Trentino: Docenti precari
come topi in gabbia

 Mauro Alario, Orizzonte scuola 11.1.2010

Nel contesto della tanto discussa riforma Dalmaso, in cui la scuola sembra avviarsi verso un declino inesorabile, la provincia autonoma di Trento ha deciso di intervenire nuovamente sui punteggi delle graduatorie dei docenti a tempo determinato mediante la legge finanziaria approvata il 28 dicembre 2009.

Non bastavano i tagli previsti dai piani di studio a deprimere la categoria, già fortemente penalizzata, occorreva stabilire nuove regole per scompaginare posizioni e ordine di chiamata. Si possono avanzare alcune ipotesi sulle ragioni dell’ennesima assurdità con cui il precariato sarà costretto a fare i conti.

Per prima cosa, gli annunciati effetti negativi della riforma hanno contribuito a unire, sia pur con sfumature diverse, una discreta fetta di docenti. L’unione contribuisce a sviluppare interessi comuni, un senso di appartenenza, per quanto, in questa occasione, debole e zoppicante. Di fronte all’eventualità di fronteggiare un corpo coeso di lavoratori, l’Amministrazione ha pensato bene di trovare il modo per dividere il precariato, ricalcolando il punteggio di servizio prestato con continuità sul territorio provinciale.

L’introduzione di tale insensato e perverso meccanismo andrà a modificare posizioni oramai consolidate, determinando conflitti ed infiniti contenziosi. Non sono cose di poco conto. Va ricordato, infatti, come l’assegnazione o meno di un determinato punteggio consente o impedisce il conferimento di una supplenza annuale o l’assunzione stabile a tempo indeterminato. Per questo motivo gli insegnanti si sono dimostrati sempre molto sensibili all’attribuzione dei punteggi fin quasi ad affezionarvisi. Il potere che impone e non ascolta, annebbiato dalle proprie certezze sa dove colpire e come disfare.

In secondo luogo, si ha l’impressione che gruppi ristretti o cospicui di insegnanti legati alla politica locale, magari sostenuti da qualche organizzazione sindacale, esercitino pressioni al fine di ottenere vantaggi personali. Probabilmente una richiesta simile fu esaudita nel 2005, allorquando la Giunta decise di assegnare quindici punti aggiuntivi ogni cinque anni di insegnamento continuativo in Trentino. Con la nuova legge tale punteggio è stato maggiorato, a prescindere dalle conseguenze che ciò comporterà. La ricerca di una raccomandazione si colloca nel costume italiano e non sarebbe strano immaginare l’adozione di simili strategie anche in tale circostanza. Si tratta pur sempre di una sensazione, ma il sospetto è forte, soprattutto nell’imminenza di una drastica riduzione di cattedre.

Corre voce che la misura si sia resa necessaria per tutelare i docenti operanti sul territorio rispetto a colleghi provenienti da altre province, ma la motivazione è debole. In realtà, il nuovo bonus supplementare, con effetti retroattivi, premierà elusivamente l’anzianità di servizio di più lunga durata, mentre tutti gli altri già inseriti nella graduatoria per titoli saranno espulsi definitivamente o costretti ad una interminabile rincorsa verso una improbabile stabilizzazione. Se, in caso diverso, la ragione fosse quella di premiare il servizio in Trentino, si raggiungerebbe il culmine di un becero localismo, una chiusura sterile e infeconda, la rinuncia al confronto di intelligenze. A questo punto, discutere di merito e qualità appare grottesco e imbarazzante.

Peraltro, la cosa maggiormente inaccettabile e umiliante è che, una volta penalizzato col nuovo meccanismo dei punteggi, l’insegnante precario si troverà segregato nella gabbia provinciale, costretto a sottostare ad una condizione di disoccupazione coatta senza la possibilità di inserirsi in una provincia diversa del territorio nazionale. In effetti, egli potrebbe farlo periodicamente, ma verrebbe collocato in coda alla graduatoria, con nessuna possibilità di assunzione. I motivi di tali lacci e laccioli sono complessi e investono anche il governo statale, non è il caso, pertanto, spiegare l’intricato procedimento che sta alla base.

La situazione appare estremamente grave in quanto il provvedimento legislativo in oggetto introduce una palese disparità di trattamento e al tempo stesso infrange il principio costituzionale della ragionevolezza della legge.

A che serve l’autonomia se essa viene utilizzata per danneggiare dei lavoratori?