Insegnamento Religione:
se Gelmini è soddisfatta
lo sono pure gli studenti che non si avvalgono?

Un comunicato stampa incomprensibile quello presente sul sito del Miur a commento della sentenza del Consiglio di Stato che “riconosce la legittimità delle ordinanze nelle quali si stabiliva che ai fini dell’attribuzione del credito scolastico, determinato dalla media dei voti riportata dall’alunno, occorreva tener conto anche del giudizio espresso dal docente di religione.” Incomprensibile perché la ministra Gelmini esprime “soddisfazione” per una sentenza che avrebbe preteso invece insoddisfazione e non già per colpire i colleghi di religione cattolica, ma perché ferisce, colpendoli realmente, i ragazzi che non si avvalgono.

Pasquale Almirante, AetnaNet 11.5.2010

Se infatti si fa un excursus su tutte le altre dichiarazioni ministeriali, la litania sempre cantata è stata quella che le istituzioni devono venire in contro alle esigenze degli studenti e delle famiglie che invece sarebbero subalterne alle bizze dei docenti. Non è stata infatti sempre questa la paternale che la ministra ha fatto quando ha inteso colpire gli insegnanti e la scuola pubblica? Nel caso specifico dei crediti ai ragazzi che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica però di tanta disponibilità non si cura affatto. Anzi, sembra come se esistesse nella nostra nazione solo una fede e una confessione e tutto il resto fosse una piacevolezza di gente non meritevole di regolare cittadinanza e di costituzionale diritto e rispetto.

Una soddisfazione, quella espressa dalla Gelmini, che dovrebbe offendere tutto il mondo e non solo le famiglie dei ragazzi che non intendono seguire le lezioni di religione cattolica. Se può apparire giusta la sentenza del Consiglio di stato nel considerare la religione cattolica come una materia simile a tutte le altre, contestualmente il Miur avrebbe dovuto, a tamburo battente, prevedere un insegnamento alternativo per i ragazzi non cattolici, atei, agnostici e via discorrendo. Dovrebbe subito aprire la borsa e pagare docenti affinché si occupino di questi alunni, invece li penalizza due volte: togliendo un’ora a settimana di lezione e la possibilità di un credito.

Che soddisfazione è lasciare questa minoranza in balia di se stessa durante l’ora di religione? Quale principio educativo si impartisce a questi giovani? E’ come dire loro: peggio per voi che perdete un’ora di insegnamento e pure la possibilità di un credito maggiore; anzi così imparate a seguire la fede cattolica che vi garantisce un privilegio. Non siamo ai tribunali di inquisizione, ma una discriminazione così evidente ferisce l’amore per un altro culto che ha assoluta pari dignità con qualsiasi altro e ma intacca pure il principio di uguaglianza, quello caro alla rivoluzione francese.

p.almirante@aetnanet.org