Prestazioni economiche di maternità: di Lara La Gatta La Tecnica della Scuola, 30.4.2010 Il lavoratore dipendente che, durante l’assenza dal lavoro per congedo parentale, intraprenda un’altra attività lavorativa, sia essa dipendente, parasubordinata o autonoma, non ha diritto all’indennità a titolo di congedo parentale ed, eventualmente, è tenuto a rimborsare all’Inps l’indennità indebitamente percepita. Questo è uno dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 62 del 29 aprile 2010, con la quale l’Inps affronta vari aspetti legati alle prestazioni economiche di maternità. Il
congedo parentale – precisa l’Istituto pensionistico, rifacendosi ad
un recente orientamento del Ministero del Lavoro - risponde alla
specifica funzione di assicurare al genitore lavoratore un periodo
di assenza dal lavoro finalizzato alla cura del bambino e non può,
quindi, essere utilizzato dal lavoratore stesso per intraprendere
una nuova attività lavorativa che, ove consentita, finirebbe col
sottrarre il lavoratore dalla specifica responsabilità familiare
verso la quale il beneficio in esame è orientato. Invece, per i lavoratori titolari di più rapporti di lavoro a tempo parziale (orizzontale), che esercitino il diritto al congedo parentale relativamente ad uno dei rapporti di lavoro, proseguendo l’attività nell’altro o negli altri rapporti, non si procederà alla richiesta di alcun rimborso, in quanto i lavoratori in questione non si avvalgono dell’assenza per congedo parentale per intraprendere una nuova attività lavorativa, ma si limitano a proseguire l’attività o le attività già in essere al momento della richiesta di congedo. Anche i lavoratori iscritti alla Gestione Separata aventi diritto al congedo parentale (lavoratori a progetto, collaboratori coordinati e continuativi presso la P.A. e titolari di assegno di ricerca) e le lavoratrici autonome non possono proseguire l’attività lavorativa nel periodo in cui fruiscono dell’indennità per congedo. La circolare detta, inoltre, nuove istruzioni relativamente al parto prematuro ed all’interdizione dal lavoro disposta dai servizi ispezione della Dpl. In caso di parto prematuro, i giorni di congedo obbligatorio non goduti prima del parto vanno aggiunti al termine del periodo di proroga, fino ad un periodo di 7 mesi dopo il parto, con conseguente riconoscimento di un periodo di congedo post partum complessivamente di maggiore durata. Un chiarimento importante riguarda anche il rilascio dei certificati medici; recentemente il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, interpellato in merito all’interruzione di gravidanza intervenuta prima del 180° giorno (aborto), ha chiarito che, ai fini dell'esclusione dei periodi di malattia connessa a gravidanza dal computo del limite massimo indennizzabile (180 giorni) per malattia nell’arco dell’anno solare, non è necessaria la certificazione rilasciata da un medico specialista del Ssn, ma è sufficiente la certificazione redatta anche dal proprio medico curante di medicina generale convenzionato. Inoltre, i certificati medici redatti dai medici convenzionati devono considerarsi equivalenti a quelli rilasciati dai medici di struttura pubblica (Ssn) e, pertanto, devono essere accettati dall’Istituto e dal datore di lavoro. In particolare, devono essere accettati i certificati medici indicanti la data presunta del parto redatti dai medici curanti di medicina generale convenzionati o dai ginecologi convenzionati con il Ssn. La certificazione medica attestante la malattia connessa a puerperio, analogamente a quanto previsto per la certificazione richiesta ai fini della flessibilità, deve essere rilasciata dallo specialista del Ssn o con esso convenzionato. Rimane ferma, invece, la facoltà dell’Istituto e del datore di lavoro di accettare o chiedere la regolarizzazione dei certificati medici redatti dai medici privati non convenzionati o dai medici dipendenti da strutture private non convenzionate con il Ssn. In ultimo, riportiamo quanto chiarito dall’Inps relativamente alla corresponsione dell’assegno di maternità dello Stato per la lavoratrice iscritta alla Gestione Separata, la quale: - deve aver svolto attività lavorativa per la quale risultano versati 3 mesi di contribuzione effettiva (non è rilevante l’arco temporale nel quale si collocano tali mesi di contribuzione); - deve aver fruito, a seguito della suddetta attività lavorativa (per la quale risultano versati 3 mesi di contribuzione), di una delle seguenti prestazioni previdenziali: malattia, maternità, degenza ospedaliera. Inoltre, è necessario che tra l’ultimo giorno di fruizione di una delle predette prestazioni previdenziali (malattia, maternità o degenza ospedaliera) e la data del parto (o ingresso in famiglia) non sia decorso un periodo di tempo superiore a quello di durata della prestazione stessa, periodo che, comunque, non può essere superiore a 9 mesi.
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