La scuola a secco e sbeffeggiata

Antonio Lubrano Il Salvagente, 23.6.2010

Tre notizie si sono incrociate sui giornali a testimoniare ancora una volta l’autunno della scuola, autunno inteso come stagione nebulosa, incerta, sicuramente malinconica.

1) Un senatore del Pdl, Giorgio Rosario Costa, ha presentato a Palazzo Madama un disegno di legge che riporta l’inizio dell’anno scolastico a ottobre, come una volta, dalla metà di settembre.

2) I bambini di due scuole elementari di Milano inscenano, con il consenso dei professori e di una parte dei genitori, una singolare protesta nei confronti del tagli decisi dal ministro Gelmini: abbracciano i due istituti tenendosi per mano, una catena umana che il preside ha definito poetica, “contro l’inaccettabile smantellamento della scuola pubblica”. Sono a rischio per il prossimo anno i posti di diversi insegnanti e i laboratori di informatica, giusto per citare due elementi dello sfascio.

3) Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha definito eroici gli insegnanti per il trattamento economico e per le condizioni in cui sono costretti a lavorare.

Il primo punto possiamo liquidarlo subito. Non s’era detto che l’avvio dei corsi a settembre consentiva finalmente di rispettare la legge che impone 205 giorni di lezioni effettive? La proposta di ottobre sembra un po’ campata in aria. Ma forse ha ragione la scrittrice e insegnate Paola Mastrocola: “Per come è oggi la scuola, meno ci stanno i ragazzi e meglio è”.

Ecco, secondo punto: com’è oggi la scuola, almeno quella dell’obbligo? I responsabili degli istituti dicono chiaro e tondo che le casse scolastiche sono vuote, non ci sono più soldi, se un computer si guasta non è possibile ripararlo o sostituirlo, se manca l’inchiostro alla fotocopiatrice la fotocopiatrice si spegne, se finisce la carta igienica ci devono pensare i genitori degli alunni a pagare una nuova fornitura. Né ci sono fondi per la cancelleria o per rifornire di materiali i laboratori didattici.

I dirigenti delle scuole di mezza Italia chiedono ai genitori un aiuto in denaro sonante. Pare che per far fronte alle esigenze sembri indispensabile un contributo volontario di 100 euro l’anno per famiglia. E chissà se basteranno.

Sul malcontento dei docenti credo che sia sufficiente stralciare questo passo da una lettera che ho ricevuto: “Egregio dr. Lubrano, sono un ex insegnante di scuola media. Dico ex perché sopraffatto da un certo disamore per la mia ‘missione’ (posso dire così?). Più che insegnante, supplente a vita, ossia ex appartenente a una categoria di sbandati che è considerata zero. Dopo essere stato sballottato per tanto tempo da una classe all’altra (anni e anni), mi sono ritirato e ho scelto di fare un altro lavoro”.

La lettera non dice l’età dell’autore, ma questa resa, questa rinuncia a difendere la sua scelta professionale, mette addosso a chi legge tanta malinconia.