Perché la scuola deve organizzare
i recuperi per ragazzi con insufficienze?

da Tuttoscuola, 3.5.2010

C'era una volta l'esame di riparazione. Si parlava allora di rimandati ad ottobre, perché la scuola riprendeva le lezioni in quel mese, anziché a settembre come avvenne dopo.

Gli studenti che non riuscivano a conseguire le sufficienze in tutte le discipline di studio dovevano rimediare in proprio, ricorrendo spesso a lezioni private.

Poi venne il ministro D'Onofrio che abrogò (1994) l'esame di riparazione, ma obbligò le scuole a provvedere al recupero delle insufficienze con corsi interni a favore degli studenti con carenze negli apprendimenti. Fu un parziale stop alle lezioni private, ma da quel momento l'onere del recupero, sotto forma di incentivi e compensi accessori per gli insegnanti, passò sulle spalle dell'Amministrazione scolastica.

Ma non bastava. E il compenso era una miseria.

Venne poi il ministro Fioroni che ripristinò, sotto mentite spoglie, l'esame di riparazione, prevedendo per gli studenti delle superiori con carenze formative in alcune discipline di studio la sospensione dello scrutinio finale e l'organizzazione di corsi di recupero da parte della scuola con compensi (50 euro all'ora) da erogare ai docenti preparatori interni od esterni.

E lo Stato stanziò milioni (quest'anno saranno 50) per rimediare alle insufficienze degli studenti.

In questo modo si erano ottenuti due risultati: i costi delle famiglie per le lezioni private erano passati a carico dello Stato, e invece dei preparatori privati nascosti dalla clandestinità con compensi in nero, veniva data visibilità e trasparenza al recupero.

Restano alcune domande (forse un po' provocatorie). Perché dopo 200 giorni di scuola e di frequenza normale delle lezioni, gli istituti devono farsi carico dei risultati negativi dei loro studenti? È una ammissione di colpa per il mancato risultato conseguito? L'anno scolastico è troppo breve? Perché per i ragazzi delle medie lo scrutinio finale, invece, è senza appello?