SCUOLA Aprea: ecco perché la riforma non comprometterà il futuro dei precari intervista a Valentina Aprea di Raffaele Castagna, il Sussidiario 24.2.2010
Un articolo uscito lo scorso 22
febbraio su L’Unità a firma Fabio Luppini, prendendo di mira la
riforma Gelmini delle scuole secondarie, esamina, indicandolo come
concreto, il rischio che i nuovi regolamenti e la riduzione degli
orari compromettano la posizione dei docenti precari, cancellandone
di fatto ogni possibilità di assunzione. Abbiamo chiesto
all’onorevole Valentina Aprea presidente della Commissione cultura
della Camera una replica a tale previsione.
Comincio col dire che in ogni caso è
una notizia falsa e tendenziosa. La riforma certamente ridisegna i
piani di studio in termini di materie e orari di apprendimento. Però
il problema, se così vogliamo chiamarlo, delle materie e degli
insegnamenti che cambiano riguarda sia gli insegnanti precari sia
quelli titolari. Abbiamo davanti a noi un periodo in cui dovremo
riqualificare la professionalità dei nostri docenti, alla luce delle
nuove aggregazioni disciplinari, e prevedere delle nuove classi di
concorso. Quindi questo riguarda la docenza italiana
complessivamente, non semplicemente i precari.
Certo, la riduzione degli orari nei
corsi di studio comporterà un impiego minore dei docenti. Questo
però non ha nulla a che fare con la stabilizzazione dei precari,
perché comunque è un provvedimento che non va a intaccare le norme
del turn over nella scuola italiana. Mano a mano si creeranno dei
posti di lavoro, chi ha acquisito il diritto all’incarico a tempo
indeterminato manterrà tale diritto. Se poi ci si vuole riferire
alla formazione iniziale dei docenti, la quale prevede nuovi
percorsi di formazione e di abilitazione per insegnanti di ogni
ordine e grado, va detto che innanzitutto questo Regolamento non può
riferirsi al nuovo anno scolastico, perché non coincide con la
riforma e non è ancora passato al vaglio del Parlamento. Sono
comunque previste delle norme transitorie, per le quali non sarà
possibile azzerare i diritti acquisiti.
Sì. Succede poi che da gennaio a
luglio, e qualche volta anche a settembre, i numeri possono
cambiare, proprio perché stiamo parlando di persone, di studenti,
che per mille motivi possono spostarsi da una scuola all’altra, da
una provincia all’altra. In virtù di nuove situazioni che si
determinano si possono verificare delle modifiche all’organico di
diritto. Così si arriva all’organico di fatto. Cioè a quell’organico
che consente realmente a settembre, ovvero all’inizio dell’anno
scolastico, il buon funzionamento di tutte le classi.
Altro non è che una quota di personale
docente, privo di classe, che può aggiungersi all’organico di fatto,
ma che può servire ad ampliare l’offerta formativa, alla
sostituzione dei docenti, ad avere anche un pool di insegnanti a
disposizione di reti di scuole. Quindi è comunque un organico,
quello funzionale, che non coincide rigorosamente con il numero
delle classi e degli insegnamenti. L’organico funzionale è il
“miraggio” di tutti i dirigenti scolastici, perché è un valore
aggiunto sul piano didattico, ma anche e soprattutto, una risorsa
reale. Contro questo organico funzionale si sono espressi nel tempo
tutti i ministri dell’economia. È anche vero, proprio perché
ovviamente rappresenta una concreta risorsa in più, che ci si sta
abituando all’idea di impiegarlo proprio per evitare costi
imprevisti e imprevedibili dettati dalle contingenze scolastiche
(supplenze, insegnanti per gli stranieri eccetera). Si potrà
arrivare ad avere un organico funzionale di rete, dubito che lo si
possa concepire per singole scuole.
Qui ci si deve intendere bene. Le
quote di autonomia, più che di quelle di flessibilità, riguardano
l’organizzazione didattica al 20 o al 30 per cento, ma con i docenti
assegnati alla scuola. È quindi un esercizio d’intelligenza
applicata che dev’essere promosso dalle singole scuole autonome, non
è niente di aggiuntivo, assolutamente. Diversa è la questione della
flessibilità, perché questa può portare ad una variazione di
percorsi di studio. E in quei casi occorrono effettivamente
autorizzazioni almeno a livello provinciale e regionale e quindi poi
di sistema. Noi sappiamo che il regolamento ministeriale nella formazione iniziale degli insegnanti è stato già valutato positivamente dal bilancio e dal Consiglio di Stato. Siamo in attesa della trasmissione del Regolamento, da parte del Ministero, alle Camere. Non appena arriverà alle Camere, non ho dubbi che la trattazione e la valutazione partiranno immediatamente, almeno per la Commissione che io presiedo.
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