Ecco, tra prof e Ata, chi rischia di restare di più al lavoro Pensioni, boomerang per 30 mila di Alessandra Ricciardi da ItaliaOggi, 15.6.2010 L'innalzamento a 65 anni dell'età pensionabile delle donne dipendenti pubbliche imposta dalla Comunità europea con effetto dal 1.1.2012 anziché dall'1.1.2018, come disponeva invece una legge votata dal parlamento italiano, diverrà legge dello stato dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 come convertito in legge entro il 31 luglio 2010. Non c'è stato dunque nulla da fare per il governo italiano, come ha spiegato il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, rispetto alle regidità dell'Unione europea sull'immediato innalzamento dell'età delle donne rispetto a quella degli uomini.
L'obiettivo di equiparare l'età per l'accesso alla pensione di
vecchiaia delle donne, ma solo se dipendenti dello stato, a quella
degli uomini, anche se non dipendenti dello stato, verrà conseguito
tra due anni. E a pagarne le conseguenze nella scuola potrebbero
essere circa 30 mila lavoratrici. Anche se al momento non si
conoscono i contenuti dell'emendamento che il governo si appresta a
predisporre per determinare compiutamente il percorso necessario per
rendere esecutiva la decisione di innalzare l'età pensionabile delle
donne, lo scenario entro il quale si verranno a trovare le
insegnanti e il personale Ata (ausiliario, tecnico e amministrativo)
femminile, a partire dal 1° settembre 2011, inizio del termine entro
il quale va presentata la domanda di pensionamento avente effetto
dal 1° settembre 2012 e, pertanto, già in vigenza della nuova
disposizione, non dovrebbe discostarsi molto da quello che si
illustra di seguito.Propedeutica all'illustrazione dello scenario è
quella di ribadire che per il personale della scuola la sola
finestra d'uscita resta quella del 1° settembre di ogni anno, come
dispone il comma 9 dell'art. 59 della legge n. 449/1997. Il 1° settembre 2011 potranno accedere al trattamento pensionistico di vecchiaia, previa formale presentazione della domanda di dimissioni volontarie entro i termini annualmente fissati dal ministro dell'istruzione, le donne che entro il 31 dicembre 2011 potranno fare valere almeno 61 anni di età e non meno di 19 anni, 11 mesi e 16 giorni di contribuzione utile a pensione. Secondo i dati in possesso di Azienda Scuola, al 31 dicembre 2011, potrebbero fare valere almeno 61 anni di età, ma non più di 64: 3.500 docenti della scuola dell'infanzia; 5 mila docenti di scuola primaria; 8 mila docenti di scuola media; 10 mila docenti di scuola secondaria superiore e 13 mila Ata, unitamente ad una anzianità contributiva non inferiore, appunto, ai 19 anni, 11 mesi e 16 giorni. È auspicabile, a meno che non si voglia assistere ad un esodo biblico, appunto dal 1° settembre 2011, che l'emendamento preannunciato dal governo, nel fissare al 1.1.2012 la data a partire dalla quale le donne per accedere alla pensione di vecchiaia dovranno avere 65 anni di età, consenta a quante avranno maturato entro il 31 dicembre 2011 i requisiti richiesti dall'art. 22-ter della legge 3 agosto 2009 di potere continuare ad accedere alla pensione di vecchia anche prima del compimento del 65° anno di età.
Tenuto peraltro conto che l'accesso alla pensione del personale
della scuola è limitato al 1° settembre di ogni anno, la deroga di
cui sopra andrebbe estesa anche al personale che chieda di cessare
dal servizio dal 1° settembre 2012.
L'innalzamento dell'età del personale femminile del comparto scuola
per accedere al trattamento pensionistico di vecchiaia non modifica,
almeno per il momento, i requisiti anagrafici e contributivi
richiesti sia agli uomini che alle donne per accedere al trattamento
pensionistico di anzianità( nel 2011e 2012, quota 96 che può essere
costituita da 60 anni di età e 36 di contributi, oppure 61 anni di
età e 35 di contributi; nel 2013 e 2014, ma salvo verifica, quota 97
che può essere costituita da 61 anni di età e 36 di contribuzione,
oppure da 62 anni di età e 35 di contribuzione). |