L'ora di religione aumenta i ''crediti''
(ma le scuole non sanno come fare)

Il Consiglio di Stato dà ragione alla Gelmini contro il Tar del Lazio che l'aveva bocciata

Serena Fiorletta Il Salvagente, 13.5.2010

Tempo di scrutini finali nelle scuole. Ma questa volta nel computo dei crediti rientrerà anche il voto in religione.

Mariastella Gelmini, ministro dell'Istruzione, comunica “con soddisfazione la notizia” che viene confermata dallo stesso Consiglio di Stato.

Il massimo organo amministrativo ha infatti “riconosciuto la legittimità  delle ordinanze nelle quali si stabiliva che ai fini dell'attribuzione del credito scolastico, determinato dalla media dei voti riportata dall'alunno, occorreva tener conto anche del giudizio espresso dal docente di religione".

Vale solo per la religione cattolica

Bisogna sottolineare che questo riguarda solo quegli studenti che scelgono di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.
Infatti in tal caso “la materia diventa per lo studente obbligatoria e concorre quindi all'attribuzione del credito scolastico".
Ma la vicenda parte da lontano, cioè dalla scorsa estate quando il Tar del Lazio fermò le ordinanze emanate dall'ex ministro, Giuseppe Fioroni, dove veniva ribadito come la religione cattolica contribuisca ai crediti che gli studenti accumulano nell'ultimo triennio in vista della maturità.

Una sentenza dell’agosto scorso

La sentenza era la numero 7076 dello scorso  agosto quando vennero accolti i ricorsi presentati, a partire dal 2007, da diversi studenti, supportati da associazioni laiche e da confessioni religiose non cattoliche, che chiedevano l'annullamento delle ordinanze ministeriali firmate da Fioroni e adottate durante gli esami di Stato del 2007 e 2008.
La vecchia sentenza del Tar definiva illegittimo includere fra le materie che concorrono al voto finale anche la religione in quanto  “discriminatoria” dato che  “lo Stato italiano non assicura la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni o per chi dichiara di non professare alcuna religione, in etica morale pubblica”.

Le vicende dell’anno scorso

La Gelmini aveva così all'epoca annunciato un possibile ricorso al Consiglio di Stato poiché, come spiegava lo stesso ministro in una nota, “la religione cattolica esprime un patrimonio di storia, di valori e di tradizioni talmente importante che la sua unicità deve essere riconosciuta e tutelata. Una unicità che la scuola, pur nel rispetto di tutte le altre religioni, ha il dovere di riconoscere e valorizzare”.

Ma le scuole non sanno come applicare la disposizione

La sentenza all'epoca era stata duramente criticata dalla Cei e definita dagli stessi vescovi  “vergognosa” e “pretestuosa”.
Antonio Di Pietro lo scorso anno sulla vicenda affermò che “da cattolico, rispettoso della Chiesa e dei suoi comandamenti, non posso che condividere la decisione del Tar del Lazio in quanto in uno Stato laico tutti i cittadini, cattolici e non cattolici, hanno uguali diritti. Non ci può essere una discriminazione nel profitto scolastico su base religiosa. L'ingiustificata disparità di trattamento vìola Costituzione e diritti dell'uomo”.
L'anno scolastico volge al termine e le scuole attendono chiarimenti sulle modalità di applicazione del provvedimento.