Quali soluzioni per i precari della scuola?
Tagli delle cattedre vengono dalla finanziaria 2008

Pasquale Almirante, AetnaNet 31.3.2010

La Sicilia, secondo i tecnici ministeriali, farà i conti con un calo di oltre 8 mila e 700 alunni, 5 mila circa dei quali al superiore. Mentre a livello nazionale la popolazione scolastica crescerà di 7 mila e 700 unità. In Sicilia nascono sempre meno bambini e gli alunni stranieri sono pochissimi rispetto al Nord. Per queste ragioni, a settembre salteranno circa 3 mila e 600 cattedre e 1.750 posti di personale Ata. A conti fatti, 5 mila e 350 posti che superano abbondantemente i posti lasciati liberi dai pensionati. Dal primo settembre, infatti, passeranno la mano 2 mila e 500 docenti e 750 Ata. La differenza, pari ad oltre 2 mila posti, sarà a carico dei supplenti isolani che vedranno calare drasticamente le possibilità di continuare a lavorare.

La Repubblica, edizione di Palermo, a firma di S. Intravaia, porta questi dati, oggettivamente allarmanti per i precari che da anni attendono di entrare in pianta stabile nei ruoli della scuola. Loro stanno minacciando il blocco degli scrutini e comunque azioni esemplari per evitare i licenziamenti e denunciare all’opinione pubblica tanta ecatombe di posti, mentre la politica isola pare non avvertire questo grido accorato e pensa ad altri fatti. Vorremmo tuttavia ricordare che quando fu approvata la finanziaria del 2008, questi licenziamenti erano già presenti nella Legge che tutti i partiti della coalizione di centro destra votarono, compresa dunque l’Mpa che oggi si sostiene all’Ars con l’appoggio del Pd. Allora forse nessuno avvertì la gravità di quella votazione per la quale Berlusconi chiese la fiducia proprio per evitare sorprese. Alla distanza di due anni la rete gettata nel mare dei cosiddetti sprechi sta portando a galla il plancton più indifeso, rappresentato appunto dai precari della scuola con tutto il loro brusio di disperazione e rabbia per la mancanza di lavoro. Non crediamo che questo sciagurato pescato sarà rigettato in mare, troppa sicurezza ostenta il Miur sulla razionalizzazione dei posti, mentre la legge, voluta da Padoa Schioppa, impone di non sforare i fondi assegnati dal Tesoro. Ma contro i precari c’è pure la divisone del sindacato, le paure e le lontananze di chi già lavora, la mancanza di solidarietà da parte dell’opinione pubblica, presa da altre questioni e comunque per lo più quasi sempre assente. Il blocco degli scrutini potrebbe essere un modo per lanciare la sfida, ma in un consiglio di classe quanti possono essere i precari? Fra l’altro c’è pure una disposizione secondo cui non si possono bloccare i servizi essenziali e gli scrutini lo sono, per cui la dirigenza potrebbe pure nominare dei sostituti, vanificando i loro sforzi. Ma non solo. Sta passando una sorta di ideologia secondo cui l’emergenza educativa (altro slogan ormai con sempre meno significato) parta dalla poca professionalità dei professori (vedi l’ultimo caso a Salò) e di cui i troppi supplenti sarebbero una della cause, per cui toglierli dalle scuole sarebbe opera meritoria, altrimenti che significato avrebbe l’uscita della ministra: la scuola non è un ammortizzatore sociale? Non c’è gioco, verrebbe da dire, come lo dicono i disperati licenziati dalle industrie e che popolano i tetti delle loro aziende. Non c’è gioco perché la scuola pubblica interessa sempre meno, mentre il modello Lombardia fa da capofila insieme coi dati, pubblicati in questi giorni, che dimostrano come l’implementazione delle private farebbe risparmiare qualche po’ di milioni allo Stato. Con questi scogli i precari devono fare i conti, con questo sciabordio subdolo, lento ma costante, che porta realtà diverse e in diversi approdi dove loro non sono graditi.

p.almirante@aetnent.org