Un governo in bolletta di Bianca Di Giovanni l'Unità, 12.11.2010
Sulla legge di Stabilità torna a parlare il Quirinale. Stavolta per
rintuzzare le recriminazioni avanzate da Maurizio Gasparri. «Facile
esternare, più difficile governare i conti e tenere ferma la spesa»,
aveva detto il senatore del Pdl. «Il Presidente della repubblica non
ha mai sostenuto che “non bisogna fare tagli” alla spesa pubblica»,
-ha ribattuto il Colle in una nota. Giorgio Napolitano in realtà,
aprlando l’altroieri a Padova, aveva messo l’accento su un altro
tema, di fatto decisivo per il «gioco» della politica: cioè il
«vuoto di riflessione e di confronto sulla questione cruciale:
quella delle scelte da compiere e delle priorità da osservare nella
destinazione delle risorse pubbliche». Proprio sulle priorità da seguire si è scatenata infatti la bagarre politica nel primo giorno di voto in commissione Bilancio alla Camera. Nella nottata il governo ha depositato la destinazione dettagliata del fondo da 800 milioni, che altrimenti avrebbe rischiato l’inammissibilità. dalla lista delle voci è emerso che alla scuola paritaria sono destinati 245 milioni, quasi il doppio dell’anno in corso (130 milioni), mentre al 5 per mille andranno appena 100 milioni, quattro volte meno di quanto stanziato nell’anno in corso. Il tutto dopo aver sostanzialmente azzerato tutti i fondi destinati al siociale che avevano creato i governi di centrosinistra. Un taglio di oltre l’80% nel giro di un paio d’anni. Queste le priorità del centrosestra: fare cassa facendo pagare solo i più deboli. Dopo le tariffe dei treni, oggi arriva la sforbiciata all’associazionismo. A questo si aggiungono i pesanti tagli alla sanità, che restano una spada di Damocle sui servizi alle famiglie, nonostante lo stanziamento per eliminare (solo per qualche mese) il ticket sulla diagnostica. Insomma, i più deboli dovranno vedersela da sé per trasporti, servizi, aiuti. Lo Stato se ne va. «Con i tagli al 5 per mille il governo ha messo un altro tassello nella sua strategia di togliere a chi ha più bisogno - ha attaccato ieri Rosy Bindi - stanziare solo 100 milioni è offensivo perché nessuna associazione potrà portare avanti i progetti di stampo sociale o di ricerca condotti in questi anni e nessuno di conseguenza potrà beneficiarne. Con l'elemosina non si può parlare di sussidiarietà». Lo Stato se ne va anche dall’istruzione. Aiuta le scuole private, mentre le pubbliche hanno subito già una «cura dimagrante» di 8 miliardi in tre anni, con la cancellazione di 140mila posti. per non parlare del pannicello caldo concesso all’Università (800 milioni), che ancora registra un taglio di qualche centinaio di milioni. «Il governo in agonia completa l’opera di demolizione dell’istruzione pubblica», commenta Mimmo Pantaleo, Flc-Cgil. «Gelmini pensa di salvarsi l’anima, ma dimentica la scuola pubblica», aggiunge Francesca Puglisi del Pd. Intanto il voto in Commissione inizia con un brivido. Mpa e Fli insistono per distribuire i Fas per il trasporto pubblico locale con la specifica dell’85% di risorse a Sud (come prevede la legge). Il relatore in extremis recupera la formulazione, per evitare che il governo vada sotto. Il voto continua senza troppi incidenti (passa lo stanziamento da 100 milioni per l’editoria) fino alle 21, quando al commissione è riconvocata fino a tarda sera. Si riparte dal patto di stabilità, terreno minato visto che Comuni e Regioni sono rimasti a secco. Quanto alle altre voci del fondo da 800 milioni di euro, oltre alle scuole private e al 5 per mille, ci sono anche <WC1>375 milioni per interventi di carattere sociale che coprono impegni dello stato a banche e fondi internazionali, gratuità parziale dei libri di testo scolastici (quelli per le elementari, ndr), lavori socialmente utili. |