scuola

Altro che "cittadinanza e costituzione",
occorre studiare davvero diritto ed economia

Franco Labella il Sussidiario, 26.7.2010

L’antefatto: uno dei punti “qualificanti” del riordino gelminiano di Licei, Tecnici e Professionali è stata l’eliminazione, fra le discipline curricolari, del Diritto e dell’Economia ed anche la mancata attivazione di una disciplina denominata “Cittadinanza e Costituzione”.

La scelta è stata persino giustificata, sotto il profilo teorico, con il famoso paradosso, opera di Max Bruschi, consigliere politico del Ministro Gelmini, della “Educazione alla legalità senza le leggi”.

La scelta solitaria del Ministro metteva in discussione uno dei pochi punti di forza, universalmente riconosciuti, persino dai critici, alle sperimentazioni Brocca e cioè la consapevolezza dell’importanza delle Discipline giuridiche ed economiche nella cultura liceale e non più solo, in una peraltro angusta visione professionalizzante, nell’ambito degli indirizzi tecnico-professionali.

La riduzione generalizzata, poi, delle ore curricolari nei soli bienni e l’assenza nei trienni di Tecnici e Professionali contraddice persino la visione professionalizzante delle discipline giuridico-economiche ed autorizza, perciò, ad indagare sulle motivazioni reali di un taglio che è stato il più pesante in assoluto rispetto ai monte-ore attuali di ordinamento e sperimentali.

Scopo di queste brevi note è, perciò, ragionare sulla casualità o meno di questa scelta ed anche evidenziare qualche ulteriore contraddizione nel “ragionamento” che vi è sotteso.

In un precedente articolo avevo cercato di chiarire come la mancanza di una discussione sul core curriculum inficiasse una scelta, quella della eliminazione dello studio delle Discipline giuridiche ed economiche, che veniva giustificata dalla logica dei tagli e perfino dalla inutilità delle medesime secondo il paradosso citato.

Ma inutilità in relazione a cosa? A quale nucleo di discipline visto che non se ne sono individuate di essenziali ma si è usato il bilancino per tagliare senza innovare?

È persino irritante ricordare, a proposito di incoerenza logico-normativa, che il Regolamento n. 132 (ora D.P.R.15 marzo 2010, n. 89) all’art. 2 parla di “percorsi liceali (che) forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà”. E si comprende la realtà senza gli strumenti di analisi giuridico-economica?

Ma perché il Ministro, se ha questa convinzione, non va a Porta a Porta per farne oggetto di una riflessione come quella, recente, sul “cinque che non può portare nessuno alla bocciatura”?

Magari chiedendo, contestualmente e per coerenza, la cancellazione del suo nominativo dall’Ordine degli avvocati?

Quando, nel parere rilasciato sui Regolamenti dalla VII Commissione del Senato, si è dovuto leggere che “La Commissione… condivide la scelta di rinunciare ad alcune discipline che erano state introdotte negli ordinamenti con talune sperimentazioni, come ad esempio diritto ed economia. Pur nella consapevolezza che si tratta di materie di grande importanza, soprattutto per l'educazione alla legalità e per il contrasto di fenomeni di devianza,ritiene infatti che l'istruzione liceale debba tendere all'acquisizione di una formazione critica i cui contenuti saranno approfonditi (sic) nel successivo percorso universitario”, il dubbio che la decisione di eliminare il Diritto e l’Economia non fosse così neutra come si voleva far credere, viene forte.

Perché delle due l’una: o la cultura della legalità è convintamente scelta ed allora non si può prescindere dalla conoscenza critica delle norme o, invece, se ne usa la forma come vuoto slogan ma senza nessuna sostanza di conoscenza. Insomma la “fuffa” di Cittadinanza e Costituzione così come è ora, una riedizione inutile della vecchia Educazione civica.

Cambiare tutto per non cambiare niente… anche qui gattopardi in agguato, ma non mi è capitato di leggerne da parte di chi evoca gattopardismo ad ogni piè sospinto.

Cosa è accaduto di eclatante nei mesi che separano il primo articolo citato da quello che ho scritto ora?

È sotto gli occhi di tutti, ne leggiamo quasi quotidianamente. È accaduto che le pagine dei giornali, le prime, le seconde ed anche quelle centrali, abbiano visto un profluvio di riferimenti alla Costituzione, ai codici ed anche ai regolamenti parlamentari o agli interna corporis invocati come scusante per il mancato taglio del costo della politica nell’ultima manovra tremontiana.

La discussione sull’abolizione delle province, il tema del cambiamento dell’art. 41 della Costituzione,il contenuto dei contratti collettivi nazionali di lavoro, il disegno di legge sulle intercettazioni sono solo alcuni dei temi sui quali anche ilsussidiario.net, nei commenti ma pure nei contributi e nelle interviste, ha ospitato e ospita posizioni di commentatori (ma non solo) che, assai spesso, sono caratterizzati da una limitata conoscenza di meccanismi giuridici anche elementari che induce, perciò, a distorsioni e ad equivoci.

Insomma non giudizi diversamente motivati a ragion veduta ma pre-giudizi basati sulla non conoscenza di meccanismi giuridici ed economici elementari.

Non parliamo, poi, del campo economico: dalla crisi greca alla gestione dei debiti sovrani l’opinione pubblica italiana è stata ed è sottoposta ad un bombardamento di notizie, spesso, caratterizzate da una certa tecnicalità, che la lascia spesso indifesa se non disinformata.

Insomma la famosa casalinga di Voghera vorrebbe capire per decidere.

Ed il giovane studente, figlio della casalinga di Voghera, ha diritto ad una formazione critica (per usare le parole dei “sacri testi”) in cui la cultura giuridico-economica abbia un posto di rilievo?

Secondo il Ministro Gelmini ed il suo giovane consigliere Bruschi la risposta è univoca, un bel no categorico.

La molla che mi ha indotto a scrivere queste note è stata la lettura dei commenti a corredo di un articolo di un giornalista esperto come Paolo Franchi, apparso sul Sussidiario, nel quale sia l’articolista che i commentatori tendevano a dare di certi passaggi di un provvedimento (il rigetto della richiesta di scarcerazione per due dei componenti la “cricca”, come i giornali l’hanno definita) una lettura non solo atecnica ma perfino di provvedimento stolido e rancoroso.

Ignorando, però, la banalità di una circostanza (la possibile reiterazione del reato che è una tra le motivazioni della carcerazione preventiva) conosciuta dalle mie studentesse di liceo che non studiano le vicende di Balducci ma conoscono le motivazioni, previste dal codice, della carcerazione preventiva ed il rinvio alla legge, per i limiti, previsto dall’art. 13 della Costituzione.

In un recente intervento di Piero Ostellino, sempre sul Sussidiario, mi è capitato, poi, di leggere una sua audace (per usare un eufemismo) definizione della Costituzione repubblicana come esempio di Costituzione totalitaria del ’900.

Allora il tarlo ha cominciato a rodere a velocità supersonica. Perché se agli studenti italiani il Diritto e l’Economia non vengono fatti studiare, un’eresia come quella di Ostellino potrà diventare facilmente convincimento generale.

Potrei continuare con altri esempi sempre tratti solo dalla testata che gentilmente ospita anche me.

Non continuo ma consiglio al lettore di scorrere gli archivi. Troverà tracce evidenti e abbondanti del mio ragionamento. Lettura troppo faziosa la mia? C’è un rimedio chiaro ed infallibile: ad oggi, nelle scuole italiane, è stata introdotta, come sperimentazione (ahinoi, ma non era stata dichiarata chiusa l’epoca degli sperimentalismi?) una pseudo-disciplina chiamata “Cittadinanza e Costituzione”.

È una pseudo-disciplina perché non ha né un monte ore né una valutazione autonoma e contenuti, come era normale che fosse, prevalentemente di carattere giuridico. Solo che è presente, in maniera prevalente poi, nel programma di Storia di quasi tutti gli indirizzi; è inserita, in maniera ridondante, nel programma di Diritto in quei pochi indirizzi in cui la disciplina non è stata eliminata. Quanto i colleghi di Storia siano lieti di insegnare una pseudo-disciplina che richiederebbe sicuramente anche conoscenze di carattere giuridico ignote secondo i percorsi universitari attuali, lo si può ancora leggere nei Forum di Ansas –Indire dedicati alle Indicazioni nazionali.

Insomma se il Diritto non ride, manco “Cittadinanza e Costituzione” se la passa bene. Il combinato disposto delle due scelte qual è? Che il figlio della casalinga di Voghera mai saprà cosa è veramente una Costituzione programmatica e mai potrà consigliare la madre di non investire in titoli di Stato greci.

Se il Ministro vuole smentire questa visione dell’eliminazione del Diritto e dell’Economia come funzionale ad una deprivazione di strumenti di conoscenza ha una possibilità forte di smentita: dia almeno a “Cittadinanza e Costituzione” la dignità che merita. La trasformi da pseudo in disciplina reale, con uno statuto epistemologico coerente e con valutazione autonoma.

L’aveva annunciata così lo stesso Ministro, salvo cambiare idea più o meno un anno dopo. Poi, in coerenza, decida che sia presente in tutti gli indirizzi di tutti gli istituti superiori, nei trienni, e consideri infine i percorsi universitari più coerenti per il suo insegnamento. Dimostrerebbe così che il taglio del Diritto non è stata scelta di politica culturale deprivante e che anche l’attuale maggioranza che governa il Paese ha a cuore la crescita civile e culturale delle giovani generazioni.

Sempre che i proclami sulla sovranità popolare e sulla necessità che le scelte democratiche siano nette ma consapevoli siano autentici.

Perché in caso contrario potremo scriverlo ancora più chiaro: l’eliminazione del Diritto e dell’Economia non è un caso ma è funzionale alle trasformazioni culturali profonde desiderate, come lo stesso Ostellino ha scritto in chiusura dell’articolo citato, in funzione della trasformazione del nostro Stato e della nostra Costituzione. E, a parere di chi scrive, non in senso migliorativo. Ma questo lo vedremo più avanti.