Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli
Il federalismo scolastico? La Stampa 25.2.2010 Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, a leggere il vostro rapporto uno studente del Sud è condannato ad essere molto meno preparato di un coetaneo del Nord. Da che cosa dipende? «Dal contesto. Dalle famiglie che non sono consapevoli del ritardo di preparazione che i loro figli hanno rispetto a uno studente del Nord. E dalle scuole che non riescono a preparare in maniera adeguata gli studenti».
«E’ questo il vero fallimento del governo centrale della scuola. Si parte con una sostanziale uguaglianza di molti aspetti: orari, cicli, curricoli, capillarità del servizio, rapporto studenti/allievi, qualifiche dei docenti, corsi di formazione e sostegno ai diversamente abili. I risultati però sono drammaticamente diversi e, nel caso del Sud, inaccettabili per un paese civile».
«Il federalismo scolastico potrebbe davvero rappresentare una soluzione per ridurre i divari presenti nel sistema italiano»
«E’ vero, c’è il rischio che il federalismo abbia come effetto l’aumento dei divari, soprattutto se il passaggio di consegne alle regioni avverrà per abbandono da parte dello Stato senza un disegno ordinato. E se non verrà realizzato un sistema puntuale di controlli».
«Il primo traguardo formativo del federalismo scolastico deve essere rimuovere i ritardi di apprendimento. Il secondo deve essere dimezzare il tasso di dispersione dopo la scuola dell’obbligo. Il mancato raggiungimento di questi obiettivi da parte delle regioni porterebbe a sanzioni come, a lungo andare, il commissariamento da parte dello Stato. Inoltre vorremmo che i risparmi ottenuti nella necessaria opera di razionalizzazione della spesa scolastica fossero reinvestiti nella scuola stessa e finalizzati alla realizzazione degli obiettivi fissati».
«Oggi la struttura dei cicli scolastici provoca un forte tasso di dispersione, unico tra i Paesi europei. Si sceglie troppo presto, quando l’influenza delle famiglie è ancora molto forte, e può facilmente provocare l’abbandono in caso di errore. Purtroppo la riforma da sola non risolve il problema, il problema andrebbe affrontato prima. Sarebbe preferibile rendere il più possibile comune il primo biennio di superiori in modo da dare a tutti una solida preparazione di base spostando a 16 anni la scelta della specializzazione per dare allo studente una consapevolezza maggiore di sè al momento della scelta». |