LA GRAMMATICA NON ABITA PIU' QUI

L'italiano una lingua in coma

I ragazzi delle Superiori non conoscono l'ortografia.
 I docenti: le Elementari rovinate dalle ultime riforme

Paola Mastrocola La Stampa 19.2.2010

Ora che la riforma della scuola superiore è passata e molto denaro, grazie ai tagli operati, rimpinguerà le casse dello Stato, potremo finalmente spendere un po’ di quei risparmi per cercare di riparare i guasti che le riforme precedenti, scriteriate perlopiù e accecate spesso dall’ideologia, hanno prodotto.
In particolare, mentre il governo completa il nuovo Regolamento e in ogni scuola fervono consigli e collegi onde approntare i piani delle epocali nuove offerte formative, vorrei timidamente avvertire che ci sarebbe un problemino da risolvere con urgenza: il fatto che i ragazzi hanno di fatto perduto la conoscenza della lingua italiana. E che bisognerebbe dunque, umilmente, ricominciare ad insegnarla, fin dalle elementari, partendo dalle basi: ortografia, grammatica, lessico, sintassi.
Credo infatti che, se la scuola si fonderà ancora sullo studio, e se lo studio si fonderà (almeno ancora per un po’) sulla trasmissione orale e scritta di parole, non potremo prescindere dalla conoscenza della nostra lingua. Detto altrimenti: come diavolo potrà un ragazzo studiare qualsivoglia disciplina, umanistica o scientifica che sia, se non capirà più quasi niente di quello che legge, e non saprà più esporre il suo pensiero?

Il disastro

Nel variegato e multiforme pantano culturale in cui ci troviamo oggi immersi, mi pare che le condizioni di salute dell’italiano possano vantare un primato di gravità (se non altro, perché anche per le altre materie ci si esprime, of course, in italiano...). I docenti di Lettere sono i testimoni agghiacciati di un disastro linguistico in atto; in particolare al biennio delle superiori, che si trova a essere più o meno a metà del percorso formativo di un giovane che voglia poi fare l’università: a 14 anni infatti egli ha alle spalle otto anni di scuola e ha davanti altri otto o dieci anni di studio. Ebbene, dopo otto anni di scuola, i nostri quattordicenni non possiedono i fondamenti della loro lingua. Nei 5 anni delle superiori non riescono più, se non in minima parte, a colmare le lacune accumulate, e sono quindi destinati a trovare difficoltà all’università (nonché nella vita tout court...).
Siamo di fronte a una vera e propria Emergenza Linguistica Nazionale. Non è possibile essere indifferenti a tale catastrofe.
Inutile ora ricercare le cause e i singoli colpevoli (coloro che, con teorie pedagogiche e politiche spesso fascinose, hanno fortemente dissuaso i maestri dall’insegnare i fondamenti della lingua italiana, in nome di ben più gratificanti progetti, strategie, percorsi, e simili diavolerie...). Inutile anche ripensare in grande i licei con riforme epocali, se prima non si riparano i danni linguistici oggi eclatanti. Inutile infine aspettare riforme di elementari e medie con cui reintrodurre programmi ben definiti a cui non sia opzionale aderire: i benefici effetti di tali eventuali riforme si farebbero sentire comunque tra qualche anno. Troppo tardi, bisogna pensare a un intervento d'urgenza.
Proporrei pertanto di istituire un Pronto Soccorso Linguistico. Prima che sia troppo tardi. Una specie di centro di rianimazione, unità di crisi, Emergency, Médecins sans frontières, un ospedale da campo della lingua italiana, da allestire nel momento cruciale del percorso di istruzione, la cerniera tra medie e superiori.
Sarebbe necessario un grande test d'ingresso, ai primi di settembre, per tutti gli iscritti al primo anno delle superiori. Un test nazionale, che l’Invalsi potrebbe impostare e seguire, e che verifichi la preparazione linguistica di base raggiunta fin lì (ortografia, lessico, grammatica, sintassi, punteggiatura) attribuendo un punteggio chiaro a ogni nuovo iscritto. Con la seguente regola: che sotto un certo punteggio, l'allievo sia dichiarato non-idoneo per il primo anno delle superiori, venga comunque iscritto e cominci regolarmente a frequentare, ma in contemporanea gli sia automaticamente offerta una cura immediata: tre o sei mesi di Grammatica Intensiva Pomeridiana, per rimettersi in pista, senza però restare indietro con i programmi mattutini del normale curriculum.

I vantaggi collaterali

È vero, è un investimento economico che chiediamo allo Stato. A un primo calcolo da non esperti, potrebbe trattarsi di 30-40 milioni di euro all’anno: neanche poi troppi, tenuto conto dei risparmi dovuti ai tagli, e tenuto conto che il Pronto Soccorso dovrebbe essere un’urgenza solo temporanea.
Vantaggi collaterali. Primo: impiegare, come «grammairiens sans frontières», i giovani precari disponibili. Secondo: ottenere, attraverso il punteggio ai test dei singoli allievi, una valutazione automatica delle scuole di provenienza (se quasi tutti i ragazzi provenienti da una certa scuola risulteranno non-idonei, sarà infatti evidente che in quella scuola qualcosa non funziona).


Gli stranieri

Terzo clamoroso vantaggio: aiutare gli studenti stranieri che si stanno immettendo nelle nostre scuole e che hanno bisogno di un aiuto linguistico sempre più forte (si veda la recentissima e fondamentale indagine dell’Invalsi, sul rendimento scolastico dei figli degli immigrati). Un aiuto per niente discriminante, visto che riceverebbero una pari cura linguistica tutti i «linguisticamente svantaggiati», stranieri o italiani che siano.
Ma il vantaggio principale sarebbe ovvio: restituire ai giovani l'ancora prezioso e insostituibile dono della parola.