L'intervento

Elezioni per i presidi

 Pasquale Almirante La Sicilia, 12.12.2010

Moltissimi Comuni sono amministrati da sindaci senza titolo accademico e alcuni deputati non hanno saputo rispondere a semplici domande di cultura generale: eppure i primi gestiscono milioni di euro, assieme a migliaia di abitanti e strutture collegate, e i secondi fanno le leggi, mentre entrambi sono cariche elettive e a termine. Anche il Rettore e i presidi nelle Università vengono eletti e la loro mole di responsabilità è rilevante se si considera il flusso di denaro, di circolari, leggi, norme, didattica e valutazione che ogni giorno devono applicare.

A scuola invece la dirigenza si conquista col concorso, nonostante la popolazione media sia di 500 alunni con qualche centinaio di insegnanti, mentre il flusso di denaro è pressoché irrilevante, se rapportato a un municipio di media grandezza. Ma non solo. L'ultimo concorso a preside fu bandito nel 2004 e il prossimo, per 2.800 posti, è stato promesso da Gelmini entro quest'anno e che però, secondo fonti attendibili, non potrà concretizzarsi prima della prossima estate/autunno, mentre si calcola la partecipazione di oltre 100mila insegnanti.

Nel frattempo sono molte le scuole affidate a reggenti, altre a incaricati e altre con dirigenti in attesa di quiescenza. Il motivo di tanto ritardo per molti è dovuto alle ingenti somme che lo Stato deve affrontare per organizzare la macchina concorsuale, a parte i tempi biblici per correggere gli scritti (3/4) e verificare gli orali. Se dunque si assommano tutte queste considerazioni non si capisce il motivo per cui il legislatore non pensi di rendere la carica di preside scolastico elettiva e a termine all'interno del collegio dei docenti. I benefici di conduzione non soffrirebbero, ci sarebbe maggior controllo democratico e l'autonomia scolastica avrebbe una più efficace affermazione.

Le grandi innovazioni si misurano su questi fronti, dando credibilità, fiducia, sicurezza ai docenti, e facendo della scuola un luogo di partecipazione e di confronto anche sull'indirizzo didattico e culturale che ad essa il collegio, col suo preside, vuole imprimere. Non più un dirigente con pieni poteri (vedi il decreto Brunetta che li ha trasformati in sceriffi), ma un primus inter pares che dei propri atti deve rispondere ai suoi elettori: forse che la cittadella scolastica e i suoi professori sono meno preparati e maturi dei loro colleghi universitari o dei cittadini dei municipi italiani?