più produttivo, se vogliamo una scuola che non sia spostata sulla valutazione – facile affermare ciò che va o non va – ma spostata sull’insegnamento-apprendimento nella consapevolezza che se l’insegnante diventa bravo allenatore degli studenti, gli esiti migliorano senz’altro.

Prove e discussione sulle prove

Quindi ben venga un lavoro di ricerca, un dibattito serio sulle prove, un coinvolgimento degli insegnanti in modo tale che si sviluppi anche la riflessione sull’impostazione del curriculum che consenta agli studenti di corrispondere al meglio alle richieste delle prove, come ogni scuola vorrebbe.

Non si ripeta il percorso della rilevazione nazionale nelle scuole Secondarie di primo grado.

Visto che le prove INVALSI , come indicato nel DPR122 del 22.06.2009, concorrono alla valutazione d’esame, nelle scuole si corre ovviamente ai ripari: le Case Editrici propongono fascicoli per allenare gli studenti alle prove, gli insegnanti utilizzano le prove già assegnate per costruirne simili, insomma nell’ultimo anno si procede all’allenamento strutturando un curriculum mirato allo svolgimento delle prove con una fortissima retroazione sulla didattica che si conforma alle richieste delle prove.

E’ un bene e un male nello stesso tempo.

Alcuni colleghi europei, in uno degli ultimi incontri ARION che ho svolto proprio sulla valutazione, provenienti da nazioni in cui sono molto utilizzate le prove di rilevazione, sostenevano che nei momenti in cui il testing nazionale e’ più pressante, si impoverisce la didattica, in quanto tutti gli sforzi si concentrano sulle tecniche di risposta ai test. Affermavano di aver bisogno di spazi di libertà.

In Italia, in cui ci si avvia verso una cultura della valutazione nazionale, forse gli insegnanti più seri e motivati si sentiranno ingabbiati, ma e’ necessario continuare, pur con cautela e attenzione sulla strada avviata.

A un patto, anzi a due:

- che le prove siano corrette, ben impostate e che almeno nell’anno di riferimento l’INVALSI offra alle scuole prove simili aprendo un forum di discussione;

- che alle prove non si assegni un carattere di assolutezza che spesso non hanno, soprattutto quando si rilevino difetti nell’impostazione.


Quis custodiet custodes?

Sono proprio così prive di difetti le prove? Possiamo controllare i controllori?

Prendiamo ad esempio le prove assegnate agli esami di Terza Media per l’Italiano e scorriamo le domande relative all’analisi di un testo letterario e di un testo informativo e alle domande di grammatica.

Mi metto nei panni di un ragazzino/a di tredici anni che di fronte al testo complesso di F. Piccolo Storie di primogeniti e figli unici, per altro adattato, si trovi di fronte al primo quesito che richiede di rispondere se il testo si possa definire un racconto autobiografico, che viene data come risposta esatta, o una pagina di diario, uno dei distrattori.

E’ così grave se il predetto ragazzino/a risponda una pagina di diario? Non mi pare importante.

Così la domanda A.2 che vuol rilevare la capacità dello studente di individuare il tema centrale del brano, propone quattro items molto simili: c’e’ differenza nell’affermare che il tema del brano sia l’evolversi nel tempo di un rapporto di amicizia o la riflessione su un rapporto di amicizia ormai finito? A me sembrano due risposte ugualmente accettabili.

Così per la grammatica, quando si propone di stabilire il valore della secondaria implicita nella frase Avendo nevicato molto, il tratto di autostrada era stato chiuso, ci si e’ resi conto di proporre una frase che nessuno dice o scrive più, sullo stile delle frasi di latino, che ancora si sottopongono agli studenti per traduzioni che non hanno riscontro ne’ nella lingua italiana, ne’ nella lingua latina? Che aggiunge alle competenze di uno studente tredicenne sapere che quella espressione che non si usa più abbia un valore causale?

Una richiesta all’Invalsi

Richiediamo quindi all’INVALSI di rispettare la Direttiva, di proporre percorsi di ricerca, prove attente e ben tarate proprio attraverso la ricerca partecipata, il coinvolgimento degli insegnanti, tempi distesi come comporta ogni percorso che implica mutamento e innovazione.

Lo speriamo veramente anche se alcuni segnali, sia pur mediatici, mettono davvero in ansia e indicano pericolosissime derive.

Il ministro Gelmini, insieme con l’ing. G. Abravanel - il cognome mefistofelico mi mette in po’ in soggezione - che sappiamo essere consulente del ministro e che si occupa del progetto “Qualità e Merito”, in una conferenza stampa di cui ha dato notizia anche la meritoria rassegna su Edscuola, ha spiegato le sue intenzioni per la scuola:

rafforzamento del sistema di valutazione, estensione del sistema di valutazione a vari aspetti della scuola, pubblicazione dei risultati, in modo che a breve i genitori possano scegliere su dati oggettivi la scuola in cui far frequentare i propri figli e, nella scuola, scegliere gli insegnanti più bravi. Roba da grande fratello, quello di Orwell naturalmente.

Il Ministro Gelmini, come quelli che non conoscono bene gli argomenti che trattano, si fa incantare dai guru e fa proclami mediatici che contrastano con le buone idee della direttive che firma.