Alla faccia dell'equità
La manovra dei sacrifici?
Per gli insegnanti un taglio dell’11%, da Tuttoscuola, 1.6.2010 L'intervento messo in atto dal Governo per proteggere la nostra economia dalle speculazioni sui mercati finanziari chiede sacrifici un po' a tutti. A partire dai ministri, dai parlamentari e dai grand commis di Stato, sui cui stipendi è stato previsto un taglio del 10%. Un segnale dal forte valore simbolico (l'effetto quantitativo è limitato per il basso numero di soggetti coinvolti) che ha incontrato un consenso, per una volta, bipartisan: la prima a sacrificarsi deve essere la classe dirigente, la "casta", per usare una definizione di moda. "Mal comune, mezzo gaudio", si potrebbe dire. Ma guardando nei meccanismi di dettaglio della manovra si scopre qualcosa di inaspettato (forse anche a chi ha dato l'ok alle misure): il sacrificio richiesto alla "casta" è in proporzione ben minore di quello chiesto ad altre categorie, come i dipendenti pubblici. Tuttoscuola ha analizzato cosa accadrà nel comparto della scuola, partendo dal personale dipendente fino ad arrivare ai sottosegretari (per quanto riguarda il ministro, essendo anche parlamentare, bisognerà attendere le deliberazioni annunciate dai presidenti di Camera e Senato al termine dell'iter parlamentare di conversione in legge del decreto sulla manovra economica). Ecco l'impatto in ordine gerarchico in termini di riduzione percentuale rispetto al salario che si sarebbe avuto nel 2011 senza la manovra, e a seguire le spiegazioni. Una piramide rovesciata (e sproporzionata) che pone un problema di equità di intervento.
* quello colpito dal blocco dello scatto di anzianità (circa il 50% del totale) oltre che del contratto
Docenti, dirigenti scolastici, personale amministrativo, bidelli vengono colpiti dalla manovra su tre fronti: blocco del contratto collettivo nazionale, congelamento degli scatti di anzianità, indennità di buonuscita. Vediamo gli effetti. 1) Il blocco del contratto collettivo nazionale, che avrebbe dovuto attivarsi da quest'anno, determinerà il congelamento della retribuzione attuale di tutto il personale (circa un milione e 100 mila dipendenti, di cui 880 mila di ruolo), con una perdita media stimabile intorno ai mille euro annui per dipendente rispetto a quanto avrebbero guadagnato tra un anno senza questo blocco.
2) Il blocco degli scatti di anzianità per
il prossimo triennio interesserà circa metà del personale con
contratto a tempo indeterminato (330 mila docenti e 75 mila unità di
personale Ata per complessive 405 mila persone, che non avranno il
passaggio di posizione stipendiale (gradone), previsto ogni 6 anni. 3) Il congelamento della retribuzione e degli scatti di anzianità si ripercuoterà sulla pensione e sull'indennità di buonuscita (il Tfr dei dipendenti pubblici), con un effetto negativo variabile a seconda dell'anzianità contributiva e del profilo professionale, e toccherà negli anni tutto il personale.
Anche lasciando da parte l'effetto sull'indennità di buonuscita e sulla pensione, che si sentirà solo al momento dell'uscita dal servizio, la quota aggiuntiva di stipendio che un insegnante avrebbe guadagnato nel 2011 prima di questa manovra (e che ora viene bloccata) sarebbe stata in media di 3 mila euro annui. Considerato che la retribuzione media attuale è di 24 mila euro all'anno e che con il previsto aumento di 3 mila euro avrebbe raggiunto nel 2011 i 27 mila euro, il taglio è quindi pari all'11%.
In particolare, un prof. di scuola media
con 14 anni di carriera avrà una perdita del 12% rispetto allo
stipendio in godimento (valore scatto mancato 2.178,54 euro annui,
valore blocco del contratto di circa 1.000 euro annui, per una
perdita totale di circa 3.200 euro annui su uno stipendio annuo di
23.444,75 che sarebbe arrivato a circa 26.600 euro); un prof. delle
superiori con 20 anni di carriera ha una perdita che sfiora il 15%;
un DSGA con 27 anni di carriera ha una perdita intorno al 12% del
suo stipendio attuale.
Il taglio del 10% degli stipendi dei
manager pubblici riguarda non l'intero emolumento, bensì soltanto
una quota di stipendio al di sopra di un certo importo (150 mila
euro). Tra i 90 e i 150 mila il taglio sarà solo del 5%, mentre per
la quota di stipendio fino a 90 mila euro non ci sarà alcun taglio.
La percentuale dei tagli sull'intera retribuzione, quindi, diventa
di gran lunga inferiore a quel 10% di cui si è parlato. |