ANALISI

Accelera la riforma dell'Università

Il ddl Gelmini in Sentao, previsto il sì entro l'estate.
Appello di 600 docenti a Napolitano

di Raffaello Masci  La Stampa, 23.7.2010

La riforma Gelmini dell’Università è approdata ieri in Senato. Gli emendamenti presentati sono 438, di cui circa 80 da parte della maggioranza. Il provvedimento prevede, tra l’altro, un mandato a termine per i rettori (8 anni) e il reclutamento dei docenti su base nazionale. Ma, vista la forte riduzione delle risorse finanziarie, 600 professori hanno inviato un appello al Capo dello Stato.

DOCENTI

Contro le “cordate” un albo nazionale
Il reclutamento dei docenti avverrà per abilitazione nazionale, il che vuol dire che prima di accedere a qualunque posto, il professore deve avere i numeri (pubblicazioni, esperienze internazionali, didattica) e deve essere stato valutato da una commissione scientifica costituita a sorteggio all’interno di una lista di luminari anche stranieri. Questo per evitare che si creino cordate, specie locali. Dopo di che le singole università potranno scegliere i propri docenti all’interno di questo albo di abilitati. I professori potranno continuare ad andare in pensione a settant’anni, anche se un emendamento del Pd vorrebbe abbassare la soglia 65.

RICERCATORI

Diventa professore o te ne torni a casa
I ricercatori non saranno più a tempo indeterminato: avranno un primo contratto di durata triennale che potrà essere rinnovato una sola volta per altri 3 anni. Entro questo termine dovranno produrre pubblicazioni scientifiche e conseguire l’abilitazione per diventare professori associati. Chi non ci riesce deve abbandonare la carriera universitaria. Il periodo di ricerca, comunque, verrà valutato come punteggio per un accesso privilegiato ad altri ambiti della pubblica amministrazione. Non è prevista nessuna sanatoria per i ricercatori attualmente in servizio. Il Pd vorrebbe che venisse introdotto un test di inglese per chi aspira a questa carriera.

GOVERNANCE

Il rettore sbaglia? Pronta la sfiducia
Cambia la governance degli atenei. Un rettore potrà restare in carica per non oltre due mandati (otto anni) e se non governa bene può essere sfiduciato con una maggioranza di due terzi. Netta divisione di ruoli tra Consiglio di amministrazione e Senato accademico. Il primo si occuperà della gestione dell’ateneo, il secondo di questioni più legati alla didattica e alla ricerca. Verrà inoltre introdotta la figura del direttore generale che avrà compiti di gestione effettivi. I Cda dovranno avere un minimo di 3 componenti esterni. Gli atenei in dissesto finanziario saranno commissariati.

CODICE ETICO

Atenei poco “trasparenti” si troveranno senza fondi
Verrà introdotto un codice etico che tutte le università dovranno rispettare. Si tratta di uno strumento che dovrebbe servire ad affrontare tutti i possibili conflitti di interesse: incompatibilità tra docenza e attività esterna, nepotismo e cordate nell’assegnazione delle cattedre, oltre a interessi configgenti in materia economica. Alle università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente saranno ridotti i finanziamenti del ministero.

ALT AGLI SPRECHI

Meno corsi e facoltà. Aiuti a chi risparmia
La parola d’ordine è efficienza e riduzione degli sprechi. In quest’ottica sarà incentivata economicamente la fusione tra piccoli atenei, la riduzione del numero delle facoltà (ogni ateneo potrà averne 12 al massimo) e dei corsi di laurea (diventati ormai oltre 5 mila) quando pletorici o frequentati da un numero irrisorio di studenti. Similmente verranno premiate quelle università che riusciranno a spendere in stipendi meno del 90% del loro budget, questo per disincentivare la moltiplicazione delle cattedre. Inoltre, il 7% dei fondi che annualmente lo Stato trasferisce alle università verranno stanziati solo se darà l’assenso l’Agenzia di valutazione.

ASSENTEISMO

Anche i cattedratici riceveranno un voto
Gli studenti saranno chiamati a valutare il lavoro dei loro docenti, per evitare - come accaduto - la mancanza di disponibilità dei professori e la scarsa attenzione alla didattica (i docenti, tra l’altro, dovranno certificare la loro presenza a lezione). Però la valutazione toccherà anche la vita degli studenti, i quali potranno accedere a un «Fondo nazionale per il merito» solo in presenza di altissimi profitti. In questa direzione agirà anche il piano per la meritocrazia che il ministro ha illustrato la settimana scorsa e che destinerà le borse di studio solo per merito e non più per indigenza (che dovrebbe essere affrontata dalle leggi regionali per il diritto allo studio).