BUFERA AL CLASSICO ROMAGNOSI
"Preside troppo severa". "Chiedo di rispettare le regole, sono diventata lo zimbello di Parma" Pierangelo Sapegno La Stampa, 3.3.2010
PARMA È una scuola che ha mandato in giro nel mondo tutti i suoi grandi figli con la erre moscia, da Bertolucci a Goldoni, uno di quei posti che raccontano la memoria della provincia, con le foto seppiate e le firme stinte sui registri. Oggi la preside dice che le hanno sporcato tutti i bagni, che l'hanno fatto apposta. Dice che ogni giorno gliene fanno una: ieri sono entrati dalla palestra e hanno staccato i fili del telefono. «Ma non le sembro normale, io?». Ha i capelli chiari, i lineamenti forti, marcati, e uno sguardo un po' strano, come se fosse fermo. Sì, normalissima, dico. Ma lei dice che è sola, che l'hanno abbandonata tutti perché aveva una grande idea della sua scuola, quasi ottocentesca, perché sognava un luogo dei migliori, tutto pulito e tutto in ordine, dov'era vietato fumare, vietato arrivare in ritardo, vietato sporcare. Gli studenti hanno cominciato a scrivere ai giornali per protestare, dicendo che lei non cercava la disciplina ma l’imponeva, poi l'hanno fatto anche i genitori, e adesso pure gli insegnanti. Hanno aperto una pagina su Facebook, 803 iscritti in un colpo. Chiedono assemblee, convocano consigli d'istituto, e attaccano sempre e solo lei. La chiamano «signora preside». La signora preside soffre di «una retinopatia molto grave». Ma su Facebook qualcuno è arrivato a scrivere: «Signora preside? Ma perché non va gentilmente a giocare a moscacieca in autostrada? Non avrebbe neanche bisogno della benda! Pensi un po' che fortuna». Un altro studente, Daniele Canali, ha subito voluto prendere le distanze: «Sfottò pesante e insensato ». Però lei ricorda che «questo qui, questo Canali, è buono anche lui, tutte le mattine mi viene vicino e mi dice: signora preside, vuole una sigaretta?». Ormai, spiega, è un clima invivibile, «ma che cosa pretendevano? Avevo trovato preservativi dappertutto, canne e spinelli in giro, e tutti che facevano quello che volevano. Se ci sono delle leggi che dicono che tutto questo è vietato, come riescono a pensare che io possa accettarlo in una scuola?»
Il fatto è che in un Paese dove le
regole sono sempre un'ingiustizia, può anche succedere che un liceo
intero si ribelli a una preside che vieta il fumo e che vuole i
bagni puliti. Non importa chi abbia ragione e chi no. E non importa
neppure cercare di capirlo. La storia incredibile del liceo
Romagnosi è un'altra, ed è quella di un luogo che rappresenta
l'Italia senza colpe e senza punizione, l'Italia che impone tutti i
limiti possibili agli altri, ma mai uno a se stessa. L'Italia
impunita che riconosce come nemici chiunque ti vieti di fare ciò che
vuoi. Tutto questo, racconta Maria Giovanna Forlani, è cominciato subito, appena un mese dopo che lei era arrivata. Un mese fa hanno mandato le lettere ai giornali. Una firmata da 58 studenti l'accusava di autoritarismo inutile e mancanza di dialogo: «Disciplina. Ordine. Non offerti, ma imposti». Protestano perché nell'intervallo lei diffonde musica classica, disturbando quelli che studiano e perché dagli altoparlanti escono annunci in serie per impedire un mucchio di cose. «Non possiamo arrivare alle 8,01 e se qualcuno ha una sigaretta accesa sul primo gradino della scala viene subito ammonito». Poi i genitori: «E' una scuola senza guida, senza progetti, senza innovazione, se non per l'impegno degli insegnanti». Alla fine ci si sono messi pure i professori. Protestano perché dicono che lei spende tutti i soldi per la sicurezza e niente per le gite, e che loro senza idennità di missione non ci possono andare. «Però, anche le gite sono didattica», insistono. «Lo vede », fa lei, «sono sola. E' questa la cosa più triste». Appare anche uno striscione rosso: «No al fascismo». Ma lei è fascista? «Io non sono niente. Io amo solo la cultura. Ho due lauree, un master alla Columbia University, amo la musica e suono il clavicembalo e il pianoforte. Certo, non sono di sinistra e non amo il sessantottismo. Ma nell'istituto professionale dov' ero prima, ho fatto un'esperienza bellissima e il 48 per cento degli studenti era extracomunitario e c'erano 68 disabili. Andate a chiedere là se io non dialogo. Abbiamo fatto un lavoro fantastico insieme e nessuno mi ha dato della fascista». Anche questo non è che c'entri molto. Ma chi può insegnarci che le regole non hanno etichette e che dovrebbero valere semplicemente per tutti? Oggi, racconta la signora preside, si sono dimessi due insegnanti. Va così. Questa storia, dice, «mi ricorda tanto la fattoria di Orwell, 1984». La dittatura dei maiali. |