La scuola in saldo Pietro Ratto, La Stampa 5.2.2010 Meno ore in classe? Un altro passo verso il baratro, dopotutto. Un’altra concessione alle esigenze di alunni sempre meno interessati a conoscere e sempre più orientati a incassare, a buon mercato, punteggi e titoli di studio. Da una decina d’anni la scuola italiana si è progressivamente allineata alla logica aziendale dello standard americano, adottando politiche da supermercato. Ha fatto di tutto per trasformarsi in un grande magazzino di saperi minimi a basso prezzo, trattando con i ragazzi e le loro famiglie esattamente come si fa con una clientela più o meno affezionata. La cosiddetta Scuola dell’Autonomia ha cominciato a considerare gli studenti come una preziosissima risorsa economica. Più studenti ci sono, più progetti possono essere attivati; più progetti attivati, più finanziamenti dal Ministero. Più soldi, più laboratori, strutture, ecc. Improvvisamente i Dirigenti Scolastici (non chiamateli più Presidi, per carità. La loro missione è quella del Manager, quella del professionista col cellulare appeso all’orecchio, che costantemente s’ingegna a produrre utili per la sua Azienda), si sono accorti della necessità di attirare il maggior numero di clienti-studenti (con corsi di judo e snowboard, cineforum, viaggi d’istruzione sempre più turistici, sempre meno didattici, ecc), in modo da formare il maggior numero possibile di classi e assicurare, così, il lavoro ai propri insegnanti. Abbiamo cominciato a finire in presidenza noi docenti, invece che i nostri alunni. Abbiamo iniziato ad essere redarguiti dal Manager per le troppe insufficienze. Abbiamo appreso con una certa difficoltà che il Ministero aveva stabilito una soglia minima di alunni per ogni classe. Se bocci troppo c’è il rischio che la smembrino e tu perda il posto di lavoro. Tutto qui! La qualità dell’insegnamento? E cosa conta, ormai? La nuova scuola della riforma punta alla quantità, prevede classi di trenta alunni quando è difficile far lezione a venticinque. Non si occupa delle dimensioni e della fatiscenza delle aule. Un’idea per il Ministro: perché non soppalcarle? Che affare raggiungere la soglia dei quaranta studenti, disponendoli su due piani! Abbiamo iniziato a corteggiare i ragazzi, a promuoverli senza che lo meritassero, per poter mantenere le nostre famiglie. Abbiamo subìto comportamenti sempre più indisciplinati, rimanendo letteralmente disarmati. Molti di noi hanno chiesto almeno la reintroduzione del vecchio voto di condotta, che poteva ancora far «paura». L’unica, recente concessione è stata una valutazione disciplinare che fa media con gli altri voti, che premia anche i più bulli. Sai che pacchia beccarsi un sei o un sette, che non fa che incidere positivamente su una sfilza di quattro e cinque in pagella! Niente meno che l’ennesima iniziativa promozionale rivolta ai nostri clienti. Ci sono difficoltà di trasporti? Il vostro bimbo torna a casa troppo tardi ed è costretto a saltare la merenda? La scuola provvede con le ore di cinquanta minuti! I genitori vorrebbero tanto andare in montagna tutti i week end? La scuola risponde con la settimana corta! I nostri clienti non hanno voglia di studiare? La scuola si affretta a concedere qualsiasi forma di recupero possibile. Vuoi mica bocciare qualcuno e rischiare di perdere la cattedra? Vuoi mica dare un cinque e vederti arrivare a casa un ricorso? I nuovi tagli alla scuola rientrano in questa perfetta logica aziendale. La stessa logica che insegna ai nostri giovani a farsi i conti in tasca e a non far niente per niente. Quella stessa filosofia che ha introdotto nelle nostre aule il lessico bancario dei crediti e dei debiti. Spendere meno per incassare di più. La nuova riforma non riforma nulla, va esattamente nello stesso senso delle altre. La quinta e la sesta ora di lezione sono pesanti? Meglio eliminarle, piuttosto che insegnare ai nostri giovani a concentrarsi meglio e di più. Metti che poi, magari, prendano il vizio e comincino a farlo spesso. Metti che imparino poi a concentrarsi su una società che fa buchi da tutte le parti, su una politica che è solo una vetrina per ottenere potere e ricchezza. Su una cultura che è diventata il regno della banalità. Metti, addirittura, che imparino a pensare! No, no. Meglio tagliare ore a scuola e mandarli a casa prima, a giocare sul computer, a stamparsi davanti alla tv. Meglio formare generazioni di vitelloni superficiali e ignoranti. Facilmente comprabili, perfettamente manipolabili. |