scuola

Aprea: record di non ammessi,
una "bocciatura" per prof e regole

intervista a Valentina Aprea, il Sussidiario 22.6.2010

Il giorno fatidico è arrivato: oggi comincia l’esame di maturità per circa 500mila studenti di quinta superiore, che affrontano la prima prova scritta (vai allo Speciale Maturità 2010). Nel frattempo escono i primi dati relativi agli studenti bocciati nel secondo ciclo di istruzione o non ammessi all’esame finale. Hanno fatto discutere, nei giorni scorsi, i casi dei molti 5 diventati 6 durante lo scrutinio finale, quando i consigli di classe hanno deciso di «alzare» quelle insufficienze che rischiavano di compromettere l’anno scolastico dei ragazzi che non avevano la sufficienza in tutte le materie, come previsto dalla legge voluta dal ministro Gelmini per l’accesso all’esame di maturità. Fatto sta, però, che il buon senso non può diventare un’«amnistia» generalizzata. Lo confermano i numeri dei bocciati e dei non ammessi all’esame. In crescita. Se infatti nel 2006-07 gli studenti non ammessi all’esame di stato erano il 3,9 per cento, l’anno dopo erano il 4,3 per cento e quest’anno il 5,7. Di questo dato, e dell’esame al via, ilsussidiario.net ha parlato con Valentina Aprea, presidente della Commissione cultura della Camera.

On. Aprea, i non ammessi all’esame di maturità sono aumentati. Gli studenti sono diventati più scarsi?

No, è semplicemente accaduto che una regola chiara, ma rigida ha fatto emergere in modo più vistoso le lacune che si trascinano fino alla vigilia dell’esame di Stato. È ora che gli studenti e i docenti tengano conto di queste lacune molto tempo prima, senza aspettare la vigilia dell’esame. Tutti ci auguriamo che siano sempre meno i ragazzi che vengono bloccati alla vigilia, perché dopo 13 anni di scolarizzazione di cui cinque di scuola superiore, non è bello essere fermati prima del traguardo.

Che cosa si può fare?

Mi auguro che si possa raggiungere un equilibrio in cui gli studenti capiscono che bisogna studiare tutte le materie per tutti i cinque gli anni - e siano messi realmente in condizione di farlo - e i docenti possano fare di tutto per colmare le lacune molto prima dell’ultimo step.

Oggi comincia l’esame «di maturità». Gli studenti devono temerlo?

Partirei da un altro punto di vista: devono abituarsi a sostenere prove nazionali, conclusive. Più che aver paura, devono prepararsi a mobilitare tutte le forze e le energie che hanno, sapendo che si tratta di una tappa importante. Quindi non già perdere energie e tempo in momenti di panico e ansia, ma dare il meglio di sé e mettere a frutto tutti gli insegnamenti di cui hanno potuto godere in questi anni. D’altra parte si diventa adulti attraverso delle prove, no?

Che senso ha per il loro futuro superare bene questa prova? Si dice che l’esame di Stato non è capace di accertare veramente quello che gli studenti sanno e che sono capaci di fare.

Io credo che occorra un equilibrio tra entrambi questi aspetti. È una prova che certifica sicuramente quello che sanno e che sanno fare, ma è importante anche come si superano le prove: con quale «maturità» - come si diceva fino a qualche anno fa - e con quanto giudizio sono in grado di affrontare una prova realmente impegnativa.

Si tratta di un «esame» anche per i professori impegnati a giudicare i ragazzi? Cosa si sentirebbe di dire ai docenti che da oggi sono impegnati nelle commissioni?

Innanzitutto di guardare con fiducia al lavoro che è stato fatto precedentemente nelle scuole. Quindi di avere uno sguardo onnicomprensivo, che tenga conto del curricolo degli studi, delle impostazioni date sul piano disciplinare, del metodo. E poi soprattutto, di riconoscere quello che ogni singolo studente è in grado di dare come valore aggiunto personale.

Lei si aspetta un esame più facile o più difficile di quelli degli anni scorsi?

Guardi, basterebbe che si trattasse di un esame, semplicemente: non di una presa in giro degli studenti e dei professori, ma neppure di una selezione più rigida di quello che deve essere. Questo è fondamentale. Una seria prova conclusiva di tipo nazionale, di questo abbiamo bisogno.