Brescia Iniziativa della dirigente del liceo artistico Maffeo Olivieri

«Troppe insufficienze»
I professori sotto accusa

«Ma statistiche e 6 politico non risolvono i problemi» Sincerità
Gli studenti: «Come mai tante insufficienze? Perché non abbiamo studiato...»

 Giuseppe Spatola Il Corriere della Sera 3.3.2010

BRESCIA - L' «altolà» è arrivato su un foglio ciclostilato, subito dopo gli scrutini del primo quadrimestre. Sfuggente nella forma ma «devastante» nella sostanza. La tesi è la seguente: «Caro professore, ho riscontrato che nella sua classe ci sono tanti "asini". Lei ha dato troppe insufficienze, voglio sapere come e perché. Entro il 4 marzo deve consegnarmi una relazione scritta su come intende risolvere il problema della asinificazione dei suoi studenti». A piè pagina, la firma della dirigente scolastica reggente. Accade al Liceo artistico statale «Maffeo Olivieri» di Brescia, 700 allievi e 85 insegnanti ospitati in Palazzo Bargnani, storico edificio in cui alloggiò pure Napoleone durante la campagna d' Italia, nel cuore della città. La lettera della «reggente», Ermelina Ravelli, che è invece dirigente titolare dell' Istituto d' istruzione superiore «Capirola» di Leno, ha provocato un piccolo tsunami tra le mura antiche del palazzo. Tra i docenti c' è chi si è detto «offeso» dalla forma, «impersonale», e dalla sostanza «approssimativa» e un po' «intimidatoria» della lettera, subita come un arbitrio. Un atto di «censura» sul modo di fare didattica firmato prima della verifica sugli «interventi di recupero» organizzati per dar modo agli studenti di rimediare e, soprattutto, firmato senza tener conto del fatto che le valutazioni non sono frutto della decisione di un singolo insegnante, bensì dell' intero consiglio di classe. Ma l' amarezza di buona parte dei professori è «tutta nel constatare come la scuola, intesa in passato quale luogo in cui si trasmetteva il sapere, è sempre più considerata alla stregua di un' azienda, in cui gli studenti sono, più o meno esplicitamente, equiparati a utenti (per non dire clienti)». Un professore ha replicato: «Quante insufficienze si dovranno far evaporare per non dover più subire un' umiliazione del genere?». Alcuni hanno fatto un controllo sulla «statistica delle insufficienze» e hanno riscontrato a grossolani errori di calcolo della percentuali. Un' altra professoressa ha illustrato il capo d' accusa in classe e ha «girato» la sentenza degli studenti direttamente alla preside. «Come mai tante insufficienze? Perché non abbiamo studiato», è stato il verdetto. I docenti «messi sotto inchiesta» sono diciannove. Tutti quelli che non hanno raggiunto il «successo educativo» perché hanno inflitto più del 50% delle insufficienze. Dunque i più severi, i più esigenti. In pratica quasi tutti gli insegnanti di quelle che vengono definite «materie di area comune» (italiano, storia, inglese, matematica, fisica, chimica, scienze diritto), che richiedono, in genere, più impegno, studio e applicazione. A gettare acqua sul fuoco ci ha pensato il dirigente scolastico provinciale, Maria Rosa Raimondi: «L' iniziativa della dirigente scolastica reggente è del tutto legittima e non ha certo carattere censorio. Non credo si sia voluto criminalizzare gli insegnati. Al contrario, penso che l' iniziativa servirà a trovare le migliori soluzioni in modo collegiale, per venire incontro alle difficoltà degli studenti. Tutto questo servirà a organizzare un percorso didattico mirato, che faccia capire le ragioni delle insufficienze e migliori la qualità dell' insegnamento». Parole concilianti che però non rassicurano molti docenti convinti che la qualità della didattica non si migliori con statistiche «da caporale di giornata a mezzo servizio» e sei politico. Bensì con i fatti. E i fatti dicono che in questa scuola molti professori si danno da fare, insegnano a ragionare, fanno cose straordinarie. Basti pensare, ad esempio, che i ragazzi di due quinte saranno accompagnati in aprile a Sarajevo. Non sarà certo una «gita scolastica». Significherà entrare con la testa e con le scarpe nell' arte e nella storia dei Balcani. E, forse, superare lo scoglio di un disagio nel profitto. Potrebbe essere un addestramento al «problem solving» delle insufficienze. Una buona risposta all' altolà della preside. Giuseppe Spatola