Riforma

Pasquale Almirante La Sicilia, 24.1.2010

La commissione cultura ha approvato i regolamenti della riforma del secondo ciclo d’istruzione e nonostante le bordate di tutti i navigli della scuola (sindacati, associazioni, comitati, ecc.) e le salve dei brigantini istituzionali (Consiglio di stato e Consiglio nazionale della p. i.) terranova è ormai vicina e appena il senato si pronuncerà, sbarcherà al Consiglio dei ministri e quindi in Gazzetta ufficiale.

Ciò che non riuscì ad ammiragli illustri è riuscito a Gelmini che riceve elogi pure dall’on Aprea, del medesimo partito, ma che scaglia granate contro le opposizioni, rei di boicottaggi ideologici e strumentali. Che è una posizione legittima, ma se si guarda dall’altra riva si potrebbe dire la stessa cosa, visto che prima si sono stanziati i soldi per la riforma e poi si è costruita, con procedura singolarmente opposta alla progettazione di una nave che deve affrontare i flutti. Infatti prima nacque la legge finanziaria 133/08, che impone al Miur il taglio di 8 miliardi di euro entro il 2011 a spese di circa 140 mila persone tra Ata e docenti, e poi si edificò la riforma che molti amano chiamare Tremonti-Gelmini.

Ma non è solo questa la più evidente falla. Manca quel biennio comune tra licei, professionali e tecnici che possa consentire a chi sbaglia indirizzo di potere cambiare senza grossi traumi, mentre si nota una impronta ancora gentiliana allorché, come rileva anche il Cnpi, i licei hanno l’obiettivo di “fornire ai giovani gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà”; mentre i tecnici e i professionali sono organizzati sulla base del saper fare con riferimento a “risultati di apprendimento declinati in competenze spendibili”.

Sicuramente in tempi di concorrenza globale e di sbarchi clandestini il pensiero deve essere diviso dall’azione e per manovrare un tornio la filosofia del 900 non è necessaria, benché la comprensione della realtà per giudicare e scegliere ama un minimo di sapienza, come la storia della musica una certa conoscenza tanto che è stata cancellata ignorando che siamo la Pataria del bel canto. Anche da qui forse nasce la norma voluta dal ministro del lavoro, Sacconi, che consente a 15 anni di “integrare formazione e lavoro nello speciale apprendistato disciplinato in funzione dell’assolvimento del diritto-dovere ai 12 anni di apprendimento”. L’opposizione l’ha contestata, ma con bombarde ideologiche, dice Sacconi, come se la sua norma avesse polvere da sparo differente.