REGOLAMENTI GELMINI/ 3

Il preside (istituto tecnico): e ora che si fa con questa riforma? 

Ezio Delfino*, il Sussidiario 18.3.2010

Il nuovo riassetto del sistema di istruzione assegna agli istituti tecnici una identità forte (due settori - economico e tecnologico-articolati in 11 indirizzi): essi sono presentati come “presidio della cultura tecnologica” con l’intenzione di offrire “ una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico” e lo studio, l’approfondimento e l’applicazione di linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico.

Gli istituti tecnici rimettono al centro l’uso di “ metodologie finalizzate a sviluppare competenze basate sulla didattica in laboratorio, l’analisi e la soluzione dei problemi, il lavoro per progetti” e sono strutturati in modo da favorire “ un collegamento organico con il mondo del lavoro e delle professioni” attraverso strumenti didattici quali“ stage, tirocini e alternanza scuola-lavoro”, nell’intento di connettere la scuola alle professioni oggi più ricercate, in risposta alla crescente domanda di diplomati in possesso di aggiornate competenze tecniche di livello intermedio.

La riforma amplia (almeno sulla carta) l’autonomia degli istituti scolastici attribuendo una quota dei piani di studio (20% del monte ore) con la quale adattare i curricoli alle esigenze dell’offerta formativa e potenziare, entro certi limiti, l’organico di diritto. All’autonomia si affianca negli istituti tecnici la flessibilità (intesa come possibilità di articolare in opzioni le aree di indirizzo), fino al 30% dell’orario annuale in terza e quarta e al 35% nell’ultimo anno.

Risulta più marcata la possibilità delle scuole di distinguere la durata dell’ora di lezione dal tempo di presenza a scuola degli alunni: la Riforma fissa i tetti massimi del monte-ore annuale obbligatorio e dell’orario settimanale, lasciando libere le scuole di definirne unità orarie più brevi, purché sia garantito il monte ore annuale assegnato al corso di studi.

Si rafforza il nesso tra conoscenze e competenze come maturazione delle seconde mediante una buona assimilazione delle prime: le Indicazioni nazionali avranno il compito di rinsaldare questo legame fornendo nuclei disciplinari essenziali e coerenti.

La possibilità prevista di definizione di strumenti organizzativi interni alla scuola, quali i dipartimenti e gli uffici tecnici, è un elemento interessante per un’evoluzione in senso cooperativo della progettazione dei docenti, che dovranno superare una visione centrata sulla propria disciplina.

E’ innanzitutto una questione di metodo e di scelta condivisa delle finalità di istruzione e di formazione che una lettura attenta dei Regolamenti della riforma esigono per chi si appresta alla ri-modellazione dell’offerta formativa: in attesa di una definizione da parte del Ministero può essere utile cogliere questa circostanza come occasione di una rilettura ‘critica’ dell’assetto del proprio istituto favorendone, appunto, il ‘riordino’.

Personalmente vedo alcune strade:

  • ripercorrere la storia del proprio istituto traendo da essa elementi di continuità nella caratterizzazione dei curricoli disciplinari, nell’utilizzo dei laboratori, nella valorizzazione delle professionalità esistenti;

  • mettere ‘ordine’ all’esistente ripercorrendo e sviluppando le metodologie didattiche ed organizzative che hanno favorito il successo formativo degli studenti, ripensando, all’interno degli spazi offerti dalla Riforma, le modalità di sistema che possono rendere agile la quotidiana pratica scolastica;

  • valorizzare tutti gli spazi di innovazione disponibili, riprecisando i progetti di arricchimento curricolare che hanno dato valore alla proposta formativa dell’istituto, potenziando le forme di flessibilità didattica, organizzativa, funzionali agli esiti formativi attesi;

  • rilanciare la professionalità di chi insegna individuando di gruppi di lavoro per aree disciplinari, per progetti e/o per sezione, di supporto alla progettazione formativa ed alla valutazione;

  • prendere cura del contesto (spazi, percorsi di arricchimento, occasioni di responsabilità degli studenti) in quanto l’apprendimento può essere favorito da un ambiente ordinato, positivo e ricco di proposte e percorsi formativi che sostengano la responsabilità di chi apprende;

  • mettere in rete esperienze , collaborazioni, attori con cui, negli anni, l’istituto ha costruito forme di alleanza educativa, attraverso tavoli di progettazione e percorsi formativi integrati con gli altri ordini di scuola e con le agenzie culturali del territorio (Comune, Provincia, Enti di formazione professionale , Istituti superiori, Cooperative, Associazioni…).

Non occorre, tuttavia, evidenziare anche aspetti di criticità nell’assetto complessivo del processo di Riforma in atto:

* la scelta del biennio unico tra tecnici e professionali, con il conseguente aumento di materie teoriche in questi ultimi a scapito di scelte professionalizzanti e laboratori fin dalle prime classi, aumentando così gli ostacoli alla riuscita scolastica ed alla preparazione al lavoro;

* il permanere della rigidezza delle classi di concorso e gli spazi di autonomia e flessibilità per le scuole di fatto limitati all’aumento di discipline;

* la necessità di potenziare le risorse umane e finanziarie a disposizione degli istituti tecnici, pena la riduzione di tutta l’operazione a pura cosmesi nominalistica;

* il mantenimento della separazione tra tecnici, professionali e percorsi regionali di formazione professionale, che, in un contesto di incertezza sul decentramento regionale, sarà fonte di doppioni e motivo di difficoltà per la ripresa di questo settore;

* la limitata diffusione nei vari indirizzi della formazione scientifica patrimonio della tradizione italiana;
* la assenza di rifinanziamento dell’innovazione tecnologica e di certezze nelle relazioni con le imprese.

Infine, visto l’intreccio che molte questioni poste da questi Regolamenti hanno con altri provvedimenti in discussione (organi Collegiali, stato giuridico del personale, reclutamento e formazione dei docenti, ecc.), è auspicabile che vi sia una regia complessiva che consideri in modo globale il mosaico. 

Per tutti, oggi, politici, insegnanti, famiglie ed imprese, urge accogliere quanto Hannah Arendt richiamava: “L’educazione è il punto in cui si decide se amiamo abbastanza il mondo per assumercene la responsabilità” .
 

* Ezio Delfino, Dirigente Scolastico dell’Istituto Istruzione Secondaria Superiore "Ernesto Guala" di Bra (CN)