RIFORMA ALLA CAMERA

Come cambierà l'università?

Flavia Amabile La Stampa, 22.11.2010

La riforma dell’università andrà in aula alla Camera domani dopo un tormentatissimo iter. Sarà approvata?

Questa volta sembra proprio di sì. Il Pdl e la Lega non faranno mancare il loro appoggio e i finiani del Fli che avevano imposto un freno ora annunciano di essere favorevoli ad un via libera.

Il via libera dell’aula della Camera sarà un via libera definitivo?

No, è necessario un secondo passaggio in Senato dove però non si prevedono sorprese. Nel giro di una settimana il provvedimento potrebbe essere legge.

E se il governo dovesse cadere?

Sarebbe un problema serio, perché la riforma di fatto sarebbe bloccata per la mancanza di regolamenti attuativi.

Da quanto tempo si parla di questa riforma?

Il ministro Gelmini l’ha annunciata per la prima volta alla fine del 2008. In Consiglio dei ministri il ddl è arrivato nell’ottobre del 2009 e il provvedimento è arrivato in Senato per la discussione nel marzo di quest’anno, a un anno e mezzo dal primo annuncio. Le forze politiche avevano presentato 800 emendamenti, la discussione è andata avanti per quattro mesi. L’approvazione dei deputati di Montecitorio è avvenuta a fine luglio, poi dall’autunno l’avvio della discussione alla Camera.

Il ministro Gelmini avrebbe voluto mandare in pensione i docenti a 65 anni?

Era una proposta del Pd che alla Gelmini era piaciuta. Ai senatori molto meno: alla fine si è abbassata l’età per mandare in pensione i docenti ordinari di 2 anni, da 72 a 70 anni, senza possibilità di prolungare la permanenza al lavoro come invece accade oggi. Ed è stato fissato a 68 anni il limite per gli associati.

Il provvedimento vuole innanzitutto lottare contro gli sprechi nelle università?

Prevede infatti la fusione degli atenei più piccoli e la razionalizzazione delle facoltà. Per ogni ateneo non potranno essere più di 12. Saranno inoltre passati in rassegna tutti gli oltre 500 corsi di laurea oggi attivi in Italia, per eliminare quelli che saranno considerati antieconomici, seguiti cioè da un esiguo numero di studenti. Ma dovranno stare molto attenti anche atenei, facoltà e dipartimenti accademici meno efficienti. Per quelli con problemi di bilancio, è previsto il commissariamento. E le università che continueranno a utilizzare più del 90% dei finanziamenti statali per le spese fisse (personale e ammortamenti) non potranno bandire concorsi per nuove assunzioni.
Perché un altro punto chiave era la riforma della governance delle università?
E’ stata fissata ad 8 anni la durata massima dei mandati dei rettori nel tentativo di impedire il ripetersi del fenomeno dei retto-sauri, rettori in carica da oltre 20 anni. E si è introdotta la possibilità di sfiduciarli da parte del Senato Accademico, se hanno amministrato male. Ma ai senatori accademici servirà comunque una maggioranza qualificata (3/4 dei membri) per poter proporre la mozione al corpo elettorale.

Il ministro ha ripetuto più volte che è finito il tempo dei ricercatori a vita: è così?

I ricercatori saranno selezionati con il cosiddetto «tenure-track»: nuovi contratti a tempo determinato (minimo 3 massimo 5 anni) seguiti da un contratto triennale. Al termine del secondo contratto se il ricercatore sarà ritenuto valido dall'ateneo sarà confermato a tempo indeterminato come associato. In caso contrario terminerà il rapporto con l'università.

Sarà più difficile diventare prof?

Per diventare docente ordinario o associato sarà indispensabile l'abilitazione scientifica nazionale, una sorta di concorso unico a cadenza annuale. I vincitori saranno inseriti in un albo dal quale gli atenei dovranno pescare se decidono di assumere nuovi professori. L'Anvur, l'agenzia statale per la valutazione dell'attività di ricerca, monitorerà costantemente la produzione scientifica dei docenti. Ogni tre anni ciascun docente dovrà presentare una relazione sul proprio operato. Chi non dovesse rispettare i parametri di produttività non riceverà più gli scatti di stipendio.

A due anni dal primo annuncio che cosa è accaduto? Le università hanno iniziato ad adeguarsi?

Alcune sì, altre non hanno bandito concorsi e molte altre ancora hanno continuato a mettere in piedi prove «ad personam» con prove illegali perché realizzate effettuando una prova orale abolita nel 2008 e assegnando alla prova anche un voto. Oppure si trovano casi di università dove dalle prove vengono esclusi i brevetti presentati o dove a vincere sono candidati senza curriculum importanti.