Statali, metà dei precari
potrebbero perdere il posto
di Luciano Costantini da
Il Messaggero,
25.5.2010
ROMA (25 maggio) - Quando il termine
«congelamento» può assumere il significato più concreto e
circostanziato di «stangata». Nel sindacato si ammette che la crisi
comporta inevitabilmente dei sacrifici, ma si insiste su un
concetto: a pagare non dovranno (non dovrebbero) essere sempre i
soliti noti. Questi ultimi molto spesso individuati in larga parte
nei dipendenti pubblici, coloro cioè che più comunemente sono
indicati come ”statali”. Dai loro ”sacrifici” e, dunque, dalla loro
buste paga possono arrivare risparmi o risorse fresche (dipende dai
punti di vista) per far fronte alle esigenze di cassa.
Nessuno dei
dipendenti pubblici a tempo indeterminato perderà il proprio posto
di lavoro ed è già un risultato in un contesto quasi
drammatico per molte aziende private che, nei mesi scorsi, hanno
invece dovuto espellere centinaia di migliaia di lavoratori. E
probabilmente l’emorragia non è ancora stata fermata. Potrebbe
saltare però almeno la metà di tutti quei lavoratori della macchina
statale che magari da anni lavorano in regime di precarietà e che
sono aumentati di numero negli anni. La platea da dimezzare sarebbe
di circa 150.000 unità.
La stretta immaginata dal governo
prevederebbe, infatti, il taglio della spesa per tutte le forme di
lavoro flessibile con esclusione del settore scuola. Ne
scaturirebbe un risparmio robusto che, secondo i sindacati, potrebbe
essere messo ugualmente insieme solo che si tagliassero consulenze,
appalti e sprechi. Poi stop al turn over del personale, cioè alle
assunzioni, fino al 2013, senza alcuna deroga.
La «stangata» senza alcun dubbio colpirà
tutti i dipendenti pubblici attraverso il «congelamento» dei
contratti. Misura certa, non più in discussione. In
pratica non verranno rinnovati gli accordi triennali 2010-2012. E se
mediamente in passato i rinnovi hanno comportato 28 mesi di
trattative è facile fare due conti. I contratti potrebbero essere
rinnovati nel 2014. In compenso non verrebbe «congelata» l’attuale
indennità di vacanza contrattuale. Sospesi, invece, fino al 2013
anche gli scatti di anzianità e gli automatismi di carriera. Per
tutte le categorie. Per i dirigenti decurtazione pari al 5% delle
retribuzioni per la parte eccedente i 90.000 euro e il 10% per la
parte eccedente i 130.000.
Notizie non confortanti anche per i tempi
della cosiddetta «buonuscita»: secondo la versione
più morbida, i tempi si allungherebbero da tre a sei mesi; secondo
la versione più dura, arriverebbero a tre anni con pagamento della
stessa in due rate. La prima da 25.000 entro un anno, la seconda
della stessa cifra entro il secondo anno, il resto negli anni a
seguire. Sospese fino a tutto il 2013 le norme sui premi di
risultato messe a punto dal ministro della Funzione Pubblica, Renato
Brunetta.
Le pensioni non saranno toccate.
Almeno per quanto riguarda gli importi. Nel senso che gli
assegni resteranno tali. Però verrebbero accelerati i tempi per
innalzare l’età pensionabile delle donne fino a quella degli uomini.
Insomma, per arrivare a 65 anni per tutti. L’idea sarebbe quella di
far salire di un anno il requisito anagrafico per le donne ogni 18
mesi anziché ogni due anni. Il risultato finale sarebbe quello di
arrivare alla parità assoluta di quota 65 nel 2016.