Educazione, per un genitore su quattro
è a suon di schiaffi

La ricerca di Save the Children fotografa la situazione
dei sistemi educativi nelle famiglie italiane

 La Stampa, 26.3.2010

Save the Children fotografa la situazione dei sistemi educativi familiari italiane nel rapporto che ha diffuso oggi dalle pagine del suo sito.

La ricerca, svolta in collaborazione con Ipsos, presenta luci e ombre: se, infatti, per una buona parte di genitori il rispetto di sè e degli altri è il valore più importante da insegnare - attraverso affetto, dialogo e regole - dall'altro lato non mancano le mamme e i papà che ricorrono ancora alle punizioni corporali, secondo i dati esposti i genitori che non rinunciano agli schiaffoni sarebbero il 25 per cento.

La ricerca presentata è l'occasione per la presentazione del "Manifesto per un’educazione senza violenza" che l'organizzazione per la tutela dei bambini ha voluto per richiedere un intervento normativo che vieti le punizioni corporali tra le mura domestiche.

«I genitori italiani vivono il proprio ruolo educativo come un continuo equilibrio tra la necessità di stabilire delle regole e porre limiti da rispettare, e quella di trasmettere amore e fiducia», ha commentato Valerio Neri, direttore generale per l’Italia di Save the Children. «Il superamento di tale dialettica tra dimensione normativa e affettiva, secondo molti genitori, è mediato dalla comunicazione e l’ascolto. Ma accanto a questa posizione di equilibrio ne esistono due contrapposte: quella di chi teme di compromettere la relazione con il proprio figlio e tende a farlo diventare il "dominus" della relazione, e quella di chi, invece, ancora utilizza la violenza per affermare la propria autorità».

Accanto a coloro che sono troppo indulgenti e non riescono a ottenere il rispetto delle regole, esiste infatti ancora una media del 25 per cento dei genitori italiani che tira su i figli a suon di ceffoni e sculacciate. Di loro una parte più esigua (il 2 per cento) usa le mani quasi tutti i giorni, mentre il 23% lo fa qualche volta in un mese. Una media del 19% dichiara che non capita mai di ricorrere allo schiaffo e di essere decisamente contrario (percentuale che sale al 21 per i genitori di ragazzi adolescenti tra gli 11 e i 16 anni) o di non utilizzarli quasi mai (57% in media, che sale al 70 in caso di figli più grandi). In situazioni limite, tuttavia, ben il 53 % dei genitori italiani dichiarano di ricorrere alla punizione fisica, percentuale che tra chi ha bambini più piccoli sale al 63 e tra quelli di adolescenti scende al 40. Il restante campione dichiara di non aver mai dato uno schiaffo, anche se il 25% dichiara di averne avuto la tentazione.

«Secondo quanto affermano i genitori italiani, in una parte della ricerca di Save the Children realizzata attraverso colloqui approfonditi di gruppo, la punizione fisica quando utilizzata sembra costituire un vero e proprio codice di comunicazione non verbale, il voler segnalare in modo inequivocabile che si è superato un limite estremo - ha spiegato Neri - ma è anche una risposta a un momento di esasperazione o di spavento, il tentativo di uscire da uno stato emotivo sgradevole».

E ha aggiunto: «Sia dalle risposte dei ragazzi sia da quelle dei genitori, comunque, emerge il disagio di fronte a un "metodo educativo" che sicuramente non rappresenta quello più valido».

Alla luce di questi dati Save the Children vuole promuovere anche in Italia un "cambiamento culturale", ha continuato Neri, «che coinvolga tutti i principali attori delle istituzioni, della società civile, del mondo dei media e ogni singolo cittadino, volto alla tutela dei bambini contro qualsiasi atto di violenza, anche all’interno del contesto familiare e se utilizzato con intento educativo».

Per questo il 31 marzo, nel corso di una tavola rotonda che ospiterà i maggiori esperti nazionali e internazionali in materia, Save the Children lancerà il primo "Manifesto per un’educazione non violenta" che, ha concluso il direttore generale dell’organizzazione, «intende essere la pietra miliare per un impegno concreto contro qualsiasi atto che sia degradante o umiliante per un bambino, per promuovere una cultura del rispetto della loro dignità umana e integrità fisica e mentale».