"Mille euro al mese e poche certezze
ecco perché puntiamo alle statali"

Le voci dei giovani insegnanti: spesso la paritaria
è una scelta provvisoria, il sogno resta la cattedra pubblica

di Franco Vanni, la Repubblica di Milano del 3.2.2010

Cristina ha un contratto mensile di supplenza in un liceo classico del centro: scade martedì 9, lo Stato le pagherà 1.300 euro per 18 ore di lezione a settimana. «Ho lavorato un mese anche lo scorso novembre, in uno scientifico, poi mi hanno lasciata a casa», racconta. Cristina ha speso 4mila euro in tasse per fare due anni di scuola di specializzazione post-laurea (Sils) all'università Statale.

Nella giungla di qualifiche che descrivono il mondo del precariato scolastico, dove le certezze sono poche e i soldi ancora meno, risulta essere una "silsina abilitata". È il massimo grado della scala, significa che di più non poteva fare. Per sua sfortuna, però,è uscita dalla Sils l'anno scorso, appena prima che il ministro Gelmini abolisse le scuole di specializzazione e dichiarasse la stretta sulle assunzioni nel pubblico. «Ora non ho nulla - racconta - potrei insegnare in una scuola paritaria, ma la paga è bassa, non danno garanzie per il futuro e manca anche la soddisfazione di insegnare a ragazzi motivati».

Cristina, come tutte le migliaia di precari della scuola che di mese in mese cercano una cattedra, conosce il listino prezzi: per 18 ore di lezione settimanali le scuole cattoliche pagano in media poco più di 950 euro al mese, quelle "laiche" 1.100. «Per arrotondare faccio consulenza per società di ricerche di mercato- dice - alle paritarie ricorro ai corsi di recupero quando ho davvero bisogno di soldi».

L'ultima collaborazione di Cristina con un istituto privato parificato (un rinomato collegio cattolico in centro) risale a gennaio: tre pomeriggi di "approfondimento e ripasso" per gli studenti meno preparati, cioè quasi tutti quelli di una prima liceo scientifico. «Non mi hanno ancora pagato - racconta - e non hanno voluto mettere nero su bianco il fatto che ho lavorato per loro». Chi gestisce la scuola non le ha chiesto il numero di conto corrente, né se avesse partita Iva. Lei, fiduciosa, aspetta la busta con i contanti.

Per Rita Frigerio, segretario provinciale di Cisl Scuola, «è giusto che la direzione scolastica regionale chieda il rispetto dei contratti alle scuole paritarie, ma l'unico modo per riportare regole certe nel mondo dell'istruzione è smettere di tagliare posti nel pubblico». Che il sogno per tutti i precari della scuola sia una cattedra statale, con il posto fisso e le garanzie contrattuali, non si discute. Ma c'è chi, anche spinto dai tagli del governo che riducono al lumicino le speranze di una busta paga dal ministero del Tesoro, sceglie comunque le paritarie.

È il caso di Roberto, 34 anni, dal 2007 insegnante di matematica in una paritaria rinomata in zona Crocetta. È pagato 1.050 euro per 20 ore di lezione a settimana, con un contratto a progetto. Con gli straordinari arriva a guadagnarne 1.300. A lui l'idea di insegnare in una privata non pesa: «Molti colleghi temono la scuola paritaria perché immaginano che gli studenti non abbiano rispetto per i docenti, ma non è così - dice - dipende da te, devi fare capire ai ragazzi che in classe l'autorità sei tu, anche se i loro genitori hanno pagato la retta».

Roberto ha scelto la scuola paritaria anche perché lui non ha l'abilitazione all'insegnamento. Non ha fatto la scuola di specializzazione, quando esisteva. E da quando è precario in cattedra, concorsi non ne sono stati banditi: l'ultimo è del 1999. È stato presentato al preside della scuola da un amico, ha lavorato bene, lo hanno richiamato.E ora, insegnando, accumula quel punteggio che un giorno potrebbe portarloa una cattedra statale.

Roberto sogna la vita di papà Mario, pensionato dopo una vita da maestro elementare: l'ultimo incarico negli anni Novanta, in una scuola alla Barona. «Oggi è più difficile - dice Roberto - a me va bene perché non ho famiglia, ma fra i precari della scuola ci sono storie di vita allucinanti».

Come quella di Maria, 37 anni e una figlia, arrivata a Milano due anni fa. A Salerno, la sua città, ha insegnato lettere in una paritaria per due anni, a 200 euro al mese. «La vera paga - racconta - consisteva nel maturare i punti in graduatoria per il posto statale». Ora Maria guadagna 947 euro al mese in una paritaria laica, il contratto scade a giugno. «In una scuola cattolica cercavano un'insegnante per due anni, e mi sono presentata al colloquio - spiega - ma la prima e unica domanda che mi hanno fatto è stata perché avessi una figlia e non fossi sposata. Ho spiegato che ero separata. Hanno fatto entrare un'altra candidata».