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Nel caos della riforma Gelmini.
Addio a geografia, chimica e diritto

SCUOLA. Entro la settimana, saranno licenziati i tre provvedimenti sul riordino di licei, istituti tecnici e professionali. La preoccupazione dei docenti: «Fra un mese a cosa si iscriveranno i ragazzi?». Intanto scompaiono materie fondamentali.

di Dina Galano da Terra, 2.2.2010

Ricerche autorevoli segnalano che il sapere dell’adolescente viene attinto per il 30 per cento dalla scuola e per il restante 70 dall’esterno. Questi dati, citati dal Partito democratico nei pareri forniti in commissione Cultura, hanno motivato il voto contrario dell’opposizione all’approvazione dei regolamenti di riordino dei cicli scolastici.

La riforma dei licei, infatti, taglia e risparmia. E quel ridotto 30 per cento rischia di significare non solo una perdita quantitativa, ma anche di qualità dell’apprendimento. Saranno spazzate via, con la costrizione dei quadri orari, intere materie mentre docenti formati per un insegnamento saranno allocati su altre discipline. Chi insegnava latino, passerà all’italiano. Chi si occupava di geografia, materie giuridiche, lingue o chimica, poi, dovrà impegnarsi a riqualificarsi perché di queste discipline resterà soltanto qualche traccia per i più volenterosi, magari nel doposcuola.

Nel suo progetto. Entro la fine della settimana, Mariastella Gelmini restituirà i testi finali da sottoporre al vaglio di Corte dei Conti e Consiglio dei ministri, conditi dalle modifiche richieste dalle commissioni Cultura di Camera e Senato. I tre provvedimenti, dedicati rispettivamente ai licei, agli istituti tecnici e ai professionali, torneranno allora in Consiglio dei ministri per il decreto ufficiale. «Siamo molto preoccupati anche per i tempi di attuazione. I regolamenti non usciranno prima di un mese», ha dichiarato Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda, il sindacato che ha recentemente organizzato una protesta in tutte le scuole con assemblee pubbliche e sospensione delle lezioni.

«In queste condizioni, a cosa si iscriveranno i ragazzi? - ha incalzato Di Meglio -. Gli stessi docenti si chiedono allarmati con quali orari, quali programmi e quali insegnanti il governo intende applicare questa riforma». Perché il ministro dell’Istruzione di un punto pare ostinatamente convinta: questa riforma deve partire dal prossimo anno scolastico. Intanto, chi passa alle superiori quest’anno deve iscriversi entro il 27 marzo, termine prorogato in via d’eccezione. «Nel caos più totale» denunciato dai sindacati della scuola, si può predire con buona approssimazione che si abbandoneranno sul campo di battaglia della semplificazione alcune discipline, come chimica e geografia.

«Un mondo senza più confini», lo ha definito Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo settore, tale semplicemente «perché le nuove generazioni non saranno in grado di riconoscerli». Il professor Riccardo Morri, tra i coordinatori dell’Associazione italiana insegnanti di geografia, spiega l’entità dell’intervento: «Se nei licei lo studio di geografia perderà autonomia, lasciando al docente di storia la facoltà di dedicarvisi, negli istituti tecnici scomparirà del tutto. I ragazzi resteranno con le poche nozioni di base apprese alle elementari». Morri, insieme alla comunità dei docenti interessati, ha pubblicato online un appello e una petizione per la difesa di questo insegnamento che ormai ha raccolto oltre 15mila adesioni. Stesso messaggio viene dal Coordinamento dei docenti di diritto e economia che sottolinea la contraddizione di eliminare queste materie «mentre si riconosce esplicitamente l’importanza delle discipline in riferimento all’educazione alla legalità».

Ma se «l’integrazione, la tolleranza e il rispetto degli altri passano per la ricerca geografica», come ha ricordato il professor Morri, non c’è speranza di recuperarli in filosofia. La riduzione delle ore settimanali, infatti, si abbatterà anche sullo studio del pensiero filosofico con ripercussioni, come spiega Giuseppe Schiff, vicepresidente dell’Associazione docenti italiani di filosofia, «sull’approfondimento, sulla critica e sulla conoscenza dei valori dell’uomo». Una perdita in termini antropologici che «non si recupera inserendo computer, scambi con l’estero e internet». E che è destinata a lasciare le nuove generazioni sulla «superficie della fenomenologia delle cose».