Insegnamento della cultura regionale?
Nulla di nuovo

da Tuttoscuola, 9.4.2010

La proposta della Lega di introdurre tra gli insegnamenti obbligatori anche aspetti della cultura locale sembra sorprendere e preoccupare il mondo politico e in parte quello scolastico, per il timore di ridurre il tutto ad un localismo culturale di corto respiro.

Ma nella proposta leghista non c'è nulla di nuovo, perché questa previsione è già fissata da norme esistenti. Infatti, a seguito anche della riforma del Titolo V, la legge 53/203 di riforma del sistema di istruzione, proposta dal ministro Moratti, ha previsto che "i piani di studio personalizzati, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura, le tradizioni e l'identità nazionale, e prevedono una quota, riservata alle regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali."

Nel decreto legislativo 59/2004, di attuazione della riforma, è stata prevista esplicitamente tale quota di curricolo riservata alle regioni per la scuola primaria e per la scuola secondaria di I grado.

Negli attuali regolamenti di riforma delle superiori è previsto che l'orario annuale obbligatorio delle lezioni sia comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome ed all'insegnamento della religione cattolica.

Mentre la quota riservata alle singole istituzioni scolastiche è già stata quantificata nel 20% (almeno) dell'orario annuale, quella riservata alle regioni deve essere quantificata (5-10%?).

Occorrerà, quindi, una intesa Stato-Regioni per quantificare tale quota, poi ogni Regione potrà procedere a definire gli specifici contenuti di insegnamento.

Come ricorda il Regolamento sull'autonomia scolastica, deve, comunque, essere garantito il carattere unitario del sistema di istruzione.