Università, pagelle a docenti e ricercatori
Stipendi agganciati a corsi e pubblicazioni
I professori dovranno inserire nell'anagrafe nazionale
i dati sulle loro attività, pena una riduzione in busta paga
di Anna Maria Sersale,
Il Gazzettino
3.1.2010
ROMA (3 gennaio) - In arrivo le pagelle per i professori universitari.
L’obiettivo è quello di rendere trasparente, ”misurabile” e pubblico
il lavoro che hanno svolto. Chiunque potrà sapere se un docente si
impegna o se un altro, invece, tira i remi in barca. Qualità della
didattica e della ricerca, finora oggetti misteriosi e
inafferrabili, saranno documentati fin dai prossimi mesi. Una vera
rivoluzione, nell’Italia che, con un ritardo storico, muove i primi
passi sul difficile terreno della valutazione.
Come verranno date le pagelle? Quali saranno i criteri di giudizio?
«Le pubblicazioni scientifiche, gli insegnamenti tenuti nel corso
dell’anno, il totale delle ore trascorse in cattedra, il numero
degli esami registrati in qualità di titolari della materia, le tesi
di laurea o di dottorato di cui si è stati relatori» costituiranno i
parametri di base. Professori ordinari, associati e ricercatori
saranno obbligati da quest’anno a inserire nella “anagrafe nazionale
nominativa”, gestita dal ministero dell’Università, tutto ciò che li
riguarda, in pratica tutto il lavoro svolto nell’anno che si è
appena chiuso.
Tutto è cominciato con il decreto 180 del 2008, convertito nella
legge n. 1 del 9 gennaio 2009, legge che si attua progressivamente e
che prevede la valutazione dei docenti. Ora che il
Cun ha indicato i
criteri per fare le pulci ai prof la legge entra nel vivo. L’ultimo
passo sarà il decreto del ministro, atteso nelle prossime settimane.
Ma che cosa accade a chi non fa il proprio dovere? Che cosa rischia
chi non fa ricerca o è latitante alle lezioni? Vedrà alleggerirsi la
busta paga, per lui saranno dimezzati gli aumenti a partire dal 2011
(la data è stata decisa per permettere ai docenti di adeguarsi). In
poche parole i baroni che trascurano didattica e ricerca perderanno
il diritto ad avere in pieno gli scatti biennali, poiché la Gelmini
ha legato le retribuzioni alla meritocrazia e alla qualità dei
risultati. «Basta fondi a pioggia - ha detto di recente il ministro
- i nuovi stipendi non prevedono progressioni automatiche, in cambio
arrivano valutazione e merito». Dunque, la mancata effettuazione di
pubblicazioni scientifiche nel biennio precedente comporta il
dimezzamento dello scatto biennale.
Chi ha deciso i criteri di valutazione? «La Gelmini ci aveva
incaricati di indicare delle linee di indirizzo - spiega Andrea
Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio nazionale universitario - Va
anche detto che quando si parla di pubblicazioni si intende un’ampia
casistica, dal libro all’articolo su riviste accreditate, alle più
varie performance, del tipo mostre, esposizioni, opere d’arte,
progetti, insomma tutto quello che può essere identificato come
risultato di una attività di ricerca, a seconda del settore
scientifico. Tra le priorità, anche la partecipazione a progetti di
ricerca europei e internazionali, fino alla costituzione di società
spin-off».
L’anagrafe non conterrà solo la ”carta d’identità” dei singoli
professori, «ma anche la relazione fatta dal rettore al consiglio di
amministrazione e al senato accademico sull’esercizio annuale
dell’ateneo, un po’ come se fosse un’azienda», spiega ancora Lenzi.
Chi omettesse la pubblicazione e la trasmissione di tali dati
avrebbe una penale, con la riduzione del finanziamento ordinario
erogato dal ministero.
«Tali novità sono rilevanti - osserva Guido Fiegna, del
Cnvsu, il
Comitato di valutazione del sistema universitario - dal momento che
per la prima volta studenti e famiglie hanno la possibilità di
scegliere l’ateneo e il corso di laurea sulla base di informazioni
oggettive. L’anagrafe, infatti, permette di stabilire chi lavora e
chi no, chi ottiene pubblicazioni di livello internazionale e chi,
invece, vivacchia. In questo modo, nei prossimi anni, sarà anche
possibile stabilire una graduatoria tra gli atenei. E poi non
dimentichiamo una cosa, il provvedimento può costituire un freno
alle assunzioni pilotate». Insomma, alle università non converrà più
fare concorsi truccati dal momento che l’anagrafe, con l’elenco
delle pubblicazioni e tutto il resto, metterà a nudo il lavoro dei
docenti. L’ateneo poco virtuoso, poi, rischierebbe due volte: il
calo delle iscrizioni e il calo dei fondi stanziati dal ministero.
Però una parte dei docenti sostiene che «non è necessariamente
migliore chi pubblica di più» e si prepara a mettere in discussione
i criteri e a chiederne una revisione. In ogni caso, il dissenso non
frenerà il nuovo corso. «Con il sistema attuale - sottolinea ancora
Fiegna del Cnvsu - dopo 25-30 anni di lavoro lo stipendio è
raddoppiato ma senza alcuna verifica. Non è possibile che basti lo
scorrere del calendario per innalzare lo stipendio in busta paga».
Un sistema simile a quello che sta per partire in Italia è già stato
sperimentato con successo in Francia. Anche negli altri Paesi dell’Ue,
comunque, la valutazione dei risultati è molto più avanti rispetto
alla nostra.